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In questi anni abbiamo corso così velocemente che dobbiamo ora fermarci perché la nostra anima possa raggiungerci. (Michael Ende) ---- A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro. Sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi. (Carl Gustav Jung)

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO:QUANDO LA BANDA PASSAVA...
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190. POLITICHE DI GENERE di Chiara Passarella


In estate: la meravigliosa “lentezza” della riflessione
In questo periodo estivo di riposo e vacanza, voglio proporre la bozza del DDL "Norme per le politiche di genere e per una nuova civiltà delle relazioni tra donne e uomini", presentata a Foligno il 27 giugno u.s e di cui ho già avuto occasione di parlare in un precedente post. Il periodo estivo è un periodo di riposo e come tale, penso, uno dei più adatti per riflettere su questioni importanti, proprio perché non siamo presi dalla frenesia della quotidiana vita lavorativa e sociale. Può sembrare un controsenso ma credo fermamente in ciò che ho appena scritto: quale periodo migliore, se non quello del riposo, per leggere, riflettere, confrontarsi con  familiari e amici e, perché no, con qualche nuova conoscenza fatta sotto l’ombrellone o durante un’escursione in montagna? Il tema affrontato in questa bozza di DDL è una tema trasversale che corre come un filo rosso attraverso tutti gli ambiti della vita sociale e politica del nostro Paese. Ho ricevuto questo materiale dalla segreteria organizzativa della Agenzia Umbria Ricerche con una piccola nota nella quale si ricordava che il convegno di Foligno è stata solo  la prima tappa di un percorso di discussione e confronto che vedrà il coinvolgimento delle istituzioni, delle parti sociali e delle associazioni femministe e femminili. Alla fine di questo percorso il DDL verrà preadottato dalla Giunta regionale. Prima di pubblicare il testo del DDL, voglio riportare le relazioni introduttive di Alessandra Bocchetti e Marina Piazza, che saranno propedeutiche alla lettura della bozza del testo stesso.  CHIARA PASSARELLA

RELAZIONE DI ALESSANDRA BOCCHETTI  AL CONVEGNO DI PRESENTAZIONE DELLA BOZZA DI LEGGE SULLA CITTADINANAZA DI GENERE ELABORATA DAL COMITATO SCIENTIFICO – FOLIGNO – PALAZZO TRINCI – 27 GIUGNO 2012

Questa bozza di disegno di legge ha come titolo “per una nuova civiltà delle relazioni tra uomini e donne” è un titolo ambizioso. Non si parla, infatti, di nuove forme  di buona educazione tra uomini e donne, ma di una nuova civiltà .
Civiltà  è la parola usata. Una nuove civiltà cambia i fondamenti della vita comune, ha valori e criteri di giudizio nuovi e soprattutto cambia la percezione  del mondo, degli altri, di se stessi. Tutto cambia in una nuova civiltà perché la sua novità è determinata da una radicale e  definitiva rottura con le forme della civiltà che la precedeva. I fondamenti, i criteri, l’ordine, l’assetto cambiano. A provocare un cambio di civiltà possono essere degli eventi grandi, scoperte di nuovi mondi, come fu la scoperta dell’America, ricchezze immense che si rovesciano sui mercati oppure scoperte scientifiche  o grandi catastrofi. Ma, a parte per queste ultime, tutto nasce sempre da una’idea. Sempre un’idea è il motore del cambiamento. E’ incredibile la forza che possono avere le idee. Il nostro antenato ominide si è messo su due gambe perché si è pensato su due gambe. La terra che gira intorno al sole è stata una ipotesi prima di essere una scoperta. La rivoluzione francese non sarebbe stata possibile senza l’idea di uguaglianza, senza l’idea che tutti gli uomini sono uguali, idea che tolse la sacralità al corpo del re, che poté così essere ghigliottinato,  il re un uomo come un altro. L’idea di uguaglianza ha una lunga storia gloriosa. E’ il fondamento della democrazia. Ha prodotto grandi libertà e grande cultura politica. Detto questo, dobbiamo aggiungere  che per le donne   il  cammino che ha portato all’uguaglianza dei diritti è stato molto faticoso, diventare uguali a quelli che lo erano già, non è stata una passeggiata, nonostante l’affermazione ottimistica dell’art.3 della nostra Costituzione, quella delle donne italiane è stata una conquista lenta e zoppa, tutt’ora zoppa. Non sto qui a declinare ragioni e prove di questo, ragioni e prove che tutte conosciamo, dette e stradette, ma soprattutto vissute. Possiamo solo aggiungere una nostra paradossale scoperta, che l’uguaglianza è un privilegio. Quasi un gioco di parole, un ossimoro, come dire ghiaccio bollente. Viviamo ancora in un mondo pensato da uomini, progettato e regolato da uomini, dai loro criteri, dai loro piaceri, dai loro fantasmi. Un mondo che oggi mostra chiaramente i suoi limiti. L’infelicità del presente, la crisi economica e morale  che stiamo attraversando, la perdita di valori e il disordine che ne consegue, la grande difficoltà ed educare i giovani, lo sfruttamento del pianeta che ci spaventa con i terribili scenari della fine dell’acqua, dell’aria irrespirabile, del mare che sta morendo, ci inducono a desiderare un cambiamento profondo, ci inducono a desiderare un’altra civiltà.
E’ un’idea femminile quella che ci potrebbe traghettare in un’altra dimensione .
E’ l’idea della differenza. Mai nessuno conoscerà chi pensa, chi ha pensato per primo le idee che portano alle grandi rivoluzioni, perché queste idee non hanno proprietari con nome e cognome, perché nascono sempre da una necessità, che non è mai di una sola persona, possiamo  solo dire, con certezza,  che la spinta la dà sempre un desiderio di libertà. Per diventare veramente liberi, ci si deve saper  immaginare liberi. E deve essere successo così. Un giorno  una donna deve essersi fatta una domanda, si sarà chiesta “ ma chi ha fatto le parti? Possibile che una parte di umanità sia al servizio dell’altra parte, sia serva dell’altro ? Se fosse anche Dio, non può esserci un Dio così malvagio che voglia questo per una parte delle sue creature. E se non è Dio, vuol dire che questo ordine è tutto umano, allora  si può disfare”. Così deve  essere stato il primo  pensiero libero di una donna. Da qui è cominciato il percorso della rivoluzione più lenta e meno cruenta della storia, almeno fino ad oggi. Il cammino della libertà è scandito dalle risposte che sappiamo dare a delle domande   che riusciamo a farci. Dico “riusciamo” perché è una impresa  fortunata e difficile trovare le domande che ci fanno guadagnare libertà. Un’altra domanda di questo tipo è stata “cosa vuole una donna?”, cosa veramente vuole una donna.  Paradossale domanda che una donna rivolge a se stessa, ma non assurda per chi nasce e cresce in una cultura i cui valori sono maschili e dove l’esperienza femminile non governa, dove il femminile sparisce nelle regole grammaticali, dove il nome della donna è sempre il nome del padre. E’ difficile per una donna essere donna, questo  è il paradossale maleficio. “Cosa è una donna?”  questa è un’altra domanda fondativa, che ha centrato il percorso del femminismo. Arrivare alla verità di se stesse nel bene e nel male, è stato un lavoro lungo e difficile e doloroso. Abbiamo dovuto e saputo guardare le nostre complicità, il nostro silenzio in tutto ciò che è stata la storia del mondo e la nostra propria storia. Abbiamo perduto l’innocenza, la non colpevolezza ma, in compenso, abbiamo acquistato senso e la consapevolezza che era inutile faticare tanto per trovare un posto nel mondo, perché il mondo è già il nostro posto per il solo fatto di essere nate e di condividere la condizione umana. Se le donne riescono a far parlare la loro differenza  si ritrovano a mani piene: possiedono una grande sapere dei corpi, una grande conoscenza del cuore umano, una grande capacità di ascolto, di accoglienza e di cura. E poi non si sono mai sentite padrone del mondo, non ne hanno mai avuto l’illusione. Questa è una grandissima garanzia per ben governare. Tutti questi non sono doni di natura, ci vengono dalla particolare storia delle donne, storia pesante e dolorosa e per questo luminosa. Non si passa senza le donne dalla civiltà del progresso illimitato e predatorio a quella di una civiltà cosciente dei limiti, accogliente e solidale.  Senza le donne non c’è cambiamento possibile.  Non c’è cambiamento possibile senza una nuova idea di umanità, un nuovo insieme di uomini e di donne.  C’è bisogno di un insieme vero, non una coppia così come sempre  l’abbiamo vista, ma un insieme, che ancora la storia non ha visto mai, non ha sperimentato, dove” l’uno non può appropriarsi dell’altro, trattenerlo come una parte di sé o possederlo come  un oggetto o cosa del suo mondo”, come dice Luce  Yrigaray. Fare un insieme per governare insieme ciò che appartiene ad entrambi. Di questi tempi sento nominare questo insieme sotto forma di una formula matematica. E’ un modo un po’ troppo sbrigativo e in un certo senso sminuente, dovremmo trovare parole diverse. Oggi diciamo il 50 e 50, detta così sembra una formula da ragionieri, o una spartizione ladronesca?  tanto a me tanto a te, oppure sembra scaturire da un criterio di giustizia, che la fetta di torta sia uguale, oppure quel 50 e 50 sembrano quote e non lo sono.  Il 50 e 50  è, in realtà,  la visione, il progetto di una società diversa, di una cultura diversa, di un modo diverso di stare al mondo con gli altri dove la differenza non è scarto ma un tesoro ancora non speso, un’energia ancora intatta. Il 50 e 50 di donne e di uomini nei posti di governo è l’immagine di una politica che aderisce di più alla vita e che assume il rischio della verità.  Una civiltà di “insieme”, non ha solo lo scopo di avvicinare in una relazione nuova gli uomini alle donne e viceversa, per imparare a condividere il mondo nelle scelte, nelle responsabilità, nei successi e negli errori possibili,  ma oggi, nel nostro disgraziato paese, una civiltà di “insieme” è necessaria per altri urgenti riavvicinamenti.  E’ necessario infatti riannodare quel legame spezzato tra  classe politica e società civile, tra il mondo del lavoro e il mondo della cultura, tra le istituzioni e i cittadini, tra la politica e la vita quotidiana, tra la produzione e la riproduzione, tra l’umano e il naturale.  Per questi riavvicinamenti la politica, colpita dal brutto male dell’autoreferenzialità, a tutt’oggi si è rivelata incapace.  Per cambiare bisogna essere capaci di rivolgere a se stessi delle domande apparentemente ingenue.  E’ ora che lo facciano soprattutto le donne. E’ ora di riuscire ad uscire dalla protesta passiva, dall’atteggiamento critico, dalla delega, dalla  gregarietà . E’ ora di saper raccontare il mondo in cui ci piacerebbe vivere, immaginare il quartiere dove ci piacerebbe abitare, saper descrivere la scuola dove vorremmo mandare i nostri figli, i nostri nipoti e la scuola  dove poter tornare, se questo fosse possibile. Senza farsi intimidire dalla scarsità delle risorse, dai saperi specialistici, dal tecnicismo. Saper raccontare con chiarezza ciò che si vuole è già una azione politica. Rimettere in circolo il desiderio significa creare una tensione / potenza che farà si che, prima o poi,  le frecce andranno al bersaglio. Senza questa tensione niente potrà veramente cambiare. E’ con questo spirito che è nata questa bozza di disegno di legge voluta da una donna e pensata da un gruppo di donne.  Per me, che non sono una tecnica, è stato un esercizio prezioso. Ho imparato molto e ho avuto conferma che un buon governo è opera di tutti e che non può fare a meno di nessuno, e che per ben governare non si deve mai dimenticare se stessi e gli esseri amati.  


