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In questi anni abbiamo corso così velocemente che dobbiamo ora fermarci perché la nostra anima possa raggiungerci. (Michael Ende) ---- A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro. Sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi. (Carl Gustav Jung)

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO:QUANDO LA BANDA PASSAVA...
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376. RECENSIONI 2013 di Sky Robertace Latini




FEAST   Annihilator (Canada) – 2013
Devo dire la verità, non avevo mai ascoltato questa band. E’ stato grazie ad un metallaro che me li ha proposti con entusiasmo, che ho deciso di provarne la fruizione. Sono soddisfatto di essermi lasciato prendere dalla curiosità, ho infatti sentito uno dei migliori album dell’anno in corso. E’ il quattordicesimo della loro carriera, con brani che è difficile considerare minori. “DEADLOCK” si staglia subito veloce, quadrata  e senza tentennamenti. Riff pulito con voce classicamente thrash e ritornello ripetuto in modo secco. Il cambio di linea cantata si attornia di inserti solistici di chitarra che non risultano la ricerca di un qualche tipo di decorazione inutile, bensì una aggiunta di feeling e di ricchezza musicale. Nel complesso tutto procede linearmente con energia diretta, senza perdere nulla in efficacia. “NO WAY OUT” ha un inizio sinistro che poi lascia posto al ritmo cadenzato con assolo di chitarra prima del cantato asciutto e spartano. Un brano scoppiettante dall’anima rockeggiante. La ritmica è a due velocità, infatti al centro rallenta inserendo un middle-time con una linea melodica differente. Il ritornello è relativamente orecchiabile, misurato ma intrigante. “SMEAR CAMPAGN” si dipana variando sulla velocità e sui passaggi variegati che dinamizzano con stile la struttura. Sull’ipervelocità il cantato diventa divertente. Il risultato non è prettamente legato alla tradizione moderna del thrash, esponendo invece una attitudine heavy metal di stampo pre-thrash. Il risultato è accattivante ed evocativo. “DEMON CODE” è più scuro come atmosfera e parte con ritmo alla Motorhead, ma troviamo anche lo spirito Anvil. L’andamento è incalzante ma anche qui la vena thrash tende a diluirsi col metal più classico. Siamo di fronte ad un pezzo sicuramente trascinante con una piccola spina schizoide che si infila nella trama compatta. In fondo la durezza di questo disco si unisce ad un certo senso di divertimento sonoro. Non ci si annoia e, anzi, si percepisce una band in vena. L’espressività di questo lavoro è vitale, colorato di genuina personalità. Si avvicina allo spirito degli ultimi Megadeth, ma mentre quelli appaiono leggermente appannati, questi brillano in dinamismo e sanno legare la robustezza grintosa alla freschezza interpretativa. Non è un disco di Thrash oppressivo o minaccioso, è invece leggero dal punto di vista della fruibilità, senza abbassare mai il livello della tonicità; prediligendo talvolta spinte di stampo Speed. La sintesi snella poi non banalizza  le composizioni, il cui song-writing, pur nella sua essenzialità, è piacevolmente vivace. IL Thrash classico sbanca sempre: l’anno scorso gli Overkill, quest’anno gli Annihilator.


SUPER COLLIDER    Megadeth (USA) – 2013
Questo quattordicesimo disco dal 1988, è il secondo lavoro dei Megadeth dopo il ritorno del chitarrista ritmico Dave Ellefson nella formazione facente parte della prima fase dei Mega. Egli non portò granchè nel lavoro precedente a questo, che forse è non adeguato agli standard del gruppo (“Thirteen” del 2011). “Super collider” è senza dubbio migliore; non raggiunge il livello di “Endgame” del 2009, ma comunque sa graffiare il giusto. “BURN!” inizia con la chitarra solista rasposa di Mustaine, ma subito inizia il ritmo serrato non veloce che procede semplice sorreggendo la linea vocale, con inserti solisti brevi ad arricchire la trama. E’ proprio la chitarra solista, continuamente presente, a dinamicizzare il song-writing altrimenti poco vario, mentre l’assolo vero e proprio è appena accennato. Un brano cadenzato di facile presa ma efficace. “BUILT FOR WAR” tiene un ritmo sostenuto, ma sono i giri di chitarra a smuovere le acque torbide di questo brano. Fuori della linea cantata c’è un momento di coro epico un po’ strano per i Megadeth, ma aumenta il pathos del brano. “OFF THE EDGE” si dipana su di un ritmo stile cavalcata che porta un cantato tipico di Mustaine. Voci strascicate rendono più malata l’atmosfera. L’assolo di chitarra prende la sua parte di presenza interessante senza però essere sufficiente. Un bel pezzo che imprime forza all’album. “DANCE IN THE RAIN” inizia con suono soft, ed infatti poi il brano non è particolarmente duro. E’ quel tipo di song che da un certo periodo in poi (1992) Mustaine ci ha abituato a sentire. Una melodia che non è una ballata ma che vuole cercare una resa atmosferica introspettiva. In realtà vi sono aumenti di velocità e anche chitarre corpose e inoltre il finale presenta un cambio di atmosfera tirata deflagrando con aggressività. Bella la versione coverizzata di “Cold Sweat” degli irlandesi Thin Lizzy, intrigante e piena di elettricità. I Megadeth non sono più una band lacerante ed incendiaria, però sanno ancora tirare fuori dei bei momenti drammatici. A volte mi sembrano quasi Hard Rock e ben distaccati dal genere Thrash di cui fanno parte. La stessa title-track sarebbe potuta stare dentro un disco dell’americano Ted Nugent. Più in generale porrei i Megadeth accanto ai Motorhead, forse più per una attitudine che per il song-writing vero e proprio (anche se spesso gli stili sono sovrapponibili, anche per la voce di Mustaine che negli anni si è maggiormente arrochita). Era accaduto anche l’altra volta (in “Thirteen”), per me la band è diventata appunto come gli inglesi, soprattutto nell’atteggiamento di rimanere fermi nel proprio stile, fedeli a se stessi, cercando un bel riff e su quello costruire un cantato lineare. Forse, in questa lenta metamorfosi, oggi come oggi, i Megadeth sono quelli che di più assomigliano ai Motorhead di Lemmy.

Sky Robertace Latini

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IN QUESTI ANNI ABBIAMO CORSO COSÌ VELOCEMENTE CHE DOBBIAMO ORA FERMARCI PERCHÈ LA NOSTRA ANIMA POSSA RAGGIUNGERCI

(Michael Ende)

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A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro, sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi.

(Carl Gustav Jung)