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In questi anni abbiamo corso così velocemente che dobbiamo ora fermarci perché la nostra anima possa raggiungerci. (Michael Ende) ---- A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro. Sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi. (Carl Gustav Jung)

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO:QUANDO LA BANDA PASSAVA...
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403. “A NEW ROMANTIC AGE” Synthesis (2014) LM Records di Sky Robertace Latini



In Umbria la storia ternana del metal inizia nel 1978 coi Synthesis di Uccellini, Iatteri e Pieralisi. Oggi altri eroi hanno preso il loro posto, rimanendo come membro fondatore solo il batterista Uccellini. La band ha virato nel tempo da uno stile prettamente N.W.O.B.H.M. ad uno molto ibridato con la verve Hard Rock di Rainbow e Metal alla Malmsteen, grazie soprattutto al cantante Casini e al chitarrista Rossi; entrambi piuttosto ispirati.  In realtà nacquero insieme alla nuova ondata inglese e composero senza esserne troppo condizionati, segno che se avessero potuto davvero farsi conoscere, avrebbero fatto la Storia con la S maiuscola, poiché le canzoni di allora avevano il sound moderno anni ’80. Però i Synthesis reali sono questi che da vari anni calcano le scene, costruendosi progressivamente nel tempo esperienza e tecnica, senza nulla di cui rammaricarsi, almeno dal punto di vista compositivo, che il successo è storia di altri tempi, per il panorama musicale odierno. Oggi escono con questo nuovo lavoro e li troviamo veramente in tiro, riuscendo a realizzare qualcosa che è un passo notevolmente avanti rispetto all’ultimo del 2008 “A wider space”. Una espressione artistica finalmente del tutto matura, che completa un percorso accidentato ma in evoluzione, dove viene suonato un Heavy Metal tradizionale ma reso personale e riconoscibile come Synthesis Sound. Se ne evince una produzione doppiamente curata  e con migliori escamotage di arrangiamento, considerando alcune ingenuità ancora presenti in “A wider space”. La band appare fortemente motivata e capace di trovare in sè ancora risorse. “THE RETURN” è il brano apripista che con il suo riff netto, dal bel suono frizzante, dà subito una impressione positiva e predispone adeguatamente l’ascoltatore. Si tratta di uno strumentale realizzato come fosse una lunga introduzione, già in grado di collocare l’album nel suo proprio solco stilistico. “NEVER FORGET YOU” presenta una malinconia di fondo, su però una corposità sonora dinamica data da vari inserti della chitarra soffice che realizzano una atmosfera di ampio respiro su di un ritmo che può essere ballato. Fascinoso l’assolo, spinto da un acuto prolungato del singer. “YOU DON’T NEED ME” è la song che io preferisco per songwriting e per energia, e anche per l’originalità della linea cantata. Le chitarre poi stanno dove devono stare, non si può pensare di spostare alcunchè. Cambi di velocità e batteria aumentano il senso del ritmo riuscendo a farne un pezzo intenso. Queste prime tre sono per me un blocco di notevole raffinatezza e capacità creativa. Le altre sono leggermente minori, ma senza perdere nulla del loro carisma. “ONE STEP CLOSER” è una ballata che ricorda lo stile degli Scorpions (tra l’altro la tonalità di Casini è altrettanto alta) e che riesce a creare l’atmosfera giusta, non cadendo in tranelli melensi. Il finale epico è una novità per la band, ma ne aumenta il pathos. “YOUNG AND FREE” scorre allegra lungo una ritmica cadenzata, producendosi in una lineare performance Street Metal, che non è sporca alla Motley Crue, quanto più di attitudine. “TARANTAROCK” è un frizzo creato per divertirsi, in una esecuzione che ci racconta anche il lato ironico della band. Avrebbe comunque potuto farsi scalfire da un assolo virtuoso che avrebbe donato un certo tono alla song. “TEARS IN MY EYES” sorride chiara con la sua chitarra ritmica acustica, variando la somma caratteriale dell’album. L’interpretazione vocale è fluida e la melodia è davvero