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In questi anni abbiamo corso così velocemente che dobbiamo ora fermarci perché la nostra anima possa raggiungerci. (Michael Ende) ---- A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro. Sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi. (Carl Gustav Jung)

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO:QUANDO LA BANDA PASSAVA...
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220. RECENSIONI 2012 di Sky Robertace Latini



AS ABOVE, SO BELOW di   Angel Witch (dalla Gran Bretagna) – 2012

La band, capitanata dall’unico membro originale Kevin Heybourne (singer), compare dopo 25 anni di silenzio (l’ultimo disco era “Frontal assault” del 1986). Solo 4 album dal primo mitico del 1980, saltando a piè pari anni 90 e 2000 fino ad oggi. Si tratta della più pura NewWaveOfBritishHeavyMetal, realizzata nell’anno odierno dal gruppo che fu tra quelli che la inventò.  “DEAD SEA SCROLLS” parte leggiadra con una ritmica chitarra-batteria che fa venire in mente lo stile degli Ufo del brano “Doctor Doctor”. Una bella song fluida e costruita senza alcuna sbavatura, ricordando quell’Heavy Metal di inizi anni ’80, che percepiva ancora il feeling degli ultimi ’70. Linea vocale personale e bell’assolo di chitarra, solare e melodico. “THE HORLA” è uno splendido momento soft acustico il cui ritornello in realtà non è dolce, anzi tira fuori una anima dark e meno dolce. Si sente una atmosfera magica che trasporta l’ascoltatore in un mondo altro. Il brano si accende indurendosi nel finale, aumentando il ritmo ma anche rinforzando il lato oscuro del pezzo e infilando un assolo chitarristico intenso. “WITCHING HOUR” è una cavalcata degna degli Iron Maiden. Si percepisce un senso di malinconia nonostante la durezza, in un pathos ben sottolineato sia da voce che dall’arrangiamento. Classica la performance e classici gli assoli. “UPON THIS CORD” inizia in modo molto corposo in un riffing dark che prende un tempo cadenzato su cui si staglia la voce più Angel Witch possibile, in una composizione ossianica che dona quel senso stregonesco tanto caro alla band. Si aggiunge la parte solista delle chitarre, la quale è un momento dignitoso in se stesso per la sua forte personalità.  “BRAIWASHED” è il brano finale per chiudere in bellezza. Ritmo cadenzato per un Heavy Metal puro e incontaminato, dove interviene un’inscurimento sonoro nell’assolo finale. Gli A.Witch sono una band che è diventato culto, rimanendo nella storia metal per quel primo album del 1980 che è considerato uno dei lavori emblematici della N.W.O.B.H.M. Le prove successive non hanno mai raggiunto i livelli di quello. Qui invece possiamo dire che il risultato è veramente eccellente. Non si può paragonarli davvero alle cose attuali dato che la band appare ancorata al 100% al loro periodo di nascita. Ma ciò è avvenuto con successo esprimendo canzoni degne di allora, con la stessa medesima atmosfera e verve caratteriale, legata al senso del fantastico e del tenebroso. Una opera che mi ha trasportato in un meraviglioso viaggio nel tempo.   Sky Robertace Latini

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ELATION    di  Great White  – 2012

Di acqua ne è passata sotto i ponti metal da quel loro mitico primo album (anno 1984, dove svettava la bellissima “On your Knees”). Poi c’è stata anche la fase più blues dal ’01 al ‘99, ma questo è un album di sano e sporco Street Metal. “(I’VE GOT) SOMETHING” è la track iniziale e sferza subito col suo riff Led Zeppeliniano, cantando maleducatamente e senza tanti fronzoli. Ritmo sostenuto e feeling rockenrolleggiante pieno di grinta.  “FEELIN’ SO MUCH” è nel solco del più classico sound rock, ma si sente maggiore raffinatezza e minore cattiveria. “LOVE TRAIN” fa venire in mente l’hard rock sudista dei Lynyrd Skynyrd ma anche una spolverata di L.Zeppelin nell’interpretazione canora. L’armonica a bocca esalta l’americanità e la chitarra sottolinea la polverosità di questa calda atmosfera. “HEART OF A MAN” vive di un riff fortemente Ac/Dc, ma il ritornello vira verso il pop metal senza per questo cedere in valore. “LOWDOWN” corre lineare facendo dondolare la testa dell’ascoltatore. Non vi sono picchi di tensione, ma in tutto il pezzo c’è un continuo ritmo cadenzato che afferra e non lascia più. La linea melodica è accattivante e non c’è soluzione di continuità con l’assolo di chitarra che fluidamente lega la prima parte della song con la seconda quando riparte il ritornello. Un po’ Rolling Stones; un po’ AC/DC; un po’ Lynyrd Skynyrd; un po’ Tesla; un po’ Led Zeppelin; un po’ tanto di tutto dato che la band è totalmente nel solco tradizionale del tipico Metal che si rifà all’america più vera. Nessuna originalità ma tanto buon sound, anche se talvolta un po’ troppo levigato. Quest’anno forse i Crazy Lixx e sicuramente Slash hanno fatto meglio, ma “Elation” chiude alla perfezione il terzetto ed insieme, per chi ama il genere, fanno godere. Peccato per le quattro ballate che abbassano il livello del disco essendo esse piuttosto scontate. Non basta che in due di loro (“Promised land” e “Complicated”) si senta una interpretazione alla Tesla, band  Street Metal tra le migliori al mondo, le ballate così prevedibili annoiano a morte.  Sky Robertace Latini