Norme per le politiche di genere e per una nuova civiltà delle relazioni tra donne e uomini.

Marina Piazza

Vi assicuro che non è un compito facile quello di presentare sinteticamente questa proposta di legge. Comunque cercherò di farlo tentando di rispondere ad alcune domande che forse voi vi ponete. Sottolineando che la proposta di legge si presenta in modo interlocutorio, aperto alla discussione e anche al cambiamento e che il seminario di oggi è il primo momento di questo processo di interlocuzione e partecipazione.

Prima domanda:

Perchè impegnarsi in un’operazione complessa e difficile come abbozzare questa legge quadro o legge di indirizzo, fortemente auspicata dalla presidente Marini e a cui ha lavorato la dirigenza e lo staff della Presidenza, il presidente e lo staff dell’AUR e il comitato scientifico di cui sono coordinatrice e che qui rappresento?

Credo che la risposta possa essere molto semplice e vada cercata nella seconda parte del titolo della legge: Per una nuova civiltà delle relazioni tra donne e uomini. In un certo senso quindi  perchè era ineludibile, dato il profondo cambiamento avvenuto in questi anni nel rapporto tra donne e uomini che, sulla base del valore della differenza e libertà femminile – impone una nuova etica della cittadinanza, fondata sul concetto di dipendnza reciproca. Questo concetto – che in un certo senso va oltre il concetto di libertà individuale – è radice profonda dell’esperienza umana e dovrebbe essere fonte primaria della democrazia, ma non si è ancora tradotto in criteri di governo. Ed è precisamente questo il nostro – ambizioso – obiettivo. Il concetto di genere non va visto come la rappresentazione di una realtà data e acquisita e immobile, secondo i ruoli tradizionali che hanno alla base il concetto di complementarietà tra uomini e donne. Va concettulizzato come un concetto dinamico, che assume il principio della trasformazione delle identità e dei ruoli, aprendo , come un grimaldello, a tutte le differenze. Fondato sull’idea di compresenza nella diversità. Quindi potremmo definire la legge come un insieme di  interventi indirizzati a promuovere e sviluppare le capacità degli individui, partendo dalla soggettività di donne e uomini. La legge va intesa come una legge di indirizzo che inquadra le diverse politiche pubbliche che, tutte, hanno effetti sulla relazione tra i generi perchè redistribuiscono risorse, lavori, tempi, competenze tra le persone dei due sessi. La consapevolezza che  nel mondo, nella società nel suo complesso, nel mercato del lavoro, nella regione Umbria vivono,amano,lavorano donne e uomini deve diventare con questa legge il filo rosso che attraversa tutte le politiche regionali.

Seconda domanda : Data questa premessa, come è strutturata la legge? In che modo prefigura una visione trasversale di tutte le politiche regionali?

La questione della trasversalità è l’elemento centrale della legge perchè comporta il fatto che il tema dell’equità di genere sia presente in tutte le fasi e in tutti gli ambiti settoriali di un programma e perchè la combinazione delle misure politiche nei diversi ambiti non deve diventare la somma delle misure, ma la loro integrazione e il principio della sostenibilità di genere  deve costituire uno dei principali elementi di trasversalità. In un certo senso si potrebbe parlare di governo delle politiche, versus una modalità di affastellamento, in cui ciascuna politica va per conto suo, senza programmazione e senza valutazione di impatto.
Ma poichè il concetto di genere non è un concetto pacifico e neutrale, ma indica una asimmetria, uno squilibrio, il potere dell’uno sull’altro, sono presenti nella legge anche specifiche azioni positive a favore delle donne.  La legge ripercorre – nei suoi 7 titoli – i principali fattori che intervengono sulla qualità della vita e sulla promozione delle capacità dei soggetti. Li elencherò nelle loro linee essenziali, in modo naturalmente molto molto sintetico. Dopo il Titolo 1 sui principi e obiettivi, e il Titolo 2 che individua azioni innovative per favorire nuove relazioni tra donne e uomini nella vita quotidiana e esperienze di vita sostenibili sul piano sociale, economico ed ecologico quali la promozione di forme di solidarietà di vicinato, di coworking, car sharing, gruppi di acquisto solidali, ecc. con il Titolo 3 si entra nel vivo degli indirizzi sulle politiche regionali, nei settori dell’istruzione, delle politiche attive del lavoro, del sistema di condivisione del lavoro famigliare tra donne e uomini e di conciliazione tra vita professionale e vita lavorativa, delle misure di contrasto al fenomeno della violenza degli uomini contro le donne, della salute, della democrazia paritaria .

Vorrei brevemente sottolineare quelli che appaiono come i principali elementi innovativi di queste proposte

Nel sistema dell’istruzione, l’obiettivo principale è quello di intervenire nella formazione delle giovani generazioni, sottoscrivendo protocolli di intesa con i soggetti competenti in materia di istruzione per azioni di contrasto degli stereotipi ancora presenti anche nelle nuove generazioni. Educare le bambine, le ragazze, le giovani donne alla dignità, alla cura di sè, all’amore di sè; educare i bambini, i ragazzi, i giovani uomini a sottrarsi alle leggi della sopraffazione e della violenza e di una malintesa virilità. In sintesi - attraverso azioni di incoraggiamento alla revisione degli strumenti formativi e attraverso la formazione degli insegnanti, dei e delle ragazze - educare alla cura di sè, dell’altro, del mondo.

Nel settore che riguarda il lavoro, formazione, impresa , partendo dal presupposto che il sistema economico umbro si è formato su una dimensione prettamente maschile, si dedica attenzione al sostegno al lavoro e all’imprenditoria femminile con azioni positive dedicate, specifiche politiche attive del lavoro e riserva di incentivi sia nella formazione professionale che nella creazione di impresa. Individua nei Centri per l’impiego il perno di riferimento territoriale per queste misure


Nel campo della conciliazione e condivisione, prendendo atto che dal 2009 poco si è attuato nella regione Umbria per sostenere il complessivo sistema delle misure di conciliazione, si definiscono misure concrete di promozione  per le aziende e le organizzazioni quali il fondo regionale integrativo del fondo legato all’art.9 della legge nazionale 53/2000 e si promuovono  e finanziano – attraverso i fondi interprofessionali - azioni di formazione e di asssistenza alle parti sociali per la partecipazione ai bandi, interagendo con i Centri per l’impiego e con le Camere di commercio. L’obiettivo dichiarato è quello – attraverso un’azione ad ampio raggio – di far diventare il sistema di conciliazione una cultura condivisa che interroga e sovverte il sistema dell’organizzazione fordista e mira a ridisegnare la mappa del welfare. Ancora misure innovative possono essere individuate nell’attribuzione, in via sperimentale, di sgravi fiscali destinati alle imprese con meno di 50 dipendenti per il sostegno a misure di conciliazione legati ai periodi di maternità e paternità; di sostengo alle imprese che favoriscono il congedo parentale dei padri, di misure di sostegno , sempre in via sperimentale, alla maternità per le donne che non fruiscono delle normative vigenti, a causa della precarietà dei lavori, dell’inattività ecc.
Promuove e sostiene inoltre – nello spirito della legge 53/2000 - i piani territoriali dei Comuni, con interventi sui tempi e sugli spazi, per migliorare la qualità della vita quotidiana di donne, uomini, bambini, anziani, autoctoni e migranti.

