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In questi anni abbiamo corso così velocemente che dobbiamo ora fermarci perché la nostra anima possa raggiungerci. (Michael Ende) ---- A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro. Sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi. (Carl Gustav Jung)

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO

LA FOTO DELLA SETTIMANA  a cura di NICOLA D'ALESSIO
LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO:QUANDO LA BANDA PASSAVA...
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357. RECENSIONI 2013



“BATTLE BEAST” Battle Beast (Finlandia)  -  2013
Appena esordita (il primo album “Steel”), ecco subito, dopo un solo anno, il secondo disco della band. C’è stato un cambio di cantante, una donna che ai più non fa rimpiangere l’altra. Ottima anche questa Noora Louhimo che ha una voce meno maschile di Nitte Valo ma che rimane comunque potente, sebbene più roca. Io comunque non sono “i più” e preferivo Nitte con la sua verve più personale. Il gruppo si è separato dalla cantante senza sapere perché, con una semplice mail di Nitte che non lo spiegava. La nuova non aveva alcuna esperienza col metal, ma da come vi si approccia, pare che questa sia stata sempre la sua predisposizione. “LET IT ROAR” vive di un arrangiamento orecchiabile ma è arrembante grazie soprattutto al ritornello urlato della nuova cantante. Un 4/4 dinamico e ballabile. Una linea melodica e passaggi molto Judas Priest. Non si tratta di un brano che raggiunge apici originali ma sa fondere la grinta con il piglio di chi ha imparato bene la lezione. “RAVEN” è il pezzo forse più bello e più duro. Classicamente Power Metal alla Judas Jriest, dove la voce roca di….si dedica interamente alla cattiveria ed alla potenza. Chitarra ritmica in pimo piano e forte velocità. Lineare ed epica. “MACHINE REVOLUTION”, dopo l’intro elettronico, si rivela allegra e accattivante. Ritmo saltellante e leggero con un tono globale di freschezza. Commerciale ma senza scadere nella banalità. “KINGDOM” è un pezzo epico che segue l’antica scia degli statunitensi Manowar. Compatto e corale, dà quella scossa di durezza senza essere davvero pesante. Tappeti di tastiere che enfatizzano un’anima appena accennata di sinfonismo. Caratteristica di questa traccia la parte strumentale centrale in cui è inserita la struttura solista chitarra-tastiere, la quale diventa l’elemento di valore della composizione. “OVER THE TOP” ricorda il modo in cui i Judas usavano lo stile degli AC/DC. Il primo gruppo lo si sente nelle strofe, il secondo invece nel ritornello e nell’assolo di chitarra. Canzone cadenzata da usare bene in sede live. “BLACK NINJA” è una canzone di tempo medio dove la voce suadente e limpida si alterna a quella ruvida per poi scoppiare in un ritornello acuto. Il basso bluesato, anche troppo abusato nel metal, è comunque perfetto. Bella anche la chitarra solista acustica che precede l’altrettanto efficace per quanto breve assolo elettrico. “RAIN MAN” è un ‘altro bel pezzo massiccio, forse il migliore insieme a “Raven”. Fa venire un pò in mente i tedeschi Accept. Ritmica secca e basso martellante. Si può fare un bel “guitaring” misto ad “headbanging”. Buona l’attenzione data alla parte solista. “Fight, Kill, Die” è un bel brano veloce ma minore, poiché lo stile è troppo alla Manowar (e la chitarra iniziale fa venire in mente le Girlschool). Sono contento di questo lavoro, ma un po’ deluso perchè non c’è evoluzione rispetto all’altro. Si è voluto invece usare una dose massiccia di elettronica, rendendo il suono eccessivamente plasticoso, e in questo possiamo associarlo a ciò che fecero i Judas con “Turbo”. Il songwriting non è abbastanza elaborato preferendo linee compositive semplici, di facile assimilazione. In “Steel” metà dei brani erano inferiori a questi, ma l’altra metà ben superiori. Ad ogni modo la grinta rimane: la “bestia da battaglia” combatterà ancora a lungo. Sky Robertace Latini
