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In questi anni abbiamo corso così velocemente che dobbiamo ora fermarci perché la nostra anima possa raggiungerci. (Michael Ende) ---- A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro. Sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi. (Carl Gustav Jung)

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO:QUANDO LA BANDA PASSAVA...
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465. RECENSIONI 2014 di Sky Robertace Latini



Accept
Blind Rage
Nuclear Blast
Per una band come questa ormai si devono usare sempre i due soliti aggettivi: quadrata e solida. E’ nelle loro cose essere una musicalità che incarna l’Heavy Metal teutonico come esso è considerato nel panorama mondiale. Gruppo tedesco che ha caratterizzato il suono della terra natia formandolo, continua a ripercorrerlo senza mutarne gli standard. Questo sound in loro è risuscitato prepotentemente con gli ultimi tre album che possiamo considerare un unico trittico, equivalendosi. “Blood of Nations” del 2010 e “Stalingrad” del 2012 non sono stati diversi da questo “Blind Rage” che si appoggia alla stessa attitudine. Difficile dire quale dei tre sia il migliore, considerandone l’omogeneità stilemica, ma la nuova giovinezza ci porta un combo ancora ispirato e per niente invecchiato. Il gioco delle chitarre soliste pare poi pieno di voglia di fare, nessun preconfezionamento se non quello di avere solismi molto melodici tra una svisata ed una sferragliata. Tornillo pareva peggiorato alla voce nel secondo full-lenght dei tre, con una vocalità più afona. Ma alla fine possiamo constatare che la forma generale è stata smagliante dal 2010 ad oggi. La band pareva finita in un buco di circa 14 anni (nel 1996 l’ultimo album in studio “Predator”), ma i veterani sembrano mai essersi allontanati dalla grinta degli anni ’80 (primo disco nel 1979). Nessun brano stravolge l’ “Accept pensiero”, la divisione tra brani minori e migliori è data semplicemente dalla bellezza delle linee melodiche e degli assoli. Quindi una metà è forte davvero, mentre l’altra evolve con dignità, sempre confermando il tutto con una propensione alla musica compatta. Tra le migliori song vanno annoverate “STAMPEDE”, super classica, e l’altrettanto superclassica “THE CURSE”, cavalcata da tempo medio. Poi la evocativa “WANNA BE FREE” e la sinistra ma fluida “200 YEARS” col suo coretto piratesco (coretti similari sono presenti anche in altre tracce). Tra le più dure la migliore è la Saxoniana “BLOODBATH MISTERMIND” che tra fischi di chitarra e velocità, non lesina peso sonoro. Tra le minori, interessante “Final Journey” che suona un pezzo classico nell’assolo, cioè “Il mattino” di Peer Gynt come “Metal heart”nel 1985 integrava efficacemente “Per Elisa” al suo interno. “Metal heart” però appariva più seriosamente atmosferica mentre qui si gioca sul frizzante divertimento. La ferocia metal degli Accept è da sempre legata all’orecchiabilità; i riff sono comunque secchi e potenti e la batteria pesta cadenzata. Qui è il buon sano vecchio metal, quello che sa di martello sull’incudine.  
Stampede
1.     Dying Breed
2.     Dark Side of My Heart
3.     Fall of the Empire
4.     Trail of Tears
5.     Wanna Be Free
6.     200 Years
7.     Bloodbath Mastermind
8.     From the Ashes We Rise
9.     The Curse
10.         Final Journey

Mark Tornillo - vocals
Wolf Hoffmann - guitars
Herman Frank - guitars
Peter Baltes - bass
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Skid Row
United World Rebellion 2 - Rise of