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In questi anni abbiamo corso così velocemente che dobbiamo ora fermarci perché la nostra anima possa raggiungerci. (Michael Ende) ---- A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro. Sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi. (Carl Gustav Jung)

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO:QUANDO LA BANDA PASSAVA...
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330. “NOW WHAT ?!” Deep Purple (U.K.) – 2013 di Sky Robertace Latini





Dopo tanti anni (otto per la precisione), esce un altro disco dei mai stanchi Deep; e si sappia che è una delle band che più suonano in giro per il mondo, perchè durante il silenzio discografico hanno comunque sempre fatto concerti (li ho visti a Perugia quattro anni fa). E l’affiatamento che hanno così raggiunto è ben percepibile nella nuova opera, di gran lunga più bella delle due sfornate nel 2003 (“Bananas”) e nel 2005 (“Rapture of the deep”), comunque suonate con la stessa formazione. Gillan racconta infatti che la voglia di pubblicare un album di brani inediti è tornata volendo  suonare come agli esordi, improvvisando in session strumentali, suonando in studio come se si fosse dal vivo; e che ciò è stato possibile proprio per i tanti anni passati in tour. Siamo ormai al diciannovesimo lavoro dal 1967, e che sono mutati dal passato si sente, anche se le vecchie basi affiorano sempre. “A SIMPLE SONG”  inizia con un momento soft (usato a volte in modo simile anche dagli Iron Maiden), in cui la chitarra liquida è un bell’intro suadente, continuato da una voce morbida di Gillan, anche il finale riprende lo stesso tono soffuso. Ma il brano non è calmo, infatti poi chitarra ritmica e tastiere sulfuree alla Lord (l’ormai compianto) si accendono corpose, su un middle-time grintoso. L’assolo di tastiere è il nucleo centrale che ricorda i tempi andati. Ritornello arioso e alla fine brano di gran temperamento. “WEIRDISTAN” mantiene lo stesso ritmo medio, ma anche qui il pezzo si mantiene sempre tonico. C’è il giro chitarristico orientaleggiante alla Blackmore, stilisticamente ben conosciuto, ma il ritornello alza la verve emozionale del brano. Ancora tastiere in primo piano nell’assolo, e subito dopo pure la chitarra solista s’immette per un suo breve momento. “OUT OF HAND” termina il trittico iniziale dell’album, che risulta interessante, e prosegue con ritmo medio. Inizia come le tastiere dei Queen di “Innuendo” ma risultano l’unica l’affinità; infatti il riff è classicamente Deep. Contiene un pathos che è più efficace nella linea melodica piuttosto scura della strofa, piuttosto che nel ritornello è un po’ leggerino, anche se l’insieme è assolutamente ottimo. “HELL TO PAY” è forse il brano più tipicamente Deep Puple stile anni ’80, ed è anche la canzone più dinamica e dallo spirito rock’n’roll. Divertente e scorrevole è anche uno di quelli che in concerto diventano corali. L’assolo di chitarra è Blackmoriano che più Blackmore non si può. Si inserisce all’interno un intermezzo solistico che riprende sfacciatamente gli standard dei live anni ’70, accostabile alle caratteristiche di “Made in Japan”, ed è interamente un momento tastieristico. “BLOOD FROM  A STONE” è un blues che si dipana sorretto da una ritmica soft sorniona molto anni ’70, per poi impennarsi con distorsioni e toni d’accensione improvvisa nel ritornello. Il basso d’inizio ricorda “You keep on moving” dell’album dei Deep “Stormbringer” (1974). L’assolo è tastieristico prima e chitarristico dopo, ma la chitarra infila acuti aggressivi anche nell’arrangiamento. Un brano d’atmosfera pregno di pathos. “UNCOMMON MAN” fa molto progressive (persino nella chitarra solista iniziale, fluidissima e sognante) invece torna ancora l’anima hard anche se per  circa due minuti potevano essere gli Yes. Il giro di tastiere continua a fornire questo tipo di interpretazione (tra gli Yes  e i Led zeppelin di “Achilles last stand” dall’album “Presence” del 1976) e in effetti non possiamo parlare di puro Hard rock, anche perché Airey continua a dargli quell’input persino col suo assolo che è più alla Wakeman che alla Lord. Solo l’assolo di chitarra riporta a galla lo spirito Deep Purple. “APRES VOUS” è un’altra volta prog nell’iniziare con le tastiere, ma stavolta si tratta solo di una finta. Al centro si apre un intermezzo solistico prog-hard  sopra una ritmica jazzata che va oltre la struttura della composizione. “ALL THE TIME IN THE WORLD” esula un pò dallo stile Deep Purple, per calarsi nei panni del miglior Eric Clapton. Un blues-soul che smuove il corpo e fa venire la pelle d’oca per la sua classe ed eleganza. Bravo e caldo, un Gillan in gran spolvero. Il tasterista Don Airey, già famoso con Blackmore nei Rainbow,  è una delle presenze più forti nella strumentistica del disco.  Lo si capisce soprattutto nella traccia di inizio; in “Hell to pay” e in “Blood from a stone”, ma la sua anima di “organo hammond” e non solo, ridonda in tutto l’album. Tanto di cappello anche al chitarrista Morse che qui è migliore che negli album precedenti. Che dire? Un lavoro di altissimo livello, si predilige più o meno sempre il tempo medio, ma non si sente la necessità di velocizzare l’ascolto. Chi si aspetta pezzi quasi Power come “Highway star” o “Fireball”, sappia che non ne troverà. E non troverà nemmeno gli acuti famosi del cantante. Ma è tutto così affascinante che non c’è bisogno di virtuosismi particolari. La tecnica c’è e si sente ma mai eccessiva; ciò che è stato curato è proprio il song-writing, prediligendo la forma strutturale che le parti solistiche così da non sbrodolare. Gli intermezzi nei brani (per esempio in “Hell to pay” o in “Apres vous”) in realtà escono un po’ fuori dal contesto, ma non esagerano mai, e pur facendo sentire il loro peso, lasciano equlibrata ogni composizione. Chi se l’aspettava un disco di tale caratura dopo tanto tempo. Hanno scelto un hard rock tranquillo ma pieno di feeling. riuscendo a rinnovarsi rimanendo se stessi. Questi creatori di un genere musicale sanno ancora cavalcare con alta dignità.  Sky Robertace Latini

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IN QUESTI ANNI ABBIAMO CORSO COSÌ VELOCEMENTE CHE DOBBIAMO ORA FERMARCI PERCHÈ LA NOSTRA ANIMA POSSA RAGGIUNGERCI

(Michael Ende)

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A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro, sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi.

(Carl Gustav Jung)