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In questi anni abbiamo corso così velocemente che dobbiamo ora fermarci perché la nostra anima possa raggiungerci. (Michael Ende) ---- A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro. Sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi. (Carl Gustav Jung)

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO:QUANDO LA BANDA PASSAVA...
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199. RECENSIONI 2012 - BAND ALBUMS di Sky Robertace Latini


“LONG LIVE HEAVY METAL”   3 Inches Of Blood (dal Canada)-  2012

Il titolo del lavoro (il quinto della loro carriera) è tutto un programma per un vero metaller, e le aspettative date da esso non vengono deluse. Si tratta di un metal anni ’80 che però usa un suono molto pulito e tecnico, la copertina pseuso-satanica è strana rispetto al genere musicale della band che  sta nel metal che passa dall’Heavy tradizionale al Power, con una attitudine soprattutto Speed. Tutto basato sui riff, ognuno dei quali è una rasoiata. Ma forse la copertina rispecchia l’attitudine maggiormente violenta del loro sound passato.  “METAL WOMAN” è il brano di apertura dell’album, il quale inizia in modo melodico con un intro di chitarra, poi il basso incupisce l’atmosfera e parte un 4/4 lineare fino all’acuto che introduce un tipico pezzo di classico heavy anni ’80. E’ la presentazione adeguata di ciò che sarà tutto l’ascolto.  “MY SWORD WILL NOT SLEEP” presenta un riffing continuo con la batteria che dinamicamente segue a ruota. Incisiva cavalcata ossessiva di Speed metal possente. Nell’assolo di chitarra vengono in mente gli Anvil.  “CHIEF AND  THE BLADE” sembrerebbe un riempitivo in un lavoro così. Invece per me è un ottimo momento acustico folk costruito con grazia e raffinatezza. Diventa così uno dei migliori pezzi dell’album. Flauto che rimanda a immagini bucoliche in questo strumentale aggraziato, del tutto diverso dal contesto.  “LOOK OUT” incalza col il suo ritmo veloce e rilascia fresca adrenalina. Dopo l’assolo tagliente esce fuori un suono tastieristico magniloquente di DeepParpoliana memoria che lascia interdetti considerando l’incedere di tutto il disco, e non si limita ad un breve momento, sfumando invece verso l’epico. E’ una piacevole sorpresa.  “4000 TORCHES” s’invola veloce avvolgendo la linea melodica in un riffing compatto. Brano con un certo denso pathos.  “MEN OF FORTUNE” possiede una verve diversa dal resto dell’album, preferendo un carattere epico meno duro, evocando sensazioni di più ampio respiro, in questo assomigliando un po’ agli Iron Maiden. In realtà c’è anche un po’ di Manowar; Savatage e Accept, distribuiti come scaglie di cioccolato sul gelato. Al centro una parte soft molto suggestiva e lirica.  Il basso talvolta è un sostegno evidente della struttura. Ma è sempre la chitarra ritmica il suono particolare, sempre netto e tagliente. La voce di Cam Pipes sarebbe perfetta anche per gli attuali Accept (che hanno un singer, Tornillo, leggermente meno capace di questo); tale voce è acuta e sta tra quella di Udo (ex-Accept) e quella di Jon Oliva (ex-Savatage), ma talvolta viene usata in modo feroce con uno screaming ruvido. In generale lo stile deriva dalla scuola JudasPristiana e Accept (appunto) con un pizzico di Helloween. Stiamo nel metal che passa dall’Heavy tradizionale al Power, ma con una attitudine soprattutto Speed. Hanno una anima dura e pura che non scende a compromessi, rivelando la primigenia carica metallara.  Sky Robertace Latini


