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In questi anni abbiamo corso così velocemente che dobbiamo ora fermarci perché la nostra anima possa raggiungerci. (Michael Ende) ---- A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro. Sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi. (Carl Gustav Jung)

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO:QUANDO LA BANDA PASSAVA...
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166. COPERTINE DAL R’N’R AL METAL (ottava parte) di Roberto Latini


Le copertine metal: SANGUE E MORTE

In parallelo alle copertine che descrivono guerra e distruzione (già considerate nella settima parte), troviamo il completamento con sangue e morte, che, si può dire facciano parte di una unica dimensione. Però in questo caso la violenza è descritta con maggior senso del raccapriccio o del mistero. Mentre la guerra e la distruzione divengono un messaggio spesso socio-politico, il sangue e la morte divengono un elemento più legato alla repulsione o alla paura epidermica della persona. C’è una sensazione di  leggera compiacenza nel modo in cui vengono trattati questi elementi. In una società dove la morte è un argomento che bisogna nominare poco, o comunque edulcorare, il metal te la spiattella senza complimenti, senza mediazioni. Il significato ancora una volta sta nella provocazione che il metal esacerba senza remore. La forza della malsana essenza della morte, soprattutto se sanguinolenta, è, nelle immagini, pari solo alla violenza della musica. E se la musica può essere interpretata, le immagini sono invece già codificate e quindi esplicite, per cui risultano un vero pugno in faccia. Il primo album dei Metallica si intitolava “Kill’em all” per significare che il metal stende tutti; ma tra uccisore e ucciso vibra una corda che li unisce all’interno di emozioni forti (nel caso del metal una bella corda di chitarra). Il metal per attaccare il nemico ma anche il metal per urlare il proprio stato d’animo ferito in una duplice espressione da carnefice o da vittima.

1.      Nella copertina “Killers” (1981) degli Iron Maiden, si staglia la figura minacciosa di Eddie, la mascotte simbolo della band. Ha già agito, infatti la vittima è raffigurata dalle mani aggrappate alle sue vesti, e l’arma è stata l’accetta insanguinata che ha in mano. Ma non basta, la figura di Eddie è essa stessa racapricciante poiché non ha pelle…è una mummia vivente. Tutto è disegnato in una atmosfera notturna, per aumentare il pathos di paura; ma l’ambientazione è urbana ad intendere che il male è tra noi, nella vita comune. Ma anche il metal è tra noi, e i concerti sono quasi sempre di sera (ma in Inghilterra non possono terminare dopo le undici).

2.      Nel 1982 invece i teutonici Scorpions pongono nella copertina di “Blackout” un uomo che urla dal dolore perché ha delle forchette infilzate negli occhi. Non è la situazione terrificante del mostro  stile “uomo nero”, ma quella orrorifica di ferite nella carne e con l’aggiunta di un vetro che va in frantumi attorno alla testa del soggetto e il vetro è tagliente, simboleggia il mondo intorno che è pericoloso quando si è indifesi. La sua testa è fasciata a coprire anche le orecchie. Non è, come negli Iron Maiden, il carnefice in primo piano, ma qui il soggetto è la vittima. Il rock duro esprime violenza del killer musicale nella copertina dei Maiden, ma esprime anche il dolore provato da colui che subisce il metal suonato. Il testo di “Blackout” parla di uno stato d’animo distrutto e confuso perché il metal sa esternare la forza dirompente della sofferenza intensa. Non c’è sangue ma l’immagine è comunque estrema.

3.      Ed ora passiamo ad una copertina del 1991 che davvero è agghiacciante; anche censurabile (e infatti Germania e Italia lo censurarono) e il sangue abbonda. Si tratta dell’album “Butchered at birth” (“Macellato alla nascita”) dei Cannibal Corpse, considerato il primo di Brutal Death Metal. Si vede esplicitamente una donna scarnificata da due macellai zombie che hanno appeso molti bambini morti. Sangue e visceri dovunque. Immagine ipereprovocatoria e disgustante che appare in tutta la sua chiarezza; non ci sono allusioni né cose lasciate ad intendere. L’ucciso dei Maiden era presentato ancora con un minimo di decenza nascondendolo, qui carnefici e vittime sono raffigurati visibilmente. E mentre Eddie dei Maiden aveva una ironico sorriso di cattiveria, quindi di partecipazione all’azione, e quindi un qualche senso emozionale; gli zombie dei Cannibal C. sono quasi automi senza sentimento, il che rende tutto ancora più crudo.

4.    Gli statunitensi Black Label Society nel 2002 invece mettono un enorme teschio in copertina associandolo allo schieramento di carri armati e aerei, a sorreggere il binomio guerra uguale morte. L’approccio concettuale della grafica è quindi netto, senza simboli arcani da interpretare, del resto anche la musica del disco è diretta, un pesante ma lineare Heavy Metal. Il titolo rinforza il significato: eterno 1919. La fine della prima guerra mondiale che invece non finisce mai. Il lavoro è ispirato all’attentato dell’11 settembre 2001.

5.      Nell’album del “The scythe”(2007) della band italiana Elvenking, la morte viene rappresentata con la tradizionale iconografia della falce (e infatti è il titolo dell’album). Il tema del disco è unico, si tratta proprio di un concept sulla “la morte” che ogni singola canzone sviluppa in modo diverso. Graficamente si denota un ambiente cimiteriale, e i morti sott’acqua sembrano voler salire sulla barca. Non è il solito scheletro incappucciato a tenere la falce, ma una ragazzina forse già cadavere (occhi cerchiati). E’ una immagine classica da film horror, e l’ambientazione, ormai supersfruttata, spaventa meno di quanto si possa credere. Il metal ha una certa simpatia per il cinema e la letteratura, e i soggetti del fantastico e del mistero si affacciano continuamente nell’immaginario del metallaro, riempiendo di citazioni in tal senso dischi su dischi. E’ un panorama meno sesso, droga e rock’n’roll, e più colto culturalmente.

6.      In Oliver Weers del 2011, nella copertina di “Evil’s Back” la morte è presente con teschi (uno pare di soldato come a voler dire che si muore con la guerra) ma l’atmosfera è particolare seppur non vistosa. Il paesaggio è formato da cielo e terra; la terra si spacca con linee di lava che simboleggiano l’inferno sottostante, e da cui spunta un demone; il cielo è percorso da increspature che sembrano testimoniare una qualche presenza che attira spiriti, e due angeli sono in piedi. Due umani inermi appaiono a sinistra come esseri sofferenti. Non si sa cosa significhino le farfalle (forse che le cose negative passeranno). In una intervista. Weers spiega che il male rappresentato in copertina è la depressione mondiale, e non è che una scelta dell’uomo; in questo concetto capiamo la simbologia posta nel confine fra cielo e terra: l’uomo può scegliere il cielo o la terra. Ad ogni modo il simbolo in primo piano altro non è che l’insieme di O e W, cioè le iniziali del musicista danese.  Sky Robertace Latini 

video - clikka qui

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IN QUESTI ANNI ABBIAMO CORSO COSÌ VELOCEMENTE CHE DOBBIAMO ORA FERMARCI PERCHÈ LA NOSTRA ANIMA POSSA RAGGIUNGERCI

(Michael Ende)

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A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro, sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi.

(Carl Gustav Jung)