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In questi anni abbiamo corso così velocemente che dobbiamo ora fermarci perché la nostra anima possa raggiungerci. (Michael Ende) ---- A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro. Sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi. (Carl Gustav Jung)

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO

LA FOTO DELLA SETTIMANA  a cura di NICOLA D'ALESSIO
LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO:QUANDO LA BANDA PASSAVA...
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427. CONSIDERAZIONI SULLA FELICITA' da un'Americana a Venezia



Molti anni fa un amico italiano, mentre guardava le foto appena mandatemi, mi chiese "Ma perché sorridono in quel modo?"  Quest'amico, un tipo intellettuale, quando non impegnato a fare indagini storiche, fa anche il dentista.  Strana domanda, pensavo, specialmente da parte di un dentista.  "Sorridono sempre così per le foto di nozze in America!" gli dissi.  Continuavo a chiedermi, però, a che cosa lui alludesse con quella domanda provocatoria.  Grazie alle mie recenti ricerche sul poderoso mondo della pubblicità, adesso posso mettere a fuoco il discorso nascosto, quello della felicità artificiale.  Non so quando si sia cominciato a dire la parola "Cheese!" per il fotografo, parola che significa 'formaggio' in lingua inglese, ma lo scopo di usarla è sempre stato quello di creare attraverso il movimento dei muscoli intorno alla bocca una specie di sorriso.  Guai a non sorridere per le foto ormai!  Guai anche a non sembrare felici!  Chi continua a sorridere per un selfie è una persona condizionata, direi, ma non lo sa nemmeno.  Sulla parete di casa c'è una copia della foto dei miei antenati paterni.  Mia sorella invece ha l'unica foto esistente di quelli della famiglia materna.  In entrambe foto, sebbene i soggetti rappresentino due generazioni di etnie molto diverse, le persone non hanno il volto squarciato dal sorriso.  Si presentano con espressione naturale, qualcuno sembra anche triste o severo.  Si notano innanzi tutto i loro occhi, e forse anche l'atteggiamento del corpo.  Ecco la differenza fra gli occidentali di una volta e noi.  Una volta la gente non sentiva nessuna pressione di fingersi piena di gioia, contenta, e con bei denti per giunta.  Le emozioni interiori dei nostri antenati erano una cosa squisitamente personale.  Ovviamente, trattandosi di foto, in tempi passati la cosa importante era esserci.  Presenti, visibili, ma non in performance.  Non si doveva convincere nessuno che lo stato morale nel momento dello scatto era alle stelle.  Solo adesso comincio a capire che è un fatto gravissimo che noi non ci rendiamo conto di quanto siamo stati condizionati ogni volta che fingiamo un sorriso per l'obiettivo.  Ha perso il suo valore, il sorriso, forse per sempre con il successo inspiegabile del Smiley Face icone di Harvey Ball nel 1964.  (Vedi il mio post in lingua inglese, HARVEY BALL'S EMOTO-CAMPAIGN - clikka qui.)  Questa nuova condizione imposta all'uomo occidentale, la felicità fasulla, è un'invenzione che aiuta molto a venderci idee e cose.  Se veniamo ad accettare l'idea che la felicità sia una cosa essenziale ma leggera e passeggera, come una posa fotografica, allora è molto più facile venderci cose che ci faranno "felici".  Cominciamo a credere che gli oggetti e anche le cose che vediamo sullo schermo, siano in grado di riprodurre quest'esperienza superficiale della "felicità", cosa che siamo stati anche ipnotizzati a bramare.  Nelle pubblicità vediamo famiglie, comunicative e armoniose, e anche coppie non meno comunicative, mentre consumano le loro vite apparentemente "felici" in vista di una marca di brioche, di schiuma di barba o catena di supermercato.  Il forte suggerimento della loro "felicità" ci priva della nostra.  Viviamo nell'ombra del suggerimento della loro felice ma fasulla esistenza, e non ce ne rendiamo conto.  Dietro la pubblicità ci sono musiche e dettagli ben studiati, con attori burattini dei quali ogni movimento e espressione facciale sono programmati, e tutta questa messa in scena viene profumatamente pagata dalle ditte che vogliono che noi compriamo i loro prodotti.  Noi paghiamo tutto questo non solo in termine di lucro, ma anche in termine del nostro senso della realtà dentro la società in cui viviamo.  Non solo la pubblicità ma tutto ciò che vediamo sullo schermo esercita quest'influenza subdola su di noi.  Facilmente dimentichiamo che lo scopo della vita, forse, non è di essere "felici" ma di essere autentici e liberi di sentire i nostri veri sentimenti.  La questione non è certo se sorridere o non sorridere.  E' solo una questione di bastare a noi stessi e agli altri come siamo veramente, e non permettere che le nostre emozioni vengano manipolate a nostra insaputa da convenzioni inventate!  Secondo me, la felicità non è uno stato dimostrabile.  La felicità è un sorriso che sa fare il cuore.    UN'AMERICANA A VENEZIA      



Video - 1985 Coca-Cola: Waters of March  - clikka qui   

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IN QUESTI ANNI ABBIAMO CORSO COSÌ VELOCEMENTE CHE DOBBIAMO ORA FERMARCI PERCHÈ LA NOSTRA ANIMA POSSA RAGGIUNGERCI

(Michael Ende)

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A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro, sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi.

(Carl Gustav Jung)