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“ELECTRIC PUNISHMENT”    Vicious Rumours  (USA)  -  2013
Undicesimo disco dal 1985. Si prosegue il discorso stilistico del 2011 (“Razorback killers”) aumentandone però pathos e potenza e quindi ottenendo miglior risultato ora di allora. “I AM THE GUN” è una micidiale bordata di cattiveria metal che si avvolge in uno stile thrashato di Power Metal molto vicino ai Metal Church più violenti. Ma qui è anche evidente un cantato aspro a volte ispirato alla Mustaine dei Megadeth dei primi lavori. La composizione lascia spazio ad un momento solistico meno veloce ma dal carattere sulfureo. Globalmente la ritmica non è velocissima, ma la dinamicità è alta. “BLACK X LIST” usa invece tutta la velocità possibile per questo metal d’acciaio. Voce scura e dominatrice. Chitarra solista continuamente accesa sopra un muro di suono compatto. “D-BLOCK” è un’altra scheggia di velocità. Furiosa ma accattivante nei limiti del possibile. Una valanga di metallo incandescente che rallenta soltanto con l’assolo di chitarra che appare magmatico e poi schizza riversandosi di nuovo nella velocità ultraserrata. “DIME STORE PROPHET” usa un ritmo medio per una song ossessiva la cui voce maligna sa dosarsi bene in un acido scolo di metallo corrosivo. Anche qui le parti soliste si fanno sentire più volte con estrema funzionalità. La title-track (“Electric punishment”) è gustosa ma perde valore in confronto ai pezzi migliori dato un song-writing assolutamente noto, in questo caso vicino agli Accept. I brani più calmi non sono male ma l’interpretazione vocale lascia un po’ a desiderare per la non perfetta esecuzione. Il gusto per il suono riffico fortemente addensato è evidente, dove anche la voce di Brian Allen è però prodotta con un effetto coagulante altrettanto efficace. Lo stile è debitore dei Metal Church, sebbene non si possa evitare di notare che lo è anche verso i Judas Priest. Questo metal tradizionale che si abbevera al Power metal e al Thrash più “orecchiabile”, non perde attualità nei pezzi migliori ma quelli minori sono minori proprio a causa di una elaborazione troppo vintage. L’energia è tanta e lo schema segue una linea pesante, quale il genere che si rifà agli ’80 può permettere. Sky Robertace Latini
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“I”  Giant X  (Germania)  -  2013
Due musicisti si mettono insieme per riempire un album con canzoni che non rappresentano la loro specifica carriera con la band d’origine. Allora serve un nuovo progetto che loro chiamano “Giant X”, il quale diventa un contenitore per materiale senza pretese, che però riesce bene. “ON A BLIND FLIGHT” è una classica heavy metal song compatta, dalla struttura lineare strofa-ritornello con un 4/4 mediamente veloce. Ma fa muovere il corpo e cantare un ritornello orecchiabile. “BADLAND BLUES” è un bel brano che usa chitarra sleaze e cadenza ossessiva in un middle- time ondulatorio. “NOW OR NEVER” è un brano frizzante, ben sostenuto dalla ritmica, che riesce a  risultare intrigante pur nella estrema semplicità. Un altro arrangiamento ne avrebbe accresciuto il carattere epico. “ROUGH RIDE” inizia con una armonica a bocca che ci ricorda il sud degli Stati Uniti, poi diviene un robusto Hard Rock sudista che starebbe bene in un album dei Lynyrd Skynyrd. Forse il brano più riuscito del disco. Il risultato non è un album molto duro, ma un divertimento più meno allegro dove si trovano atmosfere seriose anche, ma soprattutto funny. Sembra che R’n’Rolf e Peter Jordan (rispettivamente cantante e chitarrista dei Running Wild) abbiano avuto in mente questi istintivi ritornelli come quando si canticchia sotto la doccia, e abbiano voluto esprimerli con il piglio di chi si trastulla e vuole esprimersi giocosamente senza predersi troppo sul serio, ma senza nemmeno scrivere banalità. I brani minori non annoiano, anzi dà gusto ascoltarli pur non essendo granchè. Anche i brani migliori non saranno memorabili, ma comunque rendono piacevole un bel viaggio in automobile. Loro si sono divertiti a realizzarlo e ora ci divertiamo noi ad ascoltarlo. Sky Robertace Latini