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APOCALYPTIC LOVE di    Slash (USA)  -  2012

Non so cosa si aspetti la gente da Slash (l’ex guitar hero dei Guns&Roses); musica classica forse o una opera di teatro? Ho letto delle critiche insensate su questo disco, non deludente per molti ma comunque ritenuto di basso profilo. Qui c’è un lavoro di carattere dalla forte matrice Street Metal come si conviene al chitarrista in questione: proprio la musica che ci si dovrebbe aspettare da uno come lui. Inoltre con una personalità particolarmente intensa. A differenza del disco del 2010, dove le tracce erano state destinate ognuna ad una voce diversa (molti ospiti) in un collage riuscito ma non sempre omogeneo, in questo c’è una collaborazione a due dove Slash ed il chitarrista/cantante Myles Kennedy (membro degli Alter Bridge)  riescono a creare sia un ottimo songwriting che un ottimo arrangiamento; cercando di non strafare con la tecnologia ma usando lo studio per avvicinarsi il più possibile ad una registrazione live. “APOCALYPTIC LOVE” è title-track ed apripista contemporaneamente per dire subito che il disco non scherza. Brano sullo stile che più Guns and Roses non si può, anche la voce fa un po’ il verso ad Axel. Puro Street Metal, energico e grintoso, anche se al centro c’è un ponte soft alla Bowie.  “ONE LAST THRILL” è a metà strada tra un fulmine G&R e la sguaiatezza punk, quasi cantata alla Sex Pistols. Gran bella scarica di adrenalina, tirata e famelica, anche nel breve assolo chitarristico.  “STANDING IN THE SUN” possiede una verve di ampio respiro con un bel chitarrismo sia ritmico che solistico. Senza contare un cantato fluido e limpido, dall’ottimo feeling. Una traccia cadenzata ed elettricamente accattivante.  “HALO” si muove su un ritmo ballabile; usa un riffing un po’ denso per accompagnare una linea cantata leggermente teatrale.  “SHOTS FIRED” inizia con un riff che taglia come una sega. Ritmo cadenzato ed ossessivo per un brano corposo e duro.  Gli altri brani qui non segnalati? Tutti molto gustosi. Minori si ma di poco e probabilmente solo per i miei gusti. Veramente quelli che ho scelto non rappresentano bene il disco, poiché essi sono quelli più tirati (che volete, è la mia anima rock); in realtà c’è un gruppo di song che sono più articolate e dall’atmosfera leggermente meno diretta regalando emozioni meno violente che possiamo dire raffinate. Ecco quelle che posseggono forte intensità:  “You’re a lie” e “No more hero” si fanno suadenti e volitive, però poi entrano bene nella testa dell’ascoltatore. “We will roam” invece sembra costruita negli anni di fine ’60, come quei brani hippy dove i Figli dei Fiori ballano agitandosi tutti dinoccolati; ne è tipica la ritmica ed anche il modo di cantare che in alcuni passaggi sembra quella di david Bowie.  “Anastasia” invece prende la musica classica ma non vi resta invischiata perché poi se ne sgancia, trascinandosi dietro però la magia che si è prodotta, in una canzone seriosa e di pathos. Il risultato non è molto Slashiano, ma è ottimo.  Il titolo del disco fa riferimento alla fine del mondo (dato che è stata prevista per quest’anno) e a cosa fare il giorno prima dell’evento in questione (magari una donna?).  Alla fine molta chitarra anche perché sia Slash che il cantante sono esperti chitarristi. A tal proposito è interessante l’intervista a Slash nella rivista Rock Hard di maggio. Alla domanda se i due  si influenzassero a vicenda, egli afferma di aver imparato molte cose da Myles sul come suonare la chitarra, che essendo Myles migliore sullo strumento è Myles che ha influenzato Slash e non viceversa, nonostante Slash sia più vecchio. Bè, ragazzi, grande umiltà del nostro.  Sky Robertace Latini

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“A DIFFERENT KIND OF TRUTH”   di Van Halen  (USA-Olanda)  -  2012

