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In questi anni abbiamo corso così velocemente che dobbiamo ora fermarci perché la nostra anima possa raggiungerci. (Michael Ende) ---- A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro. Sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi. (Carl Gustav Jung)

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO:QUANDO LA BANDA PASSAVA...
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193. LA QUESTIONE DEL VELO ISLAMICO di Roberto Rapaccini


Recenti fatti hanno reso di nuovo attuale la questione dell’uso nei Paesi occidentali da parte delle donne musulmane del loro abbigliamento tipico, genericamente indicato con l’espressione velo islamico.  Infatti, in una riunione dei primi di luglio la Federazione Internazionale Calcistica (FIFA) ha stabilito che le calciatrici fedeli dell’Islam potranno usare in campo, in quanto simbolo culturale, il loro tradizionale velo o foulard, vietato in passato in quanto estraneo alla tipica uniforme calcistica. Inoltre con il Ramadan inizieranno in Egitto  le trasmissioni del canale televisivo  ‘Maria tv’ (il nome del canale fa riferimento a Maria la copta, la moglie egiziana del profeta Maometto), dedicato esclusivamente alle donne con il velo integrale; il proprietario dell’emittente televisiva ha spiegato che l’idea è nata dalla constatazione della discriminazione di cui sono vittime le donne che indossano il niqab. Da tempo in alcuni Paesi europei si è posta la questione della compatibilità di tale abbigliamento con i rispettivi ordinamenti giuridici in quanto le alcune tipologie di velo islamico travisano o possono travisare il volto non rendendolo riconoscibile.  Con il termine burqa si intendono due tipi di abbigliamento: il primo è un telo, che copre l'intera testa permettendo alla donna di vedere solo attraverso un’apertura all'altezza degli occhi. L’altra forma, chiamata anche burqa completo o burqa afghano, solitamente di colore blu, copre sia la testa sia il corpo; all'altezza degli occhi può anche essere posta una retina che permette di vedere senza scoprire gli occhi della donna; è diffuso principalmente in Afghanistan.  Lo chador è un indumento tradizionale originario dell'Iran simile ad una mantella ed è un velo indossato dalle donne quando devono comparire in pubblico; ricopre il capo e le spalle, ma lascia scoperto il viso, tenuto chiuso sotto il mento ad incorniciare il volto; oltre che in Iran è molto diffuso in  Medio Oriente. Il tessuto può essere chiaro o con fantasie stampate; tuttavia in Iran le autorità religiose consigliano che il velo sia scuro. Il niqab è un tipo di velo che copre la figura della donna lasciando scoperti solo gli occhi. Si compone in due parti: la prima è formata da un fazzoletto di stoffa leggero che viene collocato al di sotto degli occhi a coprire naso e bocca, legato al di sopra delle orecchie, mentre la seconda parte è formata da un pezzo di stoffa molto più ampio del primo, che nasconde i capelli e buona parte del busto;  è molto usato dalle donne saudite. È di colore nero. Esistono poi varianti locali, come il niqab yemenita, che differiscono di poco dal modello ‘base’. L' hijab, diffuso soprattutto in Egitto, copre solo i capelli. Ognuna di queste tipologie di abbigliamento è fortemente legata all'area di appartenenza geografica della donna e ne riflette la cultura, oltre all'aspetto puramente religioso. Più in dettaglio l'obbligo di indossare le specifiche tipologie di velo appare conseguenza di tradizioni locali, indipendenti dalle prescrizioni religiose dell'Islam; le norme coraniche sembrano prescrivere semplicemente un generico obbligo di indossare il velo, soprattutto in occasione della preghiera rituale, senza specificazioni ulteriori. Storicamente, l’hijab non ha mai rappresentato un dogma nell'islam, un’obbligazione giuridica o un simbolo religioso. Il velo assume oggi il significato di una rivendicazione di un'identità culturale. Chi lo indossa, soprattutto in occidente, lo fa per coercizione, per condizionamento, per rivendicazione o per libera scelta. Sembra l’esito di conflitti culturali irrisolti: il conflitto fra islam e occidente, il conflitto dell'islam con se stesso, il conflitto fra diritto e cultura. Il problema della compatibilità di questo abbigliamento con gli usi occidentali non è di natura estetica, ma si tratta di una questione giuridica, in quanto il travisamento che risulta dall'uso di questo abbigliamento, può essere contrario all'ordine pubblico, in quanto, oltre ad impedire la riconoscibilità della persona, può costituire uno strumento per l'occultamento di materiale esplodente, armi o, in ogni caso, oggetti o sostanze non consentiti. In proposito, per quanto riguarda la legislazione italiana l'art. 2 della Legge 8/8/1977 così recita: “L’art. 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, è sostituito dal seguente: è vietato l’uso di caschi protettivi o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in luogo pubblico o aperto al pubblico, senza giustificato motivo. E' in ogni caso vietato l'uso predetto in occasione di manifestazioni che si svolgano in luogo pubblico o aperto al pubblico, tranne quelle di carattere sportivo che tale uso comportino”.   Pertanto, il travisamento può essere consentito solo per giustificati motivi. Ad esempio, il casco per i motociclisti o le protezioni per determinate attività pericolose sono fuori dalla portata dell'applicazione delle norme in quanto finalizzate al prevalente interesse della salute.  In concreto, ci si chiede se la matrice religiosa o culturale possa costituire un giustificato motivo, ovvero, se sia prevalente l'interesse individuale al rispetto delle manifestazioni esteriori del proprio credo religioso o di tradizioni culturali sulle esigenze di sicurezza e di ordine pubblico della collettività. Nel Parlamento italiano è in atto un dibattito molto vivace sulla possibile introduzione  del di­vie­to di indos­sa­re in pub­bli­co veli in­te­gra­li, equiparandoli agli altri strumenti di travisamento; è stato proposto inoltre di introdurre nel Co­di­ce Pe­na­le il rea­to di costrizione all’occultamento del vol­to nel caso in cui il velo integrale non sia una li­be­ra scel­ta del­la don­na. La materia è già disciplinata dalla legge  in Fran­cia e Bel­gio. in Francia in particolare è stata votata una legge che proibisce di indossare segni religiosi nelle scuole pubbliche. La norma è stata criticata in quanto è ispirata da un principio di libertà che si traduce in un rifiuto della libertà delle singole persone. Il divieto non si limita al velo islamico ma riguarda anche le croci cristiane di una certa dimensione, la kippah ebraica, il turbante dei sikh e, secondo il ministro dell´istruzione, Luc Ferry, una certa pelosità, ovvero la barba lasciata crescere secondo alcune prescrizioni del diritto musulmano. E' evidente che la questione non va risolta in base a mere valutazioni di   ordine tecnico-giuridico, ma deve essere valutata nel più ampio contesto dei complessi rapporti fra Islam e Occidente.  Roberto Rapaccini

1 commento:

Roberto Latini ha detto...

La questione del velo nasconde delle trappole....un possibile cavallo di Troia che dentro alla libertà di espressione può nascondere invece la possibilità di vietarla. Vero è che come metallaro il portare borchie e catene aveva lo scopo di affermare la mia libertà di espressione, e in questo c'è una similitudine, ma non era legata a culture maschiliste o misogine.
Sky

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IN QUESTI ANNI ABBIAMO CORSO COSÌ VELOCEMENTE CHE DOBBIAMO ORA FERMARCI PERCHÈ LA NOSTRA ANIMA POSSA RAGGIUNGERCI

(Michael Ende)

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A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro, sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi.

(Carl Gustav Jung)