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In questi anni abbiamo corso così velocemente che dobbiamo ora fermarci perché la nostra anima possa raggiungerci. (Michael Ende) ---- A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro. Sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi. (Carl Gustav Jung)

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO:QUANDO LA BANDA PASSAVA...
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158. GUARIRE CON L’ANTIGINNASTICA OVVERO LE RAGIONI DEL CORPO di Roberto Latini


RECENSIONE: “GUARIRE CON L’ANTIGINNASTICA ovvero LE RAGIONI DEL CORPO”
di Thérese Bertherat (e Carol Bernstein)
(1993)

E’ stata una lettura che mi ha molto interessato, però con un risvolto che non mi è piaciuto, quello riguardante un certo approccio orientale riguardante l’energia del corpo che poi attualmente è utilizzato dalla New Age e da certo filosofismo dell’universo. L’energia del corpo che si può fotografare e che viene chiamata “aura”. Ammetto il mio scetticismo, ad ogni modo lascio sempre la porta aperta. Per altro è solo una piccola parte del libro, e invece per il resto ne sono stato molto attratto. In quanto terapista della riabilitazione io mi sono comportato spesso da decisionista ed interventista impetuoso, ma sono sempre stato curioso delle cose che non sapevo fare o che erano diverse dalle mie. Così col tempo mi pare di aver assimilato molti approcci una volta lontani da me, e mi sono addolcito (per quanto il mio carattere me lo consenta). E così sono andato virando verso modalità terapeutiche più soft, che però non reputo meno incisive.  Bertherat è una fisioterapista francese, nata a Lione e operante a Parigi, che negli anni settanta ha impostato l’ “antiginnastica”. Delusa dal modo di affrontare il movimento da parte della classica ginnastica del tempo, essa ha voluto approfondire la motricità imparando dal corpo stesso i suoi comportamenti e i suoi modi di essere. Il corpo sa imparare ascoltandosi, il corpo possiede atteggiamenti di tensione che rispondono a certi vissuti della persona. Il corpo è la persona, e solo il corpo esprime ciò che la persona possiede; senza il corpo l’essere umano non può esprimersi. Cervello, quindi mente e psiche, veicolano la loro entità attraverso le membra del proprio soma:  “Il corpo è la nostra sola realtà valutabile. Non si oppone all’intelligenza, ai sentimenti, all’anima. Li include e li ospita. Dunque prendere coscienza del proprio corpo è accedere a tutto il proprio essere…poiché corpo e anima…rappresentano non la dualità dell’essere, ma la sua unità”.  Non si può quindi obbligare il corpo a certe azioni, a certi sforzi, a certe posture. Il corpo deve percepirsi e riconoscersi, e allora, solo allora, può cambiare le sue manifestazioni.  Interessante l’inizio dello scritto: “In questo…istante, …c’è una casa con il tuo nome….ne hai perduto le chiavi. Così rimani chiuso fuori,…non ci abiti. Questa casa…è il tuo corpo”.    Il corpo come una casa. Casa abitata dall’uomo, o almeno che egli dovrebbe abitare. Negli stessi anni in cui lei elabora le sue idee (’60-’70-‘80), un artista viennese, Hundertwasser, diceva la stessa cosa con le sue “cinque pelli”, le ultime quattro erano fuori del corpo (vestito; casa; società; pianeta) ma la prima faceva parte del corpo: l’epidermide. Ciò lega la Bertherat a tutto un movimento filosofico, culturale, scientifico del periodo, che vuole togliersi di dosso schemi troppo rigidi, spesso paralizzanti e non realistici. Per questa fisioterapista le mura del corpo sono i muscoli, per cui scende in profondità, ma non rimane sotto la pelle, entra fino all’inconscio e all’interno del mondo interiore della persona. Non fa la psicologa, ma cura il corpo con la consapevolezza che quel corpo racconta anche le cose recondite dell’individuo:  “Senza rendertene conto, fin dai primi mesi di vita, hai reagito a pressioni familiari, sociali, morali… Ti sei adattato come hai potuto…ti sei deformato. Al tuo vero corpo, armonioso…si è sostituito un corpo estraneo…che nel tuo intimo rifiuti”.  