La domanda che mi sono fatta dopo l’ascolto è: era l’album che desideravo da tanti anni? Risposta: No, ma era l’ottimo album che mi aspettavo. Dico questo perché l’album che desidero dai Van è un prolungamento della sonorità e della verve dei primi tre:“I”(1978); “II”(1979)e “Women and children first”(1980); quella tipologia che mi ha dato l’imprinting. C’è, tra i critici, chi separa l’evoluzione della band tra prima e dopo il cantante David Lee Roth; io direi invece che più correttamente si può pensare a tre fasi:
1.     Primi quattro album (in cui il quarto,“Fair Warning”, è a metà strada tra il terzo ed il quinto). E’ lo scoppio del nuovo fuoco metal, in cui la chitarra, e la scatenata follia della band, creano una elettricità rovente, dai suoni molto metallici.
2.     Poi due album (“Diver Dowm” e “1984”) con ancora Roth alla voce. In cui si evince una sterzata Hard Rock, dal suono moderno ma meno metal.
3.     Infine gli album dal 1986 senza David, dove l’hard si percepisce ancora di più.
Questo lavoro è del tutto sullo stile iniziale, dove le due prime fasi si amalgamano, anche se io vi vedo più l’atteggiamento sonoro di “Diver Down” e “1984”. Perciò sono felice del risultato, ma la furia dei primi tre dischi manca, anche se pure là vivevano essenze blues e orecchiabili, ma con una forza più primitiva e istintiva.  “SHE’S THE WOMAN” è addirittura un brano composto nel 1976 (sponsorizzato da Gene Simmons, il vampiro dei Kiss). Infatti il suono riporta agli album sopracitati, anche se con una registrazione meno elettrica. La ritmica entra subito nelle vene, e rimane dentro pur stando in una struttura semplice. “BLOOD AND FIRE” inizia con la chitarra acustica e prosegue con un sound morbido, ma basso e batteria mantengono sempre un ritmo incalzante. Una bella interpretazione calda e melodica di David Lee Roth, ricordando molte sue vecchie espressività. Urlo a presentare il breve assolo chitarristico che sguscia via, oliato e inafferrabile. “BULLETHEAD” è una traccia d’attacco, di quelli classicamente Van Halen, che poteva stare in “Fair Warning” del 1981, lo stile è quello. Linea melodica che non spazia molto rimanendo piuttosto granitico e monocorde, e proprio per questo efficace in questa canzone, mantenendone la durezza del carattere. “HONEYBABYSWEETIEDOLL” è la traccia più originale e moderna. Riff cupo e ritmo cadenzato. Non so che cavolo significhi lo strano titolo, ma qui il lato musicale è assolutamente particolare; il tutto risulta anticommerciale a pare voler dare spazio ad una chitarra quasi sperimentale che ricorda certi arrampicamenti del super-iper Steve Vai. “OUTTA SPACE” è un brano veloce e piuttosto Heavy. Cori di vecchio stampo VanHalesco e una linea vocale semplice e diretta. Assolo chitarristico tagliente e pulito. “STAY FROSTY” è rockenrolleggiante come altri pezzi sfornati dai van Halen; come esempio si può accennare ad “Icecream man” dal I album. Divertente, ironico, tirato e pieno di brio. “BIG RIVER” è un cadenzato 4/4 corposo. Ritmica prettamente Van Halen. Accattivante ma energica composizione. Di brani brutti neanche l’ombra. E anche il tanto denigrato pezzo d’apertura, “Tattoo”, considerato commerciale, tanto commerciale alla fine non è, sebbene orecchiabile. Non assomiglia mica a certe banalità AoR, o a certo Hair metal meno duro; siamo al cospetto di un rock dalle forti basi blues; è il brano che non ha mai composto gente come Eric Clapton e compagni. Ho l’impressione che il desiderio di roba dura non faccia apprezzare le cose ben fatte di altri generi rock. Anche per me è un brano minore nel contesto dell’album, ma del tutto godibilissimo.  Altro brano minore è “You and your blues”, ma va segnalato poichè è una delle tracce più attuali e più lontane dai Van Halen, con un’anima americaneggiante sullo stile dei Nickelbach e di certo Punk adolescenziale.  Chi vuole parlare male dei Van Halen lo faccia, ma a parte i preconcetti o i gusti, su questo disco la band non cade. Le radici blues si percepiscono, tra Hard Rock anni ‘70 ed Heavy Metal anni ’80, riconosciamo le caratteristiche che fecero dei Van Halen degli innovatori; ora fedeli a se stessi e poco avvicinabili ad altri gruppi ancora adesso. Sebbene la metà delle composizioni, per loro stessa ammissione, sono ripescati da brani mai usati negli anni del loro passato, si vede che non si sono limitati al compitino, anzi, siamo di fronte ad un lavoro mai scontato. Ho sentito una persona dire di non averlo apprezzato poiché troppo pieno di cose; in effetti è pieno di movimento e di passaggi elaborati, ma è proprio questo il valore aggiunto dell’opera. Non siamo di fronte ad un risultato plastificato, ma ad una verve raffinatamente artistica, quindi anche tecnica.  Sky Robertace Latini


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IN QUESTI ANNI ABBIAMO CORSO COSÌ VELOCEMENTE CHE DOBBIAMO ORA FERMARCI PERCHÈ LA NOSTRA ANIMA POSSA RAGGIUNGERCI

(Michael Ende)

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A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro, sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi.

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