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“NOVUM INITIUM”    Masterplan (Germania) – 2013
Cambio di cantante: è andato via Jorn Lande, è arrivato Rick Altzi  (Ex-At Vance). Lo stile non cambia anche se decisamente differente l’interpretazione. Siamo all’album n. 5 (il primo era del 2003) e qualitativamente non c’è alcun calo rispetto all’ultimo “Time to be king” del 2010. Diversa la voce ma stessa grande prova globale.  “THE GAME” è un brano d’attacco che inizia dopo un intro sinfonico. Un brano Power metal pieno, enfatico e fortemente dinamico in cui la linea cantata pur essendo orecchiabile è decisamente rock. Il pezzo più bello, insieme alla title-track, di questo lavoro. “BLACK NIGHT OF MAGIC” possiede un arrangiamento morbido (soprattutto per via delle tastiere), ma invece è duro e pressante. Resta nella scia del metal classico, con una vicinanza a cose dei finlandesi Sonata Arctica, anche nella base ritmica. “BETRAYAL” è un brano dal tempo medio con vari inserti sinfonici. Una bella traccia dall’ampio respiro, niente affatto scontata. Si percepisce un tono serioso e d’atmosfera. “NO ESCAPE” è un brano assimilabile a “Betrayal” per le sue aperture atmosferiche, sebbene più fresco e frizzante. Bel ritornello melodico. Assolo chitarristico classicheggiante. “NOVUM INITIUM” possiede minimi connotati progressive, ed è qui il lato di maggiore ampiezza espressiva della band. Il pianoforte iniziale aiuta ad entrare in tale atmosfera ma lo fa anche l’assolo tastieristico. La voce qui si fa talvolta diversa, più aspra e oscura; ancora più che in altri parti si sente Ronnie James nella tipologia vocale. Non è una song lineare, ma si diverte a diversificarsi.  Davvero una perla artistica, una minisuite di 10 minuti, che insieme a “The game” crea la coppia stupenda di questa opera. “FEAR THE SILENCE” chiude l’album con durezza e afflato scuro. Brano lineare che si basa su di un riff ossessivo e sulla linea vocale intensa. Unica pecca l’”Aaah Aahahah” del ritornello che assomiglia a qualcosa, a qualche pezzo di brano altrui. Parliamo di un metal robusto bene innestato sull’Hard Rock di fine anni ’70 e inizio anni ’80, quello di scuola Ronnie James Dio o David Coverdale; che appare di qualità se si avvicina al primo, meno se si avvicina al secondo. Infatti lo stile di Coverdale è utilizzato nelle song più ruffiane ma proprio per questo meno personali, finendo per creare brani standardizzati e quindi minori. La voce è sempre maschia e si muove con grande professionalità ma anche passionalità. Grande chitarra di Roland Grapow, sia per la ricerca dei riff nei pezzi migliori, sia per i begli assoli (del resto egli è il leader). Certo senza Blackmore, Dio e i Rainbow, i Masterplan non sarebbero esistiti: ma siccome loro non esistono più (Blackmore suona tutt’altro), i Masterplan ne sono degni successori. Il titolo dell’album concerne la sostituzione dei membri di formazione che non si è limitata a quella del singer, ma che comprende anche il bassista con l’acquisto di Jzari Kainulainen (ex-Stratovarius), e il batterista con l’acquisizione di Martin Skaroupka (ex-Cradle Of  Filth). Un disco bello e a tratti originale. L’arrangiamento è ottimo, cerca sempre arricchimenti sonori e passaggi efficaci. Sky Robertace Latini
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“STEELHAMMER”     Udo    (Germania) – 2013