Ma su ciò si può intervenire, lei è ottimista:  “Non è mai troppo tardi…per assumere il proprio corpo, per scoprire possibilità ancora insospettate. Essere è continuare a nascere…E’ possibile ritrovare le chiavi del proprio corpo…abitarvi finalmente e trovarvi vitalità, salute e autonomia”.  Due sono le letture che io ho vissuto di questa opera: una è professionale, ma l’altra, anche più interessante, è filosofico-concettuale. I nostri tempi sono passati attraverso molte di queste discussioni, e soprattutto dopo il ’68 hanno iniziato a divenire di appannaggio comune nel mondo occidentale. Idee divulgate spesso anche in modo eccessivamente semplicistico o anche immettendo errori, ma comunque hanno raggiunto il vasto pubblico. Le parole emancipazione e libertà, conoscenza e condivisione, hanno scorazzato in tutti i mass-media e anche nei discorsi tra la gente. Queste parole possono essere collegate anche alla scienza che ha impostato una visione dell’uomo a tutto tondo, integrando le varie sfaccettature della vita e dell’essenza dell’essere umano.  Ma quanto di tutto ciò e divenuto realtà nella medicina e nella cultura ?  Nella medicina tante cose sono rimaste parole, e c’è sempre il pericolo di una regressione nei servizi e negli approcci. Ma questo in medicina avviene perché è ciò che anche succede nel pensiero sociale, nella cultura infatti sembra che si rivoglia l’appiattimento. La troppa cultura dell’immagine sta negando, oggi più di trent’anni fa, la capacità e la responsabilità espressiva dei singoli individui.  Scrive la Bertherat:  “L’immagine che non esprime niente non è bella. Quando l’immagine del corpo…esprime un’immagine presa in prestito dal cinema o da una rivista di moda, non può essere dotata di vera bellezza, perché è lontana…da un’espressione autentica”.  E le nostre malattie del corpo sono a volte le malattie della mente, e usiamo un modo di dire che è a doppio senso:  “Non sentendo il corpo, diciamo che non ci sentiamo bene”.  Per l’autrice tutto ciò non si ripercuote solo su se stessi, ma anche nelle relazioni con gli altri: “Ci lamentiamo di avere con gli altri rapporti superficiali…ma è perché non li percepiamo, proprio come non percepiamo noi stessi…Rimproveriamo all’altro di non sapere…mettersi al nostro posto, perché anche il nostro posto è mal definito…siamo in una posizione falsa rispetto a noi stessi”. Non è la descrizione, ancora attuale, della realtà contemporanea? Sono un terapista e sono entrato nelle indicazioni tecniche date dalla Bertherat. Muscoli contratti che non permettono di aprirsi; tensioni che limitano i movimenti e creano malfunzionamenti dinamici che a loro volta elicitano dolori. Rinforzo muscolare per tenersi, rinforzo muscolare per reggersi: ma il fatto è che noi ci teniamo anche troppo, che noi tiriamo senza sosta. Abbiamo perso elasticità e non sarà la contrazione a donarcela. Bisogna che la persona faccia attenzione ai suoi movimenti normali, e da lì partire; viverli e lasciare al cervello la chance di analizzarli. Reputo le sue intuizioni altamente significative e successivamente molti studi scientifici le hanno confermate.  Ma più di tutto mi è piaciuto l’elemento umano legato all’unità psicosomatica che entra nel profondo dell’uomo.  Come l’autrice, anch’io credo che l’uomo sia bello e che la bellezza si esprima nella diversità. Questa diversità è artistica…è l’arte della natura o di Dio. Quando smetteremo di cercare le “tartarughe” addominali o i seni all’insù, forse sarà perché abbiamo cominciato ad interessarci al cuore del nostro prossimo, alla sua vera realtà.   Sky Robertace Latini

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IN QUESTI ANNI ABBIAMO CORSO COSÌ VELOCEMENTE CHE DOBBIAMO ORA FERMARCI PERCHÈ LA NOSTRA ANIMA POSSA RAGGIUNGERCI

(Michael Ende)

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A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro, sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi.

(Carl Gustav Jung)