Nel campo del contrasto alla violenza degli uomini sulle donne, da un lato sostiene azioni di sensibilizzazione, già previsti negli interventi sull’istruzione e sulla conciliazione-condivisione, dall’altro interviene puntualmente –attraverso un programma triennale di interventi e azioni - sulle misure organizzative per la riformulazione e la creazione ex-novo dei Centri antiviolenza e delle case rifugio e per la costituzione della Rete regionale antiviolenza, di cui faranno parte gli enti locali, le aziende ospedaliere, le aziende sanitarie, le forze dell’ordine, la magistratura ordinaria e ninorile, l’ufficio scolastico provinciale e regionale, i centri antiviolenza, il centro per le pari opportunità, le associazioni di donne e di tutela ai bambini ecc.
Basilare è in tutta questa complessa operazione la formazione specifica e l’aggiornamento continuo per le operatrici dei centri antiviolenza e delle case rifugio, prevista nell’ambito della programmazione della formazione professionale.
Istituisce anche centri di ascolto per uomini maltrattanti, sulla scia della sperimentazione che si sta conducendo in Emilia-Romagna.
E’ utile ricordare che a livello nazionale è stata appena approvata in Commissione Affari sociali la risoluzione che impegna il governo ad accelerare l’iter dell’adesione dell’Italia alla convenzione del Consiglio d’Europa del maggio 2011.
Nel campo della presenza delle donne ai livelli decisionali, la Regione si impegna non solo a promuoverne la presenza ma assume anche l’impegno di destinare il 50% di presenze alle donne nelle nomine di sua competenza.
E che questo impegno debba intendersi in senso sostanziale è confermato dalla sentenza del Consiglio di Stato del 21 giugno 2012 che ha condannato la Regione Lombardia per la scarsa presenza di donne nella giunta, precisando che promuovere il reiquilibrio tra entrambi i generi negli organi di soverno significa che quel reiquilibrio è un obiettivo da raggiungere e non un esortazione a rinviarlo.

Infine nella legge si definiscono gli strumenti per l’integrazione delle politiche e si delinea l’architettura istituzionale necessaria al funzionamento della legge.
Poichè, come ho cercato di dire, l’elemento fondante è la trasversalità e la coerenza  delle diverse politiche - e questo elemento fondante non è un elemento già dato in nessuna amministrazione pubblica, ma è necessario costruirlo –si prevede nella legge il Comitato tecnico permanente di coordinamento per le politiche di genere, interno all’amministrazione regionale, con funzioni di supporto alla programmazione regionale e di monitoraggio e verifica (che dovrebbe prefigurare l’adozione del bilancio di genere) e la Rete regionale per le politiche di genere , che dovrebbe diventare “una sede periodica di verifica generale”, come è peraltro previsto anche dalla Legge regionale toscana con la denminazione di “Forum della cittadinanza di genere”. Viene inoltre previsto il Comitato tecnico per la conciliazione formato da esperti con compiti consultivi e a titolo gratuito; l’albo delle Associazioni, la Rete antiviolenza.
L’istituzione di questa architettura istituzionale appare decisiva perchè della necessità e della rilevanza delle politiche di genere  devono essere convinti in primo luogo i decisori politici e ammnistrativi : solo così possono incrociare la partecipazione delle associazioni di donne, delle associazioni di categoria, degli uomini e delle donne di questa regione.

Infine la norma finanziaria che sostiene le misure prefigurate nella legge, sia attraverso un budget che sarà definito, sia attraverso il ricorso sui singoli progetti e sulle specifiche politiche, all’integrazione tra le risorse nazionali e comunitarie destinate alle politiche di genere, le risorse apportate dal sistema degli enti locali e le risorse apportate dai soggetti privati.

Da questa sintesi – purtroppo necessariamente rapida – emerge, mi sembra in modo evidente - che la legge si presenta come una cornice di senso entro cui si posizionano le politiche che toccano la vita complessiva di donne e uomini in questa regione. Il senso vero è che, dopo questa legge, non si potrà più parlare di “questione femminile”  o di pari opportunità come di una questione a parte, quasi un codicillo irrilevante.
Non si tratta del superamento di una differenza “in meno”, ma la presa d’atto del valore distintivo che le donne portano alla cultura e all’azione. La questione qui è posta non più come una questione di parte o a parte, come una questione di donne, ma come una sorta di imperativo a sviluppare una società più vicina ai bisogni e ai desideri di donne e uomini . Non è solo garanzia dei diritti, ma la gestione efficace delle diversità. Non è affatto facile , è un salto culturale che si chiede con questa legge perchè spesso ci si ferma all’assumere la superficialità dell’accettazione delle diversità, tenendo fermo il pensiero uguale, adottando un atteggiamento di difesa rispetto all’accettazione delle diversità.

E non è stato facile nemmeno il nostro percorso di un anno e permettetimi di utilizzare gli ultimi minuti del tempo che mi è stato dato per delineare il percorso che ha fatto il Comitato scientifico insieme a tutti i soggetti istituzionali che prima ho enumerato.

Siamo partiti dal chiederci che cosa possa significare fare politiche di genere oggi, ai tempi della crisi. Procedere in questo senso ha significato passare da una concezione delle donne come soggetti deboli – bisognose di qualche aiuto – alla concezione della forza delle donne, necessaria soprattutto in questa fase. Quindi alla rilevanza centrale dell’apporto femminile. Significa anche fare attenzione ai processi, come chiave di attivazione delle capacità, nel senso che a questo termine attribuisce A. Sen, e quindi anche alla costruzione di nuove architetture sociali. Su questi concetti abbiamo costruito il convegno di presentazione del percorso della legge nel Convegno di Perugia del 23 giugno 2011.

Abbiamo poi affrontato il tema del lavoro, facendolo interagire con il tema della cura, che non è riducibile solo al lavoro domestico e di accudimento, ma esprime una responsabilità nelle relazioni umane che riguarda tutti. In questo senso, le politiche di conciliazione e condivisione possono essere assunte come cartina di tornasole dei rapporti di inter-connessione tra sistemi di welfare e mercato del lavoro e come punto di snodo dei rapporti di interdipendenza tra Stato, mercato e famiglie. Con la convinzione che sostenere l’apporto delle donne all’economia pubblica e l’apporto degli uomini alla cura sia funzionale non solo a una maggiore giustizia, ma anche a una maggiore efficacia e efficienza del sistema economico regionale. In poche parole, il welfare non come lusso, ma come investimento.
Su questo tema – lavoro e conciliazione - abbiamo tenuto il Seminario pubblico a Terni del 5 ottobre.

Abbiamo poi proseguito il 18 gennaio di quest’anno con il Seminario di perugia sulla violenza degli uomini contro le donne. Cercando di mantenere come filo rosso il concetto di forza delle donne per sottrarsi all’operazione di schiacciare l’identità delle donne sulla figura della vittima. E quindi puntando su due assi di azioni: da un lato sulla prevenzione/promozione con l’obiettivo di rafforzare l’autonomia femminile e puntando sulla cura di sè, sulla loro forza, dignità e capacità di cambiamento, e dall’altro sulla riprogettazione dei Centri antiviolenza. Che sono una realtà debole in Umbria e che vanno completamente riformulati e creati ex novo. In attesa di un mutamento radicale dell’identità maschile ciò che si può fare è aumentare le risorse e i supporti per le donne.

Siamo perfettamente consapevoli che il nostro lavoro trova un senso se ci sarà la volontà politica di appoggiare la legge, di crederci e di darle gli strumenti di governance, sia nell’architettura istituzionale regionale sia finanziaria perchè diventi una realtà viva e operante. Come tutti sappiamo, le politiche di genere rappresentano un sistema complesso, caratterizzato dall’interazione di diversi attori: le donne e gli uomini, ma anche le istituzioni e le imprese, il sistema dei servizi pubblici e privati, le reti delle donne, ecc.. Il loro successo è dunque condizionato dalla capacità di intervenire con e su una pluralità di attori e di contesti, favorendone il coinvolgimento attivo e l’interazione.
Se così sarà, crediamo che la legge possa diventare davvero lo strumento per un cambiamento nella vita quotidiana, privata e pubblica, di donne e uomini in questa Regione.
BOZZA elaborata dal Comitato scientifico


“Norme per le politiche di genere e per una nuova civiltà delle relazioni tra donne e uomini”.