Al quattordicesimo album della sua carriera solista l’ex-cantante degli Accept fulgidamnente propone il suo classico stile senza cercare rinnovamenti, se non qualche schizzo di novità qua e là. Mettendo un titolo supermetallaro (martello d’acciaio), il roco singer ci dice già quali sono le sue intenzioni, anche se poi troviamo anche due ballate, una molto sdolcinata. “BASTA YA” non è propriamente una canzone alla Udo, soprattutto perché cantata in spagnolo, ma è uno di migliori brani grazie a una linea vocale ed ad un ritornello azzeccati e immediati, sostenuti da una ritmica cavalcante fluida. Brano anche epico se vogliamo, ma che sfila leggero e semplice pur proponendo una forza intrigante. “DEVIL’S BITE” inizia con una tastiera elettronica, ma per il resto è compatta e chitarristicamentedistorta. Brano middle-time dall’atmosfera sulfurea. Cori pirateschi e assolo decorato da effetti (sebbene non virtuosistico) arricchiscono l’ascolto atmosferico. “DEATH RIDE” è uno dei pezzi che al suo interno cambia maggiormente velocità. Il  ritornello sostenuto dal coroe   l’assolo di chitarra stanno nella parte veloce mentre il resto è sul tempo medio. Risulta tra i migliori del disco. “TIMEKEEPER” prosegue le fila del ritmo medio. Presenta una atmosfera scura indirizzandosi verso un andamento oppressivo. “TAKE MY MEDICINE” vira verso una Priestiana interpretazione tipo “You’ve got another thing comin’”. Cadenzata e martellante rimane nel middle-time; è nell’assolo che diventa qualcosa di più, in una espressione solistica divisa in due parti: la prima spumeggiante e la seconda sinuosa e particolare. “STAY TRUE” finalmente torna veloce con una quasi Manowariana tirata. Leggermente epica, asciutta ma dinamica, con l’assolo che anche qui dona quel tocco che fa la differenza, esprimendosi in modo sufficientemente articolato. Perfetta per essere eseguita live. “BOOK OF FAITH” è la traccia maggiormente originale. Usa un suono da film di 007, poi continua con tono marziale, e termina in maniera quasi solenne con le tastiere evocative (un finale un po’ semplicistico ma comunque d’effetto, anche se io vi avrei aggiunto un lungo assolo). Ritroviamo il ritmo medio. La voce rimane aspra e acutamente cartavetrosa come sempre. I brani d’impatto che iniziano l’album in realtà sono i più scontati e quindi mediocri. Il meglio arriva dopo, con le composizioni meno dirette. In tutto il lavoro prevale un metal quadrato nonostante due ballate che ammorbidiscono l’insieme (in realtà “Heavy rain” si discosta totalmente dal sound di Udo, infilandosi in una canzonetta alla Frank Sinatra che però, grazie alla voce roca, diventa una cosa interessante). La critica si è divisa tra promozioni e bocciature, diciamo che Udo ha saputo anche fare di meglio, ma io promuovo, e pure con un buon voto, dato che trovo assolutamente non spersonalizzato il suo sound. Eccetto tre pezzi leggermente anonimi, per il resto si denota una ispirazione ancora produttiva. Il lavoro è solido; forse non incendiario (del resto i brani meglio riusciti sono quellli meno veloci), forse non deflagrante, ma visto che si è preferito il lato cupo e raccolto, quest’ultimo è riuscito ad intrigarmi e a farmi venire vogli di rimettermi al suo ascolto. Sky Robertace LATINI




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IN QUESTI ANNI ABBIAMO CORSO COSÌ VELOCEMENTE CHE DOBBIAMO ORA FERMARCI PERCHÈ LA NOSTRA ANIMA POSSA RAGGIUNGERCI

(Michael Ende)

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A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro, sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi.

(Carl Gustav Jung)