accattivante. Un’altra song che sta un po’ sopra la media. “KRIMINAL WORLD” il pezzo forse più duro, con andamento bluesante stile cavalcata; e a seguire un assolo chitarristico pregnante. Anche qui, come in “One step closer” c’è un finale che accenna all’epicità, arricchisce, senza mutare, l’essenza dello stile. “THE RACING” possiede la riffica Saxoniana martellante e concisa, che fa il paio in durezza con la precedente, andando anche verso una minima oscurità. Interessante assolo più da anni ’70 che ’80. “SENDING OUT THE LOVE” è una ballata vera e propria. Si percepisce un legame pop, possiede però una dimensione tutta seriosa grazie al pathos ampliato dall’uso orchestrale delle tastiere.  Sofficemente dolce, la linea vocale sa attrarre chi ascolta. E il finale, ancorchè linearissimo, è però un momento importante che se tolto sminuirebbe la composizione: esso gioca su un input tastiere/chitarra acustica che però poteva essere positivamente allungato con un assolo acustico di chitarra che io consiglierei dal vivo. Il disco è durato trentasei ottimi minuti, niente affatto corto, nonostante gli standard odierni, cosa costava un minuto in più? I Synthesis sono stati più duri in passato, ma loro, più che esprimere cattiveria, vogliono regalarci energia ed eleganza. La morbidezza comunque rimane nel solco della durezza, non inserendosi mai nel genere AoR. Sono Hard Rock ed Heavy Metal vecchio stile, riletto tramite la loro forte personale sensibilità; non si limitano cioè alla semplice riproposizione di un periodo storico. Questa loro peculiarità li rende moderni e attuali (tra l’altro il chitarrista Giulio Rossi ha aggiunto al suo bagaglio, con i due lavori solisti, il genere Power Metal, non accontentandosi di rimanere ancorato a una sola modalità compositiva). Inoltre sanno essere sempre freschi, utilizzando l’orecchiabilità senza cedere alla ruffianeria commerciale. Il gruppo sa caratterizzarsi con una sonorità di base, ma anche variare i suoi propri mezzi espressivi, quindi sa trovare soluzioni non contraddittorie. Un plauso andrebbe fatto ad ognuno dei componenti, poiché ogni strumento suona in modo efficace. Roberto Uccellini è riuscito, meglio che in passato, a suscitare tono e vigore, sottolineando bene tutti i passaggi sonori; è lineare ma non semplicistico, anzi contribuisce alla variabilità compositiva. Il chitarrismo generale conduce tenacemente le danze non sottomettendosi eccessivamente alle melodie vocali, ma senza esagerare con il virtuosismo che avrebbe snaturato l’insieme. E la voce è così particolare che va ritenuta una presenza di valore; essa è un timbro che caratterizza la band, è il distintivo dei Synthesis. Naturale che giocoforza ha fatto la creazione di linee melodiche vocali significative, su cui si regge tutto il songwriting. Naturalmente Bob Casini, essendone compositore principale, nella maggior parte dei casi le avrà costruite sulla sua timbrica. Melodie di tutto rispetto che rispecchiano il momento di grazia della band. Ricordiamo, in occasione di questa uscita effettuata proprio a Gennaio 2014, Piero Iatteri, anima dei Synthesis, deceduto nel gennaio del 2013. Starà suonando in cielo i pezzi che aveva pensato per i Synthesis anni fa, e che ormai sentiremo quando lo ritroveremo lassù (mai essere tristi nel pensarlo). Nel ’79, lo conobbi; tutti più giovani ed il metal era una scena quasi underground di appassionatissimi. Questi Synthesis sono diversi dai suoi ma gli sarebbero comunque piaciuti.  Roberto Sky Latini



Synthesis:

Bob Casini – vocals/electric acoustic guitars

Giulio Rossi – electric/rhythm/acoustic guitars

Massimo Evangelisti – bass/vocals

Roberto Uccellini - drums


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IN QUESTI ANNI ABBIAMO CORSO COSÌ VELOCEMENTE CHE DOBBIAMO ORA FERMARCI PERCHÈ LA NOSTRA ANIMA POSSA RAGGIUNGERCI

(Michael Ende)

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A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro, sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi.

(Carl Gustav Jung)