TITOLO I
DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 1
(Principi)

1.      La presente legge riconosce il valore della differenza e libertà femminile e si propone di promuovere nuove forme di convivenza, più giuste e rispettose delle differenze, basate sul principio dell’interdipendenza che lega tra di loro gli esseri umani e questi agli altri esseri viventi, alle risorse naturali, produttive e culturali in un’ottica di condivisione delle responsabilità tra i sessi e le generazioni e nel rispetto e valorizzazione delle diversità.
2.      La Regione favorisce la partecipazione alla fruizione di beni comuni e promuove un modello di sviluppo giusto e solidale, basato sul valore della sobrietà, sul saggio utilizzo delle risorse ambientali, della conoscenza, della ricerca e del patrimonio artistico e culturale.
3.      La Regione riconosce il valore delle conoscenze, delle esperienze e delle competenze femminili e promuove il trasferimento e lo scambio di buone pratiche prodotte dalle donne nelle professioni, nella ricerca, nell’attività culturale e imprenditoriale, nella solidarietà e nel volontariato.
4.      La Regione si ispira ai principi della cooperazione solidale, del rispetto dell’ambiente e degli ecosistemi per affermare stili di vita basati su modalità di relazioni e pratiche di lavoro e di vita rispettose delle differenze.
5.      La Regione adotta il principio della trasversalità delle politiche di genere in tutte le politiche pubbliche regionali con particolare riferimento ai settori dell’istruzione, del lavoro, della formazione, delle attività economiche, del welfare e della sanità.
6.      Le disposizioni della presente legge costituiscono principio per le politiche pubbliche regionali di settore e per le azioni del sistema amministrativo regionale.

Art. 2
(Obiettivi)

1.      La Regione, nel rispetto dei principi di cui all’art. 1, nell’ambito delle proprie competenze e in raccordo con le altre istituzioni, persegue i seguenti obiettivi:
a)                 promuove azioni volte ad affermare la libertà e l’autodeterminazione delle donne;
b)                 promuove la partecipazione paritaria delle donne e degli uomini nei luoghi di decisione e di governo;
c)                 promuove progetti per la valorizzazione delle differenze di genere e per il contrasto degli stereotipi e i pregiudizi, favorisce la scelta consapevole e libera delle carriere di studio, dei lavori e delle professioni per entrambi i generi;
d)                favorisce l’equilibrio tra attività lavorativa e vita privata e familiare per donne e uomini attraverso politiche di conciliazione e di condivisione delle responsabilità;
e)                 promuove l’occupazione femminile e sostiene il lavoro qualificato delle donne nella pubblica amministrazione, nelle imprese private e nel lavoro autonomo, favorendone l’ingresso nel mercato del lavoro, la progressione di carriera, la presenza negli organi decisionali e contrastando la discriminazione e la  segregazione formativa e professionale;
f)                  sostiene l’imprenditorialità femminile favorendo la creazione, lo sviluppo, la crescita dimensionale e la cooperazione tra imprese gestite da donne;
g)                 favorisce gli interventi di promozione delle salute,  della ricerca farmacologia, dello studio dei fattori di rischio, delle diagnosi e dei trattamenti sanitari che tengono conto delle differenze tra donne e uomini;
h)                 contrasta la violenza degli uomini sulle donne;
i)                   promuove, nell’ambito delle attività di comunicazione e di informazione,  la conoscenza e la diffusione del valore della differenza tra donne e uomini sostenendo il ruolo delle donne in campo sociale professionale e politico;
j)                   promuove il trasferimento e lo scambio di buone pratiche prodotte dalle donne nelle professioni, nella ricerca, nell’attività culturale e imprenditoriale, nella solidarietà e nel volontariato;
k)                 promuove ricerche, studi e raccolta sistematica di documentazione sulla condizione di vita e di lavoro delle donne e sulle discriminazioni.
l)                   promuove iniziative di valorizzazione e sostegno delle donne migranti o appartenenti a minoranze etniche che, nel rispetto delle differenze culturali, ne favoriscano la presenza attiva nella vita economica,  sociale, politica, culturale e civile;


TITOLO II
INTERVENTI PER UNA NUOVA CIVILTA’ DELLE RELAZIONI TRA DONNE E UOMINI


Art  3
(Azioni innovative per favorire  nuove relazioni tra donne e uomini)

1.      La Regione, per favorire relazioni solidali, cooperative ed amicali fra donne e uomini nella vita comune di città, quartieri, nelle dimensioni di vicinato e di piccola comunità e la cura degli spazi condivisi, detta linee di indirizzo ai Comuni affinchè gli stessi nei propri strumenti urbanistici ed edilizi promuovano progetti abitativi realizzati con nuovi criteri, corredati da spazi destinati all’uso comune per la condivisione di attrezzature, risorse e servizi
2.      La Regione, al fine di promuovere esperienze di vita solidali e sostenibili sul piano economico, sociale ed ecologico, favorisce:
a)      nuove forme di organizzazione urbana, quali quelle realizzate negli eco-villaggi e nelle esperienze di cohousing;
b)      nuove forme di mobilità sostenibile quali: carsharing-   condivisione di auto private tra gruppi di persone,   carpooling - autonoleggio a ore di mezzi di trasporto, percorsi sicuri casa-scuola e percorsi ciclabili;
c)       forme ed attività di coworking - condivisione di ambienti di lavoro attrezzati al fine di favorire lo scambio, la collaborazione,la relazione in particolare per le giovani professioniste;
d)      l’associazionismo di  donne;
e)      forme di acquisto collettivo quali i gruppo di acquisto  solidale;
f)       centri di aggregazione sociale e culturale;
g)      il turismo responsabile.

3.      La Regione, per la realizzazione dei progetti di cui al comma 2,  può stipulare Protocolli d’intesa con i soggetti pubblici o privati interessati.
4.      La programmazione regionale tiene conto degli elementi innovativi emersi a seguito della realizzazione delle azioni previste dal presente articolo

Art. 4
(Servizio di mediazione familiare e nelle relazioni)

1.      La Regione promuove l’istituzione, presso i Consultori regionali, del Servizio di mediazione familiare e nelle relazioni al fine di consentire relazioni rispettose, libere e consapevoli all’interno delle famiglie e tra le persone.


Art. 5
(Banche dei beni e dei tempi)

1.      La Regione promuove la costituzione di Banche dei beni e dei tempi quali esperienze organizzate di scambio alla pari di tempi, beni e servizi, senza la mediazione di denaro, per soddisfare i bisogni legati all'organizzazione della vita quotidiana, rafforzare le reti di reciproco aiuto nei quartieri, nelle piccole comunità e nelle scuole, favorire la cultura del dono e della reciprocità, contrastare l'isolamento e la solitudine delle persone.
2.      Le Banche dei beni e dei tempi sono gestite dai soggetti di cui all’articolo 27 della legge 53/2000 la cui promozione nel territorio è affidata ai Comuni o alle loro forme associative  
3.      I Comuni o le loro forme associative assicurano inoltre la logistica necessaria al funzionamento delle Banche dei beni e dei tempi, organizzano una costante attività di promozione e sensibilizzazione della loro esistenza e dell’attività svolta, assicurano la formazione dei soggetti aderenti e garantiscono lo scambio di informazioni tra le stesse.

Art. 6
(Archivio delle competenze delle donne)

1.      La Regione istituisce l’Archivio delle competenze delle donne nel quale sono inseriti i curricula delle donne con comprovate esperienze di carattere scientifico, culturale, artistico, professionale, economico e politico, che lavorano o risiedono in Umbria
2.      L’Archivio è uno strumento del quale viene data diffusione e informazione allo scopo di rappresentare l’ampio mondo dei saperi delle donne e favorire  un’adeguata presenza delle donne nei ruoli fondamentali della vita regionale. L’Archivio favorisce anche la divulgazione di competenze femminili per le indicazioni e le proposte di designazioni e nomine ai sensi della legge regionale 21 marzo 1995, n. 11 e s.m.i.  (Disciplina delle nomine di competenza regionale e della proroga degli organi amministrativi).
3.      Il trattamento dei dati relativi alla banca dati avviene nel rispetto del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali).


TITOLO III
POLITICHE REGIONALI

CAPO I
ISTRUZIONE

Art. 7
(Promozione della cultura della differenza)

1.      La Regione favorisce percorsi di riflessione sulla differenza di essere donne e uomini e sulla costruzione di sé, con strumenti di conoscenza, anche attraverso percorsi di sperimentazione, sollecitando una ridefinizione delle discipline, dei libri di testo, dei programmi scolastici e una didattica fondata sulla valorizzazione della differenza di genere.

Art. 8
(Azioni regionali)

1.      La Regione, per le finalità di cui all’articolo 7 promuove, nel rispetto dell’autonomia organizzativa e didattica degli Istituti scolastici, le seguenti azioni:
a)      formazione delle insegnanti e degli insegnanti finalizzata alla valorizzazione della differenza di genere nelle relazioni educative;
b)      rivisitazione dei contenuti, dei programmi e dei materiali didattici in un’ottica di genere valorizzando la presenza dei due sessi nel mondo della cultura;
c)       elaborazione di metodologie e strumenti che permettano alle istituzioni scolastiche di analizzare, dal punto di vista di genere, i contesti socio-economici di riferimento anche per individuare i bisogni formativi della popolazione scolastica, femminile e maschile;
d)      elaborazione di indicatori che consentano alle Istituzioni scolastiche la valutazione ed autovalutazione dei processi educativi e formativi;
e)      raccolta, diffusione e condivisione di buone pratiche, materiali didattici e strumenti che possano incidere, in un’ottica di genere, sulla formazione generale di ragazzi e ragazze;
f)       attivazione di percorsi di orientamento per combattere la segregazione formativa e professionale delle ragazze e dei ragazzi;
g)      realizzazione di iniziative di diffusione della cultura dell’imprenditorialità e del lavoro autonomo con attenzione alle peculiarità di genere in termini di capacità, aspettative, progetti di vita e di lavoro;
h)      sostegno al recupero dell’istruzione delle donne, giovani e adulte, prive di un’adeguata qualificazione e alla promozione culturale e formativa lungo tutto il corso della vita;
i)        ricerche socio-economiche e antropologiche  caratterizzate da un approccio di genere e dall’analisi di  processi di cambiamento della presenza femminile e delle relazioni tra i sessi;
j)        sostegno a iniziative  di scambio di saperi tra donne italiane e straniere.

