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In questi anni abbiamo corso così velocemente che dobbiamo ora fermarci perché la nostra anima possa raggiungerci. (Michael Ende) ---- A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro. Sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi. (Carl Gustav Jung)

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO:QUANDO LA BANDA PASSAVA...
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364. STORIA DEL FEMMINISMO – PER NON DIMENTICARE di Chiara Passarella



Sto frequentando un corso di formazione ed aggiornamento presso la Scuola Umbra di Pubblica Amministrazione sulle questioni di genere e pari opportunità, i Comitati Unici di Garanzia e le garanzie antidiscriminatorie. Martedì ultimo scorso ho seguito la lezione sull’approccio alle questioni di genere tenuta dalla professoressa Cristina Papa. Al termine della lezione mi sono resa conto di quanto il femminismo sia un movimento sociale, politico e filosofico in continua evoluzione, che muta col mutare dei tempi e la cui storia, lunga e complessa, non deve essere  dimenticata. Ne è nata l’esigenza di scrivere questo post. Il femminismo nasce dalla presa di coscienza di una asimmetria, di una disuguaglianza tra i sessi a livello sociale. È quindi innanzitutto una denuncia di tale situazione, dei rapporti di potere e di gerarchia che essa instaura nella società, dei processi di esclusione, svalorizzazione, stereotipizzazione che determina nei confronti di un sesso da parte dell'altro sesso. Il femminismo propone sia azioni e iniziative sul piano pratico-politico, sia discorsi sulle donne e sugli uomini, sui rapporti di sesso e sulla rilevanza dell'appartenenza di sesso, che mirano a dare un fondamento teorico a questa denuncia. Il femminismo è quindi contemporaneamente un movimento sociale e politico - ancorché diversificato al proprio interno e nei diversi periodi e contesti - e un discorso teorico (a sua volta costruito attraverso una pluralità di discorsi): sui rapporti tra i sessi, sullo statuto simbolico dell'appartenenza di sesso, sulla donna, sul cui statuto di soggetto occorre interrogarsi al di fuori delle strettoie imposte da un discorso elaborato a partire da rapporti di sesso asimmetrici e a dominio maschile. Se il femminismo può essere definito come lavoro di riflessione e insieme azione di trasformazione delle donne sulla propria esperienza nel mondo, le diverse interpretazioni di questa asimmetria, le diverse soluzioni teorizzate e proposte danno vita ai vari femminismi presenti sulla scena storico-sociale e nella riflessione teorica. Esistono infatti molti femminismi storici, anche conflittuali tra loro, sia sul piano teorico che su quello politico. Basti pensare al proliferare di specificazioni e varianti terminologiche che hanno designato il femminismo lungo tutta la sua storia. Così, le femministe degli anni settanta si dividevano in marxiste, socialiste, radicali, a seconda del legame che stabilivano con altre tradizioni teoriche e politiche, o anche in femministe dell'autocoscienza piuttosto che dell'intervento sociale, del salario per il lavoro domestico o dei gruppi per la salute della donna, a seconda della tematizzazione dell'esperienza femminile, e quindi anche delle modalità di aggregazione e d'intervento che venivano privilegiate. Più recentemente le posizioni relative allo statuto attribuito alla differenza sessuale hanno prodotto distinzioni e divergenze tra 'essenzialiste' e storiciste o post-strutturaliste  e tra modi diversi di porre la questione della costruzione politica e della rappresentanza del soggetto femminile. Anche nell'Ottocento, peraltro, le femministe si distinguevano non solo tra socialiste e borghesi, ma anche tra suffragiste (suffragette) e operaiste, e così via.  La storiografia del femminismo ha ulteriormente arricchito questo vocabolario, nella misura in cui ha tentato delle classificazioni a posteriori dei vari femminismi esistenti basandosi sui diversi quadri teorici e politici di riferimento, e sulle definizioni di donna, di bisogni delle donne, di diritti delle donne, che venivano utilizzate più o meno esplicitamente. Non si tratta, ovviamente, di pure questioni nominalistiche, soprattutto per quanto concerne i processi di auto identificazione da parte di movimenti e di singole; si tratta del problema di costruire un'identità collettiva che fondi insieme un'appartenenza e un modello di azione. È un problema comune a tutti i movimenti sociali, ma che, nel caso del movimento delle donne, si presenta come cruciale e difficile a un tempo, in quanto è in discussione lo statuto sociale e simbolico dello stesso soggetto che così si organizza. Le donne si uniscono attorno a una particolare modalità di azione e di relazione tra loro e con il mondo innanzitutto per definire (o costruire) l'essere donna. Il modo dell'azione, il legame con altre teorie o movimenti, diviene perciò un passaggio cruciale nella definizione dell'identità. Il  periodo storico di emergenza e di sviluppo del femminismo è identificabile con quello che va dalla seconda metà del Settecento ai giorni nostri. Si tratta di un periodo anche troppo ampio, tanto più se si pensa che la parola femminismo non compare prima della fine dell'Ottocento, quando si creano le condizioni sociali per la nascita di un vero e proprio movimento sociale e politico, e non solo per singole posizioni intellettuali, anche se condivise in un ambito internazionale. A metà del Settecento, tuttavia, allorché la cultura illuminista inizia a dibattere non solo i problemi relativi alla natura e al ruolo del cittadino, ma anche quelli dell'universalità (della ragione) e dell'uguaglianza tra gli uomini a prescindere dalle differenze di nascita, si comincia a delineare il contesto teorico e politico con cui il femminismo deve fare i conti: quel contesto che, allo stesso tempo, ne provoca la nascita come processo di auto identificazione delle donne in quanto soggetti sociali e politici. È allora, infatti, che vengono poste le basi pratiche, sociali, politiche, giuridiche, oltre che teoriche, di quella polarità tra uguaglianza e differenza entro cui e contro cui si sviluppa il femminismo moderno.  