“STALINGRAD”    Accept (dalla Germania) - 2012

La famosa band tedesca (al secondo album col cantante americano Mark Tornillo) fa di nuovo la sua comparsa dopo solo due anni, visto che il ritorno li fece subito balzare con successo alla ribalta. Ma del resto stiamo parlando di una delle band che l’Heavy Metal ha contribuito a svilupparlo in modo originale.
“HUNG, DRAWN AND QUARTERED” s’infila subito nel solco del 4/4 tirato di stile Power. Parte l’attacco del panzer tedesco.  “HELLFIRE” inizia middle-time ossessivo con le chitarre corpose e prosegue con un tempo cadenzato, altrettanto ossessivo, che è fatto apposta per ondeggiare. Meravigliosa la parte solista della chitarra che propone intrecci ad effetto, e porta verso un ponte cantato dal pathos meno duro. Finale scoppiettante. “SHADOW SOLDIERS”  inizia con una parte acustica che ci trasporta verso un brano dal carattere lirico ed epico, la cui malinconia dona una atmosfera di ampio respiro. Assolo di chitarra degno di una composizione di musica classica.  “REVOLUTION” è la roboante song macinapietre che non concede tregua.  “THE GALLEY” è forse la traccia più incupita, con un doom iniziale piuttosto greve che si risolve successivamente in un middle-time meno pesante ma comunque scuro. Interpretazione vocale a tratti teatrale. E’ il momento meno commerciale del disco che chiude l’album, a sorpresa l’assolo dolce conclude anche il pezzo dopo aver travolto con le sue scorribande rotolanti l’ascoltatore. Attenzione! Tra i pezzi minori ce ne sono alcuni molto buoni, perché questo è un disco fatto come si deve. Siamo di fronte ad un classico, a un lavoro contenente chicche che rimarranno nel sangue dei metallari.  Purtroppo la voce si è un po’ arrochita dall’ultima prova del 2010 e assomiglia meno a quella del caro vecchio Udo. Comunque non ci sono rimpianti poiché è ben inserita nel contesto con ottima interpretazione. Le chitarre invece s’incrociano con la solita maestria e quella solista di Hoffmann come sempre ammalia con la sua classe. Cori ovunque (da sempre adottati nel sound Acceptiano) per dare più enfasi.  Si tratta di un concept album (non è il primo che loro sviluppano così). Wolf Hoffmann riferisce che morire per un ideale è terribile ma le persone da amici possono divenire nemici. Il tema ha fatto nascere polemiche, soprattutto sulla copertina sorprendendo i membri degli Accept che non se lo aspettavano. Parlare della Russia e della guerra fa ancora così male in Germania?  Forza, compattezza, tono, energia, raffinatezza….tutto nel dna di un gruppo cha ha fatto e fa la storia del metal.   Sky Robertace Latini





