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In questi anni abbiamo corso così velocemente che dobbiamo ora fermarci perché la nostra anima possa raggiungerci. (Michael Ende) ---- A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro. Sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi. (Carl Gustav Jung)

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO:QUANDO LA BANDA PASSAVA...
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392. LUGLIO 1975: IL VENTO DI GIAMAICA INEBRIA LONDRA di Roberto Rapaccini

  1. Mi piace ascoltare prevalentemente jazz, ma questa affermazione è priva di significato per i  confini sempre più imprecisabili di questo genere; opportunamente Alessandro Baricco ha osservato: “…quando non sai cos’è, allora è jazz…”. Ho in passato apprezzato molto la musica reggae, e, in particolare, le performances  della sua icona Bob Marley, non solo per le doti artistiche, ma anche per la sua umanità e per la travolgente giovane cultura giamaicana che soffiava nei suoi concerti. Un discorso su Bob Marley deve necessariamente iniziare da una data: il 5 dicembre 1975. In quel giorno uscì il famoso album ‘Bob Marley and the Wailers. Live!’, che riproduceva lo storico e leggendario concerto che l’artista giamicano e la sua band (in proposito, wailers può essere tradotto con il termine ‘piagnoni’) tennero al  Lyceum Ballroom, nel centro di Londra, vicino allo Strand, il 19 luglio dello stesso anno. È disponibile anche il video, con alcuni brani non contenuti nell'album. Allora, adolescente anglofilo, ero in vacanza a Londra e alcune settimane dopo in quell’impianto ho assistito all'esibizione  dei Rainbow, il gruppo fondato da Richie Blackmore, ex leader dei Deep Purple. Il concerto di Marley fu un memorabile  successo internazionale e gli attribuì una grande notorietà; prima era conosciuto  prevalentemente solo da cultori e da ‘palati fini’. Il concerto venne replicato il giorno successivo. In entrambe le serate la sala fu stracolma e i musicisti ebbero difficoltà a raggiungere il palco. La moglie di Marley, Rita, che in quel momento era una corista, profeticamente, guardando teneramente il marito, esclamò: “Finalmente ce l’abbiamo fatta!”. Il concerto iniziò con il brano Trenchtown Reggae, che parlava del malfamato quartiere-ghetto di Kingstone dove Matley era cresciuto. Indimenticabile  è una frase di quella canzone: One good thing about music, when it hits, you fell no pain (una delle cose belle della musica è che, quando ti colpisce, non ti fa male). Di Trenchtown Marley diceva: “Trenchtown non è in Giamaica, Trenchtown è ovunque, perché è il luogo da cui vengono tutti i diseredati, tutti i disperati, perché Trenchtown è il ghetto, è qualsiasi ghetto di qualsiasi città... E se sei nato a Trenchtown, non avrai la benché minima possibilità di farcela”. Il mondo stava scoprendo quell’affascinante artista. Insieme a tanti appassionati di musica rock c’erano molti Black British, così venivano definiti i figli della prima generazione di migranti giamaicani nati in Inghilterra; a loro il concerto fece sentire sulla pelle i brividi ancestrali delle suggestioni della loro cultura di provenienza. Inoltre, per gli emarginati dai pregiudizi, quella sera aveva il sapore di un riscatto, perchè la loro storia e le  loro radici, condivise con quell’eroe, erano motivo di orgoglio. Anche Bob era un Black British: nacque infatti  in Giamaica, nel 1945 da padre britannico e da madre giamaicana.  Per queste  origini razziali miste fu vittima di pregiudizi. In proposito ripeteva:  “Io non ho pregiudizi contro me stesso. Mio padre era bianco e mia madre era nera. Mi chiamano mezzosangue, o qualcosa del genere. Ma io non parteggio per nessuno, né per l'uomo bianco, né per l'uomo nero. Io sto dalla parte di Dio, colui che mi ha creato e che ha fatto in modo che io venissi generato sia dal nero che dal bianco.” L’ascesa di Bob Marley fu in un certo senso preannunciata dal successo che alcuni mesi prima conseguì Eric Clapton incidendo un suo brano, I shot the sheriff. Bob Marley era di fede religiosa rasta. Il Rastafarianesimo deriva  il suo nome da Ras Tafari, l'Imperatore che salì al trono d'Etiopia nel 1930 con il nome di Hailé Selassié, riconosciuto come l’incarnazione di  Gesù Cristo nella Sua Seconda Venuta. Questo culto, che auspicava il ritorno dei neri in Africa per riappropriarsi della propria terra, deve a Bob Marley la sua popolarità negli anni ottanta. Diceva Marley: “Voglio muovere il cuore di ogni uomo nero perché tutti gli uomini neri sparsi nel mondo si rendano conto che il tempo è arrivato, ora, adesso, oggi, per liberare l'Africa e gli africani. Uomini neri di tutto il mondo, unitevi come in un corpo solo e ribellatevi: l'Africa è nostra, è la vostra terra, la nostra patria ... Ribellatevi al mondo corrotto di Babilonia, emancipate la vostra razza, riconquistate la vostra terra”. Nelle sue interviste era difficile comprenderlo, perché si esprimeva in patois, il linguaggio dei diseredati giamaicani, ricco di ritmo e musicalità. Nel concerto di Londra furono eseguiti tanti brani che poi divennero famosi, ma il momento di più alta emozione fu quando Bob Marley regalò al pubblico un’intensissima versione di No woman, no cry, forse il suo brano più famoso, una canzone d’amore che gli ricordava i tempi della sua povertà nel ghetto di Trenchtown, scritta o ispirata forse da un suo amico, Vincent Ford, a cui si dice che Bob abbia ceduto, come favore personale, ogni diritto e royalty conseguita dalla canzone. Alla fine la cosa buffa fu che Vincent Ford si coinvinse di essere l’autore del brano. Marley ogni giorno riceveva migliaia di diseredati che avevano bisogno di soldi, per mandare avanti la famiglia, per far studiare i figli. Poi giocava estenuanti partite di calcio, la sua grande passione dopo la musica. Questo era Marley, un uomo semplice e generoso, un grande artista, un grande uomo, che guadava lontano con i suoi occhi fissi e il suo sguardo penetrante diretto verso l’indefinito. Norman Mailer diceva che Bob Marley era come il leggendario Mohammed Alì, un grande campione della gente, un grande campione per la gente. Un ultima cosa: sempre in quell’anno, nel 1975, Bob Marley and the Wailers tennero un concerto a New York che fu aperto dall’esibizione di un giovane ritenuto dai critici un talento promettente. Il suo nome era Bruce Springsteen. ROBERTO RAPACCINI

NO WOMAN NO CRY - clikka qui







1 commento:

Anonimo ha detto...

Grazie Roberto per aver riproposto la figura di Bob Marley. Io stessa, dopo la lettura del tuo pezzo, sono andata a rinfrescarmi la memoria. Non aggiungo altro perchè il tuo pezzo è esaustivo e suscita parecchie riflessioni e suggestioni. Ogni altra aggiunta sarebbe ridondante.
Dico solo: grande BOB!
Chiara P.

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IN QUESTI ANNI ABBIAMO CORSO COSÌ VELOCEMENTE CHE DOBBIAMO ORA FERMARCI PERCHÈ LA NOSTRA ANIMA POSSA RAGGIUNGERCI

(Michael Ende)

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A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro, sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi.

(Carl Gustav Jung)