Sia che si legga la Déclaration des droits des femmes et des citoyennes di Olympe de Gouges (1791), che la Vindication of the rights of women di Mary Wollstonecraft  1792), si è colpiti tanto dalla specularità - nel primo caso con la Dichiarazione dei diritti dell'uomo, nel secondo con la Vindication of the rights of men, scritto dalla stessa Wollstonecraft due anni prima - quanto dalla affermazione che le donne in quanto tali sono soggetti di diritti. In questi due testi è già racchiuso il problema dell'uguaglianza e della differenza tra i sessi, o, se si vuole, dell'uguaglianza nella (e non nonostante la) differenza, o ancora, della 'bisessuazione' sia dell'essere umano che del cittadino. Il destino di Olympe de Gouges, che si vide negato il diritto alla parola ma non quello alla ghigliottina, la derisione con cui venne accolta la Vindication of the rights of women da parte di quegli stessi intellettuali che avevano accolto favorevolmente il testo al maschile, il silenzio sulle richieste delle giacobine italiane che si videro consegnate dal Codice napoleonico, come le francesi, alla subordinazione nella famiglia oltre che nella società, tramite l'istituto dell'autorizzazione maritale, mostrano quanto parziale fosse l'universalismo su cui si stavano fondando - ad opera degli illuministi, dei riformatori e anche dei legislatori di fine secolo Per lo stesso motivo, d'altra parte, il femminismo, anzitutto come movimento politico che si interroga e interroga la società sullo statuto assegnato alle donne, dalla Rivoluzione francese in poi sale alla ribalta in tutte le nazioni moderne e contemporanee ogni volta che queste sono costrette in modo più o meno violento, più o meno esplicito, a verificare e rivedere i propri fondamenti etico-politici e in particolare a misurarsi appunto con le questioni dell'uguaglianza (di chi, rispetto a che cosa), dei diritti e della cittadinanza (chi vi ha accesso, chi ne è escluso). Ciò vale in Occidente per le lotte per l'indipendenza da cui sono nati molti Stati nazionali tra Otto e Novecento, per i movimenti abolizionisti contro la schiavitù, che tanta parte ebbero nella formazione del primo femminismo statunitense, fino all'obbligato confronto con il femminismo - per quanto parziale e anche riduttivo - nell'ambito della Rivoluzione sovietica e di quella cinese. Si pensi anche a modifiche meno vistosamente politiche, ma certo non meno incisive sul piano degli assetti sociali e delle identità personali e collettive, quali l'industrializzazione e l'urbanizzazione. Queste, mentre modificavano i modi di vita quotidiana, sconvolgevano la tradizionale divisione sessuale del lavoro e le identità sociali maschili e femminili a essa connesse, rendendone appunto visibile la non naturalità. O ancora si pensi alla diffusione della scolarità, soprattutto nel secondo dopoguerra, che aprì alle ragazze spazi di esperienza comuni ai ragazzi e non rigidamente definiti in termini di contenuto e di destino di genere, favorendo nuove aspettative e nuovi percorsi per la vita adulta; oppure al più recente sviluppo di una società dei servizi, con i suoi effetti sulla divisione sessuale del lavoro, sui modi di definire ciò che è maschile e ciò che è femminile, dentro e fuori la famiglia, e sulla struttura di genere specifica delle società contemporanee sviluppate. Questi fenomeni, apparsi dapprima in Europa, si ritrovano in varia misura anche in epoche più recenti nei paesi in via di sviluppo usciti dal colonialismo, allorché le nuove costituzioni nazionali, ma anche i modelli di sviluppo economico, disegnano in modo esplicito i rapporti non solo tra i cittadini (e tra cittadini e Stato), ma anche tra i sessi. Individuare i vari momenti di transizione e il tipo di possibilità che hanno offerto allo svilupparsi di una visione critica delle donne, e di loro forme organizzative, sarebbe troppo lungo e richiederebbe anche analisi particolareggiate dei diversi casi nazionali. Ciò che  mi interessa  rilevare è che il femminismo come movimento politico e insieme come discorso teorico sembra costituire il contrappunto, ora più visibile, ora meno, dello sviluppo delle società moderne e contemporanee e delle loro forme di autocoscienza e di auto rappresentazione. In un prossimo post  tratterò il dilemma tra uguaglianza e differenza che ha caratterizzato l'intera storia del femminismo, in un'oscillazione irrisolta, ancorché fortemente conflittuale, tra rivendicazioni di uguaglianza e affermazioni di differenza, tra la richiesta di 'diritti uguali' (agli uomini) e quella di  'diritti delle donne'  Molto di quanto sopra riportato è stato preso dagli scritti di Chiara Saraceno una delle sociologhe italiane di maggior fama. Importanti i suoi studi sulla famiglia, sulla questione femminile, sulla povertà e le politiche sociali. CHIARA PASSARELLA
                                                                                                            









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IN QUESTI ANNI ABBIAMO CORSO COSÌ VELOCEMENTE CHE DOBBIAMO ORA FERMARCI PERCHÈ LA NOSTRA ANIMA POSSA RAGGIUNGERCI

(Michael Ende)

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A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro, sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi.

(Carl Gustav Jung)