“CRYSTAL SKULLS”     Re-Creation  -  2012

Questo è il demo di una band italiana umbra (S.Terenziano-Gualdo Cattaneo). Si tratta di cinque metallari che hanno prodotto 4 pezzi (è il loro secondo lavoro) di Metal targato anni ’80. Si percepisce un alone vintage piuttosto spinto, nel senso che hanno usato un approccio che ricorda proprio l’underground compositivo e tecnico di quel periodo in Italia. Chitarre non troppo distorte, tastiere di supporto non eccessive ma ben presenti, e molto levigate.  “EVIL EYE” è un buon brano d’atmosfera. Middle-time con incedere epico e leggermente oscuro con le tastiere che amplificano tale impronta. La voce vuole essere cattiva e allo stesso tempo orecchiabile. Assolo di chitarra fluido e ben costruito che non vuole essere solo un addobbo ma parte integrante della costruzione. La linea vocale non sarebbe male, ma è soprattutto il ritornello ad essere intrigante.  “THE WOLF” ricorda molto l’Heavy Metal italiano anni ’80. Qui la voce dal punto di vista sonoro ottiene una riuscita migliore rispetto agli altri brani. Forse è il brano più commerciale e lineare ma comunque il migliore perché più diretto e dalla maggior grinta. Non è certo originalissimo, ma esprime carattere. Nel più classico del genere la parte solista lunga e divertente che è un dialogo tra tastiere e chitarra.  “CRYSTAL SKULLS” tiene viva l’attenzione soprattutto per la ritmica. La struttura non è particolarmente personale, ma è ben sostenuta dagli strumenti che divengono più importanti della linea vocale la quale appare troppo monolitica pur rimanendo in bilico sulla linea dell’adeguatezza; fortunatamente essa viene poi soccorsa dall’assolo melodico. Ma la parte strumentale, che in realtà è metà del pezzo (parte finale dall’assolo in poi), non riesce ad essere sufficientemente varia e quindi tende a diluirsi in uno scorrere un po’ anonimo e noioso, invece il carattere del brano meriterebbe uno sviluppo maggiormente dinamico e incisivo.  “THE RAVEN” vorrebbe fare la parte della traccia elaborata di più ampio respiro, ma è il brano meno riuscito del demo. Eccessivamente derivativo, dà la sensazione di già sentito. Stavolta sia l’apporto dato dagli strumenti che la linea vocale non lasciano il segno. Un middle-time che fa sentire l’ispirazione di stampo Iron Maiden senza esserne all’altezza.  Il risultato non raggiunge la sufficienza per due motivi: il primo è che “Crystal skulls” e “The raven” abbassano il livello, l’altro è il bisogno di una maggiore energia e incisività. C’è bisogno di indurire le chitarre e di rendere meglio le tastiere ridefinendo la loro corposità. In generale va realizzato un suono più netto, manca una forza che sottolinei i passaggi in modo dinamico e i cambi devono trovare variazioni meno standard.  Di un discorso a parte necessita il cantato. Certamente l’estensione  vocale di Adriano Coletti (contemporaneamente bassista) non è ampia, però può essere considerata sufficientemente idonea a offrire bontà all’impianto. A parte la metrica compositiva e l’abilità in inglese che andrebbero raffinate, a volte sembra poco fluida per il timbro che possiede, e il piacere che dà non sempre raggiunge il livello necessario. Non sono uno in grado di comprendere le cose che si possono gestire in sede di registrazione (e poi dipende dalle possibilità materiali che si è potuto mettere su), però credo che filtri e livelli dovrebbero fare in modo che il flusso musicale avvolga con maggior equilibrio la voce.  Nonostante le forti critiche, l’ascolto è stato piacevole e ai concerti questi brani mi divertono (li ho visti il 30 giugno 2012 a Terni). Negli anni ’80 non ho mai amato la leggerezza di certe tastiere, la musica dei Re Creation dovrebbe pendere verso la durezza e suoni taglienti, anche mantenendo lo stile compositivo attuale. La  capacità di suonare c’è (soprattutto la ritmica sa pensare bene) ma bisogna perfezionare la resa, e il songwriting va schizzato un pochino: metteteci più coraggio ragazzi!  Sky Robertace Latini