2. La Regione, per la realizzazione delle azioni di cui al comma 1 , sottoscrive Protocolli di intesa con  i soggetti competenti in materia di istruzione.


CAPO II
LAVORO, FORMAZIONE E IMPRESA


Art. 9
 (Sostegno all’imprenditoria femminile)

1.      La Regione, nell’ambito degli strumenti di programmazione previsti dalla vigente normativa e, in particolare, dal documento triennale di cui alla legge regionale 23 dicembre 2008, n. 25 (Norme in materia di sviluppo, innovazione e competitività del sistema produttivo regionale), favorisce l’imprenditoria femminile quale strumento di promozione della presenza delle donne nel lavoro e nell’economia e definisce forme e strumenti di promozione del lavoro autonomo e dell’imprenditorialità femminile.
2.      La Regione per le finalità di cui al comma 1 e con riferimento a provvedimenti e strumenti  regionali per il sostegno allo sviluppo ed al rafforzamento delle PMI  riserva, quote non inferiori al 25% delle risorse assegnate, a favore di imprese a prevalente conduzione femminile.
3.      Gli incentivi e le forme di sostegno alla creazione di impresa promossi a livello regionale  prevedono una dotazione minima del quaranta per cento destinata ad imprese a titolarità con maggioranza femminile.


Art. 10
(Formazione professionale per l’imprenditoria)

1.      La Regione, nell’ambito dei corsi di formazione professionale per il lavoro autonomo e l’imprenditoria previsti dai piani regionali, riserva il cinquanta per cento dei posti alle donne disoccupate ed inoccupate iscritte ai centri per l’impiego.
2.      La Regione, nell’ambito dei piani di cui al comma 1, prevede, altresì, corsi formativi destinati a soggetti che rilevano imprese di artigianato tradizionale ed artistico. Il cinquanta per cento dei posti è riservato alle donne disoccupate ed inoccupate iscritte ai centri per l’impiego.

Art 11
(Passaggio generazionale del lavoro)

1.      La Regione istituisce un sistema di intervento a favore del passaggio generazionale delle imprese, del lavoro autonomo e del trasferimento dei saperi.
2.      La Regione con norme regolamentari stabilisce le modalità di organizzazione dell’intervento e di erogazione delle forme di incentivazione, assistenza e consulenza, che vengono promosse attraverso il sistema regionale dell’impiego.
3.      Una specifica destinazione degli interventi di cui al presente articolo riguarda le imprese artigianali tradizionali ed artistiche.
4.      Gli interventi di cui al presente articolo sono destinati, per il cinquanta per cento delle iniziative finanziate, a progetti presentati da donne.


Art. 12
 (Servizi per il lavoro)

1.      La Regione individua nei centri per l’impiego il punto di riferimento territoriale per l’informazione, l’orientamento e l’erogazione delle misure di politica attiva di cui alla normativa regionale e nei sensi di quanto previsto dalla presente legge.
2.      La Regione, nell’ambito delle misure contenute nel documento regionale dei servizi per il lavoro, individua nel patto di servizio l’atto di impegno e definizione del percorso di inserimento lavorativo e dell’intervento destinato alle disoccupate e ai disoccupati iscritti ai centri per l’impiego.
3.       E’ destinata alle disoccupate ed inoccupate iscritte ai centri per l’impiego una quota del cinquanta per cento delle opportunità derivanti dai programmi di politica attiva promossi ai sensi della programmazione regionale.
4.      La Regione, nell’ambito del monitoraggio dei fabbisogni professionali delle imprese individua e verifica le competenze richieste dal sistema economico e istituisce un apposito catalogo dei lavori più richiesti e promuove  una corrispondente offerta formativa, sulla base di standard di qualità riconosciuti e verificati.
5.      La Regione organizza e programma interventi di orientamento nelle scuole e presso i centri per l’impiego destinati a migliorare la conoscenza del mercato del lavoro e dei fabbisogni professionali delle imprese, e l’accesso a programmi e strumenti di sostegno e per l’occupabilità, con specifica attenzione alla popolazione femminile. 
6.      La Regione promuove la sperimentazione sul territorio di iniziative di impresa, di politica attiva e di promozione dell’occupazione femminile valutate quali buone prassi ai sensi della presente legge e ne sostiene la permanenza e la replicabilità.


Art. 13
 (Azioni di premialità  per le imprese)

1.      La Regione, per l’assunzione di donne disoccupate od inoccupate iscritte ai centri per l’impiego, attribuisce alle imprese, nel rispetto della normativa vigente, strumenti di premialità ed incentivi aggiuntivi rispetto ai benefici eventualmente già previsti.
2.      La Regione istituisce bonus premiali per l’incentivazione delle assunzioni a tempo indeterminato, destinato alle donne disoccupate od inoccupate iscritte ai centri per l’impiego del territorio regionale.


Art. 14
(Creazione d’impresa)

1.        La Regione favorisce e sostiene gli interventi a sostegno della creazione di nuove imprese a prevalente conduzione femminile e dell’occupazione delle donne. A tal fine si avvale anche del Fondo per il microcredito di cui all’articolo 7 della legge regionale 30 marzo 2011, n. 4 (Disposizioni collegate alla manovra di bilancio 2011 in materia di entrate e di spese).
2. La Giunta regionale definisce con proprio atto le modalità di attuazione e gestione ai sensi del comma 2, articolo 7 della l.r. 4/2011 e individua  maggiorazioni di finanziamento o altre forme di premialità per le imprese di nuova costituzione a prevalente conduzione  femminile.

Art.15
(Fondo di rotazione e di garanzia)
1.                La Regione promuove l’accesso al credito da parte delle imprese femminili tramite specifiche azioni di informazione, assistenza, formazione.
2.                La Giunta regionale stabilisce le caratteristiche dei propri fondi di garanzia e di quelli per il sostegno al capitale di rischio individuando modalità operative per facilitare l’accesso agli stessi alle imprese a prevalente conduzione femminile.

CAPO  III
CONCILIAZIONE E CONDIVISIONE


Art.16
(Politiche di conciliazione e condivisione)

1.      La Regione riconosce che la conciliazione tra la vita delle persone e il lavoro remunerato, tra i tempi di lavoro, di relazione, di cura parentale, di formazione e tempo per sé, migliora  la qualità della vita delle comunità la relazione tra i sessi e determina un processo di trasformazione dell’organizzazione della società, delle famiglie e del lavoro.
2.      La Regione riconosce il valore sociale della maternità e della paternità consapevoli e favorisce la condivisione delle responsabilità tra i genitori nei confronti dei figli.
3.      La Regione considera le politiche di conciliazione e condivisione elementi fondamentali nella riforma del sistema di welfare territoriale e del lavoro. 
4.      La Regione, al fine di favorire la qualità della vita attraverso la conciliazione,  promuove  il coordinamento dei tempi e degli orari ed il  monitoraggio della qualità progettuale e gestionale degli spazi delle città
5.      La Regione promuove forme di consultazione e coinvolgimento delle donne, associazioni, organizzazioni, organismi di pari opportunità, esperte, nei processi di progettazione urbanistica e di riqualificazione degli spazi urbani per migliorare i circuiti di socialità e benessere,  per promuovere percorsi di mobilità ed autonomia  attenti alle esigenze della vita quotidiana delle persone di ogni generazione.


