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In questi anni abbiamo corso così velocemente che dobbiamo ora fermarci perché la nostra anima possa raggiungerci. (Michael Ende) ---- A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro. Sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi. (Carl Gustav Jung)

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO:QUANDO LA BANDA PASSAVA...
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232. ISRAELE METAL di Sky Robertace Latini


Se ci si aspetta un suono da “mille e una notte” dal metal israeliano, non sempre ci si azzecca. L’ispirazione è rock di pura matrice occidentale, anche quando il cantato è in ebraico.  Non posso dire di conoscere il panorama israeliano del metal (e nemmeno del rock), visto che in tutta la mia vita ho ascoltato solo due dischi da quella nazione. Però voglio raccontare le mie sensazioni sui due, perché comunque li reputo particolari.  Uno l’ho acquistato proprio in Israele ed è quello con le scritte in ebraico, che per capire come leggerne i suoni ho dovuto guardare su internet: si tratta di “FORTE” (2007) degli HaYehudim che posseggono una verve gotica che sanno amalgamare con tutti gli altri tipi di rock, dall’Hard fino ad un certo Crossover. Un’altro è “THE NEVER ENDING WAY OF ORWARRIOR” (2010) degli Orphaned Land, gruppo completamente inserito nel Prog - Metal. Le diversità fra i due approcci sono evidenti, ma entrambi possono dirsi di non facile assimilazione.  Se certe fattezze tipiche del medio oriente ci sono, esse stanno comunque nei limiti di un modo di intendere la musica molto internazionale. Gli HaYehudim hanno un sound moderno e poco incline a indulgere nell’orientaleggiamento, mentre gli Orphaned Land ne fanno grande uso, pur lasciandosi trasportare dalle influenze dei grandi del prog europeo.  Bisogna rendersi conto, e chi ascolta molto rock lo sa, che in occidente spesso i ritmi e le atmosfere orientaleggianti sono utilizzate, anzi, ormai sono un elemento base diffusissimo da decenni (iniziarono i Beatles negli anni ’60, anche se più di stampo indiano). Anche l’Hard Rock classico ne è un esempio: Blackmore coi Rainbow in “Gates of Babylon”.  Ma anche i metaller Blind Guardian, ai giorni nostri, in “Wheel of time” (dall’album “At the edge of time” – 2010), dimostrano che il sound orientaleggiante, del medio oriente soprattutto, è ormai una tradizione acquisita nel rock e specialmente nel metal, che ne fa comunemente uso. Ciò fa si che un disco come quello degli Orphaned Land non appaia estraneo alla mentalità dei rocker di tutto il mondo. Alla fine entrambi possono essere posti nel calderone Progressive se intendiamo per Prog l’utilizzo di tante influenze diverse. Ma mentre ogni brano degli O.Land è un perfetto amalgama di varie sonorità, gli HaYehudim tendono a lasciare separate le diverse influenze, così da creare brani molto distanti tra loro per tipicità, anche se poi sono bravi a ricondurli alla propria espressività. Quindi gli O.Land sono Progressive all’interno della categoria in senso stretto, mentre gli HaYehudim lo sono solo in senso lato.  Effetto fa invece guardare il lato artistico dell’immagine, dei testi e del moniker. Se prendiamo gli HaYehudim, vediamo che la traduzione del loro moniker non è altro che “Giudei”, come volessero imporre la loro appartenenza culturale. E infatti poche sono le song cantate da loro in inglese. Mentre gli Orphaned Land hanno appunto scelto di essere chiamati “Terra Resa Orfana”; considerando la storia di Israele e del suo popolo, la cosa appare poco casuale e veramente diretta. E a rendere la cosa ancora più curiosa sta il fatto che tra le foto con cui si fanno pubblicità ce n’è una, se andate sul sito la vedete, in cui i sei componenti della band sono vestiti: due da arabi, due da ebrei (col tipico cappellone), uno da Gesù e soltanto la donna appare normale (se lo è), anche se in altre foto appare nelle vesti di cristiana tenendo stretta in mano una croce; la provocazione c’è ma non viene esplicitata con chiarezza, appare leggermente blasfema. Invece il significato reale che la band voleva dare è quella del bisogno di non dividersi uno contro l’altro ma di portare l’unione tra gli uomini pur conservando mentalità di culture diverse. Ad ogni modo sembra che non si tratti di band tranquille, ma come il metal insegna, provacatrici e politicamente incorrette. Del resto gli HaYehudim in patria sono in mezzo alle polemiche per i testi considerati talvolta ideologici. Sembra, e la cosa mi ha sorpreso considerando la necessità di trovare un mercato, che gli Israeliani non abbiano remore a farsi carico della propria diversità, e che quindi non cerchino il successo facile all’estero. Non so per gli HaYehudim, ma gli Orphaned Land, all’inizio di questo anno sono andati in tournè in Europa, pure in Italia, con un gruppo metal tunisino, i Myrath, (erano presenti anche altre band): arabi ed ebrei insieme sullo stesso palco. La cosa non dovrebbe stupire perché ormai si sa che l’arte unisce e fa fare cose in altre situazioni impossibili. Le barriere si abbattono anche a suon di metal. Intervista a Matti Svatitzki, chitarrista degli Orphaned Land (Metallized-2011): “Era nostra intenzione portare in Europa un tour che comprendesse band dal forte taglio mediorientale/maghrebino e certamente la componente simbolica è molto forte”.  Come a dire: “non abbiamo scelto questo raggruppamento di musicisti solo per motivi estetici e musicali, ma anche per dare un messaggio socio-culturale (vogliamo dire anche politico in senso allargato?)”. SKY ROBERTACE  LATINI

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IN QUESTI ANNI ABBIAMO CORSO COSÌ VELOCEMENTE CHE DOBBIAMO ORA FERMARCI PERCHÈ LA NOSTRA ANIMA POSSA RAGGIUNGERCI

(Michael Ende)

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A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro, sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi.

(Carl Gustav Jung)