“SHADOWMAKER”       Running Wild  (dalla Germania)   -   2012

Il tedesco leader, cantante/chitarrista Rock’N’Rolf aveva detto che la band si sarebbe fermata, e invece dopo due anni dall’ultimo album, rieccola. Sezione ritmica alla Ac/Dc con riff stile Saxon e Iron Maiden, soprattutto nella voce alla Blaze Bayley che era il cantante dei Maiden nei due album del 1995 e del 1998. Brani strofa-ritronello che vogliono rimanere costantentemente nella semplicità.
 “PIECE OF THE ACTION” è un brano linearissimo, senza stravaganze ma divertente per la sua carica rock’n’roll orecchiabile  nel ritornello, e globalmente ballabile.  “I AM WHO I AM” è un 4/4 tirato fedelmente N.W.O.B.H.M. Maideniana del lato più diretto, qui con vocalizzazione molto molto Bayley. Poteva stare in uno dei due album dei Maiden (“The X factor” e “Virtual XI”  ). Ritornello super accattivante e funny.  La title-track “SHADOWMAKER” appare come il pezzo più serioso. Piuttosto Saxoniano sia per struttura che per stile del cantato (provate a pensarci inserita la voce di Biff), è un momento compatto di grinta e durezza. La batteria ricorda un po’ quella plastificata dei Judas Priest nell’album “Turbo” del (1986). Anche l’assolo chitarristico assume un ruolo importante dato che la sua durata supera la media di tutti gli assoli presenti nell’album.  “INTO THE BLACK” appare leggermente scuro, anche se si intravede (intrasente) un pò di Ac/dc. Il riffing non è proprio originale, ma si può soprassedere.  “DRACULA”, che chiude il lavoro, è invece la canzone maggiormente personale e interessante. Anche se anche qui la voce di Rolf è ancor più uguale spiccicata a quella di Bailey. La parte solista dona un forte senso di epicità alzando l’atmosfera emozionale, compresi alcuni guizzi strutturali successivi.  Pur essendo un disco che ascolto allegramente più volte, non siamo di fronte ad un capolavoro, e alcuni pezzi risultano troppo banali (per esempio “Me & the boys” è ridicolo) e di poco carattere.  Ma è un disco di puro Heavy Metal che merita cittadinanza, anche per la storia del gruppo che non è affatto un capitolo di basso livello. Forse il fatto che Rock’N’Rolf decida tutto, fa si che non in ogni disco la band si esprima al meglio.   Sky Robertace Latini


“MONEY, SEX AND POWER”    Kissin’ Dynamite  (dalla Germania)-  2012

Questa band non si prende troppo sul serio ma cavolo se sa darci dentro. Spinge il suo Heavy Metal dallo spirito rock’n’roll in tutte le formule esistenti senza snaturarsi mai. Il chitarrista Jim Muller si considera Sleaze Rock (il termine “sleaze” significa “sporco” o “trasandato”) che in realtà è Street Metal;  il chitarrista sente che essi sono non troppo duri, non troppo morbidi, a metà strada tra gli stradaioli Motley Crue e i pesanti Accept. Gli dò ragione. Il cantante poi, che ha solo circa vent’anni, sembra già bello che navigato: verve canora ineccepibile.   “MONEY, SEX AND POWER” è il brano più bello dell’album. Questa title-track fa ripetere “Bunga Bunga” ad una voce femminile. Alla Germania che prende in giro Berlusconi siamo abituati, però sentirlo da un gruppo rock è troppo divertente. Il chitarrista dice che il titolo dell’album, e del pezzo, è lo stesso di un articolo di giornale che parlava dello scandalo Berlusconi; a Jim pareva che il modo di fare di Berlusconi fosse una cosa totalmente da rockstar e l’hanno utilizzata. Ottimo Heavy Metal di classe, con un ritornello da cantare allegramente e ritmo da usare per scatenarsi.  “I WILL BE KING” non vuole abbandonare il ritmo sostenuto e ci fornisce una divertente Street Metal con un ritornello corale.  “OPERATION SUPERNOVA” incede con un middle-time che entra nello stile dei Guns And Roses, soprattutto per la voce.   “DINOSAURS ARE STILL ALIVE” cede ad una atmosfera meno diretta, ma comunque incisiva.  “SHE’S A KILLER” usa una verve con una attitudine punk anche se rimane totalmente metal, soprattutto nel ritornello alla Pretty Maids.  Usano spesso gli OOOh OOh dei coretti, cercando la partecipazione dell’ascoltatore che darà i suoi frutti ai concerti. La loro carriera è nata nel 2008 col primo album, e questo terzo è quello della maturità di chi ha capito cosa sta suonando. Compattezza ed energia, ma anche una forte personalità che rende i Kissin’ Dynamite padroni delle loro potenzialità. Alcuni rivoli derivativi non abbattono l’impianto dell’opera che funziona dall’inizio alla fine. Lo spirito non solo è quello giusto, ma supera i tanti concorrenti metal che suonano in tutto il mondo. Orecchiabilità e durezza, ironia e seriosità,  in un ottimo amalgama.  Let’go !  Sky Robertace Latini





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