Art.17
(Azioni regionali promozionali e di sistema)

1.      La Regione per la realizzazione delle finalità di cui al  presente Capo:
a)       stipula accordi territoriali per sperimentare nuovi modelli di organizzazione del lavoro nelle amministrazioni pubbliche e nelle imprese private, per favorire  la conciliazione tra vita privata e lavoro, e promuovere un’equa distribuzione del lavoro di cura tra i sessi;
b)       integra le politiche del tempo nei propri strumenti di programmazione generali e settoriali e promuove l’adozione, da parte dei comuni, dei piani territoriali degli orari, dei tempi e degli spazi;
c)       attua azioni di contrasto degli stereotipi di genere attraverso la promozione ed il sostegno finanziario di progetti educativi volti alla  cura di sé, degli altri, del mondo.
d)       promuove campagne mediatiche di sensibilizzazione sul tema della condivisione delle responsabilità di cura e della corresponsabilizzazione dei padri nella cura e crescita dei figli;
e)       promuove e diffonde l’utilizzo dei congedi di maternità e parentali;
f)        promuove la formazione e la riqualificazione per donne e uomini che rientrano al lavoro dopo il congedo obbligatorio e facoltativo di maternità e parentale;
g)       favorisce l’utilizzo del part-time per motivi parentali;
h)       favorisce l’inserimento lavorativo delle donne in particolari condizioni di disagio, quali madri sole con figli minori, e donne immigrate;
i)         sostiene azioni di intervento sulla qualità e quantità dei servizi sociali, in particolare dei consultori e dei nidi, promuovendo anche nuove forme di servizi innovativi ed integrativi per favorire la conciliazione e condivisione, soprattutto nel caso di lavori atipici e discontinui
l)         stipula protocolli di intesa con enti locali e parti sociali per la pianificazione delle azioni di programmazione volte al sostegno ed al finanziamento dei servizi e degli strumenti per la conciliazione;
m)      stabilisce la programmazione annuale delle misure e delle azioni di cui al presente capo nell’ambito del Piano del lavoro, disposto attraverso la concertazione con gli enti locali e forze sociali ed economiche;


Art. 18
(Azioni e progetti  per la promozione degli interventi della legge 8 marzo 2000, n. 53)

1.      La Regione sostiene la sperimentazione di azioni e progetti per la conciliazione tra vita e lavoro realizzati in conformità alle indicazioni ed ai principi della legge  8 marzo 2000, n. 53 che esplichino la propria azione sul territorio regionale umbro (Disposizioni per il sostegno della maternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città)
2.      I progetti ed azioni presentati ai sensi del comma 1 che risultino approvati e non finanziati dal fondo per la conciliazione istituito ai sensi dell’9 della legge n. 53/2000 potranno accedere alle risorse regionali stanziate per tale scopo nel Fondo regionale per la conciliazione di cui all’articolo 19 comma 4;
3.      La Regione promuove e finanzia, nell’ambito della programmazione regionale, azioni di formazione ed assistenza alle imprese per la definizione dei progetti di cui al comma 1.
4.      La Regione promuove sportelli informativi attraverso i centri per l’impiego e le camere di commercio sulle opportunità legate alla legge n. 53/2000 ed alle ulteriori azioni regionali di cui alla presente legge.
5.      La Regione sostiene e promuove intese con i fondi interprofessionali per la realizzazione delle attività di formazione ed assistenza alle imprese per le finalità di cui al comma 1.   
6.      La Regione integra le politiche del tempo nei propri strumenti di programmazione generali e settoriali e promuove la sperimentazione e l’adozione, da parte dei comuni, dei piani territoriali degli orari, dei tempi e degli spazi, sulla base di quanto definito e previsto dal Capo VII della l. 53/2000.
7.      I comuni e le loro forme associative, nel rispetto della l. 53/2000, realizzano il coordinamento e l’amministrazione degli orari dei servizi pubblici, di pubblico interesse o generale, ivi compresi gli uffici centrali e periferici delle amministrazione pubbliche, gli esercizi commerciali e i pubblici esercizi, le attività di trasporto, socio-sanitarie, di formazione e istruzione, culturali, sportive, turistiche e di spettacolo.
8.      I comuni per le finalità di cui al comma 9, redigono i piani territoriali degli orari attenendosi ai seguenti criteri generali:
a)       accessibilità e fruibilità temporale dei servizi pubblici e privati, promovendo il coordinamento tra orari e localizzazione dei servizi, favorendo la pluralità di offerta, agevolando l’accesso all’informazione con particolare riguardo alle aree urbane e alle aree a rischio di spopolamento;
b)       accessibilità e fruibilità degli orari dei servizi socio-educativi, assistenziali e sanitari, per durata media e per articolazione giornaliera, funzionali agli orari delle attività lavorative prevalenti sul territorio;
c)       corrispondenza degli orari e della frequenza dei trasporti pubblici con le esigenze di razionalizzazione della mobilità urbana ed extraurbana, anche attraverso l’utilizzo di mobilità alternative all’uso dell’auto privata;
d)       organizzazione degli orari di biblioteche, musei ed enti culturali in modo da consentirne un’ampia fruizione, mediante l’aumento della durata giornaliera di apertura, anche con estensione alle fasce serali e della durata settimanale di tutti i mesi dell’anno;
e)       riqualificazione degli spazi urbani per migliorare i circuiti di socialità e promuovere percorsi di mobilità attenti alle pratiche di vita quotidiane delle diverse fasce di età, anche attraverso l’utilizzo della progettazione partecipata quale buona prassi per il recupero di aree periferiche e per un nuovo organico rapporto tra cittadinanza e territorio;
f)        uso del tempo per fini di reciproca solidarietà e interesse, favorendo e promuovendo, in particolare, la costituzione di associazioni per la gestione delle banche del tempo.


Art. 19
(Comitato tecnico e fondo regionale per la conciliazione)

1.      La  Regione istituisce un comitato tecnico composto da esperti in materia di progettazione urbana, di analisi sociale, di comunicazione sociale  e di gestione organizzativa, con compiti consultivi per le finalità di cui al presente capo e per la valutazione degli effetti sulle comunità locali dei piani territoriali degli orari.
2.      La partecipazione al comitato di cui al comma 1 è a titolo gratuito.
3.      La Giunta regionale con proprio atto stabilisce l’organizzazione, le modalità e il funzionamento del comitato.
4.      La Regione istituisce un Fondo regionale per la conciliazione per finanziare gli interventi di cui all’articolo 17 con particolare riferimento a quelli previsti all’articolo18 comma 2, per erogare contributi alla realizzazione di asili nido interaziendali e territoriali, per sostenere specifiche forme di sostegno alla maternità per le donne lavoratrici e il ricorso ai congedi parentali da parte dei padri di cui all’articolo 20 comma 3 promossi in sede di accordi contrattuali.  


Art. 20
(Ulteriori azioni promozionali e  di sistema)

1.      La Regione promuove e sostiene in via sussidiaria ulteriori azioni e progetti in materie ed ambiti coerenti ed attinenti la promozione della conciliazione tra vita e lavoro, non previsti dagli articoli 17  e 18  della presente legge.
2.      La Regione stabilisce, in via sperimentale, sgravi fiscali destinati alle imprese con meno di 50 dipendenti per il sostegno ad interventi di conciliazione legati ai periodi di maternità e paternità, sia obbligatoria che facoltativa, per il periodo post congedo dai dodici ai trentasei mesi del figlio.
3.      La Regione stabilisce il sostegno, attraverso misure mirate,  alle aziende che favoriscono il ricorso ai congedi parentali da parte dei padri, anche nell’ambito di accordi contrattuali e promuove corsi di formazione e riqualificazione per donne e uomini che rientrano al lavoro dopo il congedo obbligatorio e facoltativo di maternità e parentale;
4.      La Regione individua modalità d’intervento volte a definire, in via sperimentale,  un sostegno per le donne la cui maternità non è sostenuta dalla normativa vigente.  
5.      La Regione promuove una azione mirata e continuativa di rilevazione delle azioni di conciliazione nelle imprese umbre e la verifica delle buone prassi di conciliazione presenti sul territorio;
6.      La Regione promuove, attraverso le azioni sostenute dalla programmazione regionale, strumenti di sostegno ed agevolazione finanziaria a favore delle imprese per gli interventi di conciliazione, con misure definite annualmente in sede di piano del lavoro, quali incentivi per la personalizzazione degli orari, sostegno al telelavoro, nidi aziendali, nonché la promozione di misure a sostegno degli interventi di conciliazione definiti tramite contrattazione aziendale o territoriale.


Art. 21
(Azioni rivolte all’amministrazione regionale)

1.      La Regione:
a)       garantisce pari opportunità nell’organizzazione del personale regionale e nello sviluppo delle carriere e favorisce una presenza equilibrata tra i sessi nelle attività e nelle posizioni apicali;
b)       promuove l’inserimento delle donne nelle attività, nei settori professionale e nei livelli in cui sono sottorappresentate, in modo particolare in quelli di più elevata responsabilità;
c)       valorizza l’utilizzo degli istituti del rapporto di lavoro  finalizzati alla conciliazione dei tempi lavorativi con i tempi di cura e di assistenza delle persone anche promuovendo interventi per familiari di persone disabili;
d)       promuove corsi di formazione e riqualificazione per favorire le donne nei percorsi di carriera;
e)       garantisce il sostegno al reinserimento non penalizzante  delle lavoratrici e dei lavoratori a seguito del godimento dei congedi parentali.


CAPO IV
SERVIZI DI CONTRASTO ALLA VIOLENZA DEGLI UOMINI CONTRO LE DONNE


Art.22
(Violenza degli uomini contro le donne)

1.      La Regione riconosce che ogni tipo di violenza contro le donne, ivi compresa la minaccia di tale atto, la persecuzione, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica che nella vita privata, costituisce una violazione dei diritti umani fondamentali alla vita, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità, all'integrità fisica e psichica e costituisce un'autentica minaccia per la salute ed un ostacolo al godimento del diritto ad un'esistenza sicura, libera e dignitosa.
2.      Per violenza degli uomini contro le donne si intende qualsiasi forma di violenza rivolta contro le donne, indipendentemente dalla cittadinanza e dall'orientamento politico, religioso o sessuale delle vittime. Sono comprese la violenza sessuale e qualsiasi forma di persecuzione o violenza fisica, psicologica ed economica che un uomo esercita su una donna in famiglia, nel posto di lavoro, nella società, compreso lo stalking. 


Art.23
(Competenze della Regione)

1.      La Regione assicura il diritto alla protezione, accoglienza, sostegno e soccorso alle donne  vittime di violenza maschile  ed ai loro figli minori.
2.      La Regione in particolare:
a)           promuove iniziative di informazione, sensibilizzazione e formazione sul fenomeno della violenza rivolte in particolare a uomini e ragazzi allo scopo di prevenire ogni forma di violenza in tutti gli ambiti a partire da quello familiare;
b)           riconosce e valorizza i percorsi di elaborazione culturale e le pratiche di accoglienza autonome e autogestite dalle donne, promossi da soggetti pubblici e privati che hanno come scopo la lotta alla violenza contro le donne;
c)           promuove un’immagine rispettosa delle donne nei media e nella pubblicità;
d)           garantisce protezione, adeguata accoglienza,  solidarietà, sostegno e soccorso alle vittime di maltrattamenti fisici, psicologici, economici, di persecuzioni, di stupro, di molestie sessuali e alle vittime di minaccia di  tali atti, indipendentemente dal loro stato civile o dalla loro cittadinanza;
e)           assicura una rete di servizi e di un sistema unico di presa in carico operato dai centri antiviolenza al fine di recuperare e rafforzare l’autonomia materiale e psicologica delle donne, il benessere e contrastare il fenomeno della vittimizzazione  secondaria;
f)            assicura misure specifiche in favore di figli minori testimoni di violenza.
3.      La Giunta regionale, entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge definisce con norme regolamentari:
a)           i criteri per l’istituzione dei centri antiviolenza e delle case rifugio;
b)           gli standard strutturali, gestionali e di funzionamento  di questi;
c)           le modalità di accesso,  la durata della permanenza delle ospiti e l’eventuale partecipazione alle spese;
d)           i criteri per definire il fabbisogno di personale necessario all’espletamento dei servizi;
e)           le linee indicative per l’attività di formazione permanente, di aggiornamento del personale impiegato e delle modalità di attuazione della supervisione tecnico scientifica sui casi di  violenza e maltrattamento;
f)            le linee indicative di intervento sui minori testimoni di violenza ;
g)           le modalità organizzative  degli interventi per uomini maltrattanti;
h)           la definizione delle  modalità organizzative di  funzionamento della Rete dei servizi di prevenzione e contrasto alla violenza maschile;
i)             l’attivazione di punti di accoglienza qualificati nelle Aziende ospedaliere.
  
4.      La Giunta Regionale al fine di realizzare gli obiettivi di cui al presente capo, emana un programma triennale di interventi e azioni.

Art. 24
(Rete per le azioni di prevenzione e contrasto alla violenza degli uomini contro le donne )

1.      Al fine di favorire l’erogazione dei servizi alle donne vittime della violenza maschile, la Regione promuove la costituzione di una Rete per le azioni di prevenzione e contrasto  quale forma integrata di percorsi di accoglienza e di uscita dalla violenza.
2.      Fanno parte della Rete: gli Enti locali, le Aziende ospedaliere, le Aziende sanitarie locali , le Forze dell’ordine, la Magistratura ordinaria e minorile, l’ufficio Scolastico regionale e provinciali,  i Centri antiviolenza, il Centro per le pari opportunità della Regione Umbria, le Associazioni di donne e di tutela ai bambini e i soggetti che hanno come finalità la lotta alla violenza degli uomini contro le donne.
3.      La Regione promuove tra i soggetti della Rete protocolli per la gestione integrata dei percorsi di accoglienza e di uscita dalla violenza di donne e minori.
4.      I Protocolli di cui al comma 3, basati su un approccio di genere e di gestione integrata, definiscono gli standards e le modalità di erogazione dei servizi da parte dei soggetti della Rete.  
5.      Tutti i soggetti della Rete inviano le donne vittime di violenza maschile ai Centri antiviolenza.
6.      L’assistenza e la protezione da parte dei soggetti della Rete è attivata su richiesta della donna  presso qualsiasi punto di accesso della Rete.


Art. 25
(Centri antiviolenza)

1.      La Regione promuove la costituzione di Centri antiviolenza nel territorio di ciascuna provincia.
2.      I Comuni o le loro forme associative dispongono l’istituzione e la localizzazione dei Centri antiviolenza, tenuto conto dei requisiti di accessibilità,  sicurezza e riservatezza.
3.      La gestione dei Centri antiviolenza è assicurata dai soggetti di cui al comma  2, in forma singola o mediante convenzioni con altri Enti locali, con Associazioni di donne, Associazioni  iscritte ai registri del volontariato o della promozione sociale, Organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) e Cooperative sociali che hanno come finalità primaria  la prevenzione e il contrasto della  violenza maschile
4.      Il Centro dispone di personale adeguatamente formato,  adotta una prospettiva di genere e valorizza la pratica di accoglienza basate sulla relazione tra donne.
5.      La presa in carico delle donne vittime di violenze maschile  è attribuita ai Centri antiviolenza.

Art. 26
 (Funzioni dei Centri antiviolenza)

1.      I Centri antiviolenza, nel rispetto della riservatezza e dell’anonimato,  realizzano la presa in carico delle donne vittime di violenza e dei minori  testimoni  di violenza  attraverso le seguenti funzioni:
a)           accoglienza telefonica;
b)           colloqui di accoglienza di valutazione  preliminare e  rilevazione del pericolo;
c)           messa in sicurezza delle donne vittime di violenza:  
d)           consulenze  psicologiche e legali;
e)           accompagnamento, su richiesta delle donne,  nella fruizione dei servizi pubblici e privati, nel rispetto dell’ identità culturale e della libertà di ognuna di esse;
f)            definizione e realizzazione, concordata con la donna,  di percorsi di uscita dalla violenza tendenti a favorire nuovi progetti di vita e di autonomia;
g)           sostegno al cambiamento e al rafforzamento dell’autostima anche attraverso gruppi di lavoro autocentranti;
h)           attuazione di misure a tutela dei minori testimoni di violenza;
i)             orientamento e sostegno per la ricerca del lavoro e della casa;
j)             mediazione interculturale.
2.      I Centri antiviolenza svolgono inoltre le seguenti attività:
a)        promuovono lo sviluppo delle relazioni solidali tra donne, favorendo l’incontro e lo scambio tra donne vittime di violenza maschile  e donne del mondo dell’associazionismo femminile e femminista;
b)        realizzano azioni di sensibilizzazione e di  informazione anche in collaborazione con altri soggetti istituzionali e della società civile;
c)        curano la raccolta dei dati relativi alla utenza del Centro antiviolenza, della Casa rifugio e delle soluzioni abitative temporanee  e li trasmetto all’Osservatorio regionale sulla violenza maschile di cui all’articolo 30.


Art. 27
(Casa rifugio e soluzioni abitative temporanee)


1.      La Regione promuove la costituzione di almeno una Casa rifugio nel territorio regionale
2.      La Casa rifugio è un  luogo  protetto, ad indirizzo segreto o con garanzia di sicurezza gestita dai Centri antiviolenza, dove le donne vittime della violenza maschile sole o con figli minori, sono accolte e protette.
3.      La Casa rifugio è una strutture di ospitalità temporanea per salvaguardare l’incolumità fisica e psichica delle donne,  volta a garantire, insieme alla residenza, un progetto personalizzato di sostegno e di inclusione sociale.
4.      La Rete assicura, inoltre la disponibilità di strutture alloggiative temporanee, individuali e collettive, nelle quali sono ospitate le donne  vittime di violenza e dei loro eventuali figli minori,  che necessitano comunque di un periodo di tempo per raggiungere l’autonomia abitativa o rientrare in possesso della precedente abitazione.
5.      L’inserimento nella Casa rifugio e nelle soluzioni abitative temporanee è effettuato dai Centri antiviolenza anche su segnalazione dei soggetti della Rete.


Art. 28
(Formazione e aggiornamento)

1.      La Regione  promuove iniziative e percorsi  formativi e di aggiornamento  per tutti i soggetti della Rete di cui all’articolo 24 secondo un approccio di intervento  integrato e  multidisciplinare;
2.       La Regione, nell’ambito della programmazione della formazione professionale,  promuove inoltre, formazione specifica e aggiornamento per le operatrici dei Centri antiviolenza con particolare riguardo alle competenze dell’operatrice di accoglienza e della Casa rifugio.
3.      La Regione attua politiche di sensibilizzazione e formazione degli operatori socio-sanitari.
4.      La Regione promuove, altresì, la supervisione tecnico- scientifica sui casi,  per coloro che operano nei Centri antiviolenza e nella Casa rifugio. 


Art. 29
(Interventi per uomini maltrattanti)

1.      La Giunta regionale, nell’ambito programma triennale di interventi di cui all’articolo 23, comma 4, prevede  l’istituzione di Centri di ascolto per uomini maltrattanti con la finalità di individuare gli ambiti del disagio che danno origine ai comportamenti violenti.
2.      I Centri di ascolto di cui al comma 1, per favorire radicali  cambiamenti  nelle relazioni familiari ed affettive,  garantiscono agli utenti colloqui, anche anonimi, ed interventi mirati di psicoterapia, incontri e attività di auto-mutuo aiuto tra uomini.


Art. 30
(Istituzione Osservatorio regionale sulla violenza degli uomini contro le donne )

1.      La Regione istituisce, presso il Centro Per le Pari Opportunità della Regione Umbria,  l’Osservatorio regionale sulla violenza degli uomini contro le donne per effettuarne il monitoraggio mediante la raccolta, l’elaborazione e l’analisi dei dati forniti dai Centri antiviolenza e dai componenti della Rete.
2.      La composizione e le modalità di funzionamento dell’Osservatorio sono definite con apposita deliberazione della Giunta regionale.


Art. 31
 (Interventi per minori testimoni di violenza)

1.      La Regione garantisce interventi per minori testimoni di violenza finalizzati al superamento del trauma subito e al recupero del benessere psico-fisico e delle capacità relazionali.
2.      La Regione, in coerenza con la programmazione regionale di settore, garantisce la realizzazione di azioni di sostegno ai minori testimoni di violenza attraverso la definizione di un  protocollo di intervento  tra Magistratura ordinaria e minorile, Enti pubblici, Asl, Aziende ospedaliere, Scuola, Centri antiviolenza, Centro per le Pari Opportunità della Regione Umbria  e soggetti , che hanno come finalità il contrasto della violenza maschile sulle donne.  
CAPO V
 DIRITTO ALLA SALUTE DELLE DONNE


Art. 32
(Salute)

1.      La Regione favorisce il diritto alla salute delle donne, inteso come diritto fondamentale garantito dalla Costituzione che consente una migliore realizzazione dei diritti sociali, economici, civili e politici per le donne e gli uomini nel rispetto delle differenze biologiche,  psicologiche e culturali  legate al genere.
2.      La Regione riconosce, attraverso politiche mirate, il principio che gli interventi di promozione delle salute,  la ricerca farmacologia, i fattori di rischio, le diagnosi e i trattamenti sanitari devono tenere  conto della differenza di essere donna e uomo.
3.      la Regione  sostiene le scelte procreative delle donne  e la maternità e la paternità consapevoli..
4.      La Regione, nell’ambito del Piano sanitario regionale, favorisce specifici interventi volti alla prevenzione delle patologie tumorali femminili, all’assistenza delle donne in gravidanza e all’educazione sessuale e riproduttiva delle stesse anche attraverso la prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili.
5.      La Regione valorizza le Associazioni, le Organizzazioni delle donne e le competenze femminili che promuovono un concetto di salute inteso come benessere non solo fisico ma emotivo e relazionale, rispettoso delle peculiarità ed aspettative delle persone malate e dei loro familiari.


TITOLO IV
PRESENZA DELLE DONNE NEI LUOGHI DI DECISIONE


Art. 33
(Presenza delle donne)

1.      La Regione promuove e favorisce la presenza delle donne nella vita politica ed economica, nelle Assemblee elettive e nei luoghi di Governo, negli Enti, negli Organismi e in tutti gli incarichi di nomina del Consiglio e della Giunta Regionale;
2.      La Regione, nelle nomine di propria competenza, ivi compreso l’affidamento degli incarichi, destina il cinquanta per cento di presenze alle donne.


Art. 34
(Rete regionale delle elette)

1.      La Regione istituisce la Rete regionale delle elette quale organismo di promozione e valorizzazione della presenza delle donne nelle Istituzioni elettive e nella vita politica regionale.


TITOLO V
AZIONI DI SISTEMA PER LA DIFFUSIONE DELLA CULTURA DI GENERE


Art. 35
 (Comunicazione e Informazione)

1.      La Regione, nell’ambito delle attività di comunicazione e informazione, anche di tipo istituzionale, promuove una cultura che favorisca relazioni rispettose della differenza tra donne e uomini e valorizza il ruolo delle donne in campo sociale professionale e politico.
2.      La Regione sostiene attività di comunicazione e di informazione fermo restando il rispetto delle finalità di cui al comma 1.
3.      La Regione può attivare forme di collaborazione con il  Comitato regionale per le comunicazioni (CORECOM) anche al fine di effettuare il  monitoraggio dell’informazione locale dei contenuti della programmazione televisiva e radiofonica e della produzione pubblicitaria;
4.      La Regione, per le finalità del presente articolo, stipula protocolli d’intesa con l’Ordine dei giornalisti e con le Associazioni dei pubblicitari dell’Umbria.

Art. 36
 (Coordinamento delle risorse)

1.      Per ottimizzare l’impiego delle risorse e coordinare le competenze delle strutture regionali, la Giunta regionale promuove l’integrazione delle risorse regionali tra:
a)           le risorse nazionali e comunitarie destinate alle politiche di genere;
b)           le risorse apportate dal sistema degli Enti locali;
c)           le risorse apportate da soggetti privati;
2.      Ai fini dell’integrazione delle risorse, la Regione promuove la concertazione tra i soggetti titolari delle risorse stesse.


Art. 37
 (Rete regionale per le politiche di genere)

1.      La Regione mette a sistema sul territorio un programma di interventi volto a promuovere la condivisione e l’attuazione delle politiche presso le Amministrazioni locali dell’Umbria, coinvolgendo le Associazioni di donne, la società civile, nelle sue varie articolazioni, il mondo del lavoro e della cultura, i soggetti situazionali e non.
2.      Per le finalità di cui al comma 1 la Regione istituisce la Rete regionale per le politiche di genere cui fanno parte la Regione, gli Enti locali, le Associazioni delle donne, le Associazioni datoriali e sindacali, gli Organismi di parità e di pari opportunità e  il  Centro per le Pari Opportunità della Regione Umbria.
3.      La Rete regionale svolge una funzione di integrazione delle politiche e delle buone prassi ed è sede di confronto, verifica e proposta.
4.      Per le finalità di cui al comma 1 la Regione istituisce, altresì, l’Albo regionale delle Associazioni e dei movimenti femminili e femministi. Possono iscriversi all’Albo le Associazioni, i Movimenti e le Organizzazioni femminili e femministe,  le cooperative no profit, di genere che hanno sede operativa nel territorio regionale e il cui statuto o atto costitutivo preveda, come esclusive o prevalenti, attività finalizzate alla promozione di una cultura che favorisca relazioni rispettose della differenza tra donne e uomini appartenenti a generazioni, culture, religioni e orientamenti sessuali diversi.
5.      L’iscrizione all’Albo di cui al comma 4 è condizione necessaria per ottenere contributi e per usufruire di iniziative e progetti di informazione, formazione e di ricerca.


Art. 38
(Stati generali delle politiche di genere)

1.      La Regione convoca periodicamente gli Stati generali delle politiche di genere per supportare la programmazione, proporre, monitorare e verificare le politiche di genere dell’intero sistema regionale.
2.      Fanno parte degli Stati generali tutti i Soggetti istituzionali e non che hanno tra i loro obiettivi la valorizzazione della differenza di genere e il raggiungimento di pari opportunità tra donne e uomini.


Art. 39
 (Rapporto sulla condizione delle donne umbre)

1.      La Regione, attraverso l’AUR, predispone un rapporto annuale che documenti la condizione economica, sociale e culturale delle donne che vivono e risiedono in Umbria.  
2.      Il rapporto viene trasmesso al Consiglio regionale, agli Enti locali ed alle Organizzazioni economiche e sociali e costituisce supporto per la programmazione delle politiche regionali.


TITOLO VI
STRUMENTI PER L’INTEGRAZIONE DELLE POLITICHE

Art. 40
(Comitato tecnico per le politiche di genere)

1.      La Regione istituisce il Comitato tecnico per le politiche di genere con funzioni di supporto alla programmazione regionale, di coordinamento, monitoraggio, verifica e valutazione delle azioni regionali per realizzare il mainstreaming di genere.
2.      Il Comitato è costituito dai rappresentanti di tutte le strutture regionali con particolare riferimento alle aree tematiche oggetto della presente legge.  


Art. 41
(Valutazioni di genere)

1.      La Regione adotta la valutazione ex ante di genere in tutti gli atti principali della programmazione regionale e promuove la valutazione d’impatto di genere in tutte le azioni anche utilizzando i dati di cui al successivo articolo 42.


Art. 42
(Statistiche di genere)

1.      Tutte le statistiche prodotte dagli uffici regionali o realizzate nell’ambito di attività finanziate dalla Regione devono adeguare la rilevazione, l’elaborazione e la diffusione dei dati statistici in termini di genere.


Art. 43
(Bilancio di genere)

1.      Il bilancio di genere, redatto dalla Giunta regionale, costituisce strumento di monitoraggio e di valutazione dell’impatto delle politiche regionali su uomini e donne e ne promuove la diffusione tra gli Enti locali.
2.      Mediante il bilancio di genere la Regione:
a)          analizza e valuta il diverso impatto prodotto sulle donne e sugli uomini dalle politiche di bilancio;
b)          individua gli strumenti e le azioni per promuovere pari opportunità tre donne e uomini;
c)          promuove la prospettiva di genere nelle politiche regionali.


TITOLO VII
NORME FINALI

Art. 44
(Norma finanziaria)



Art. 45
(Modificazione legge regionale n. 6/09 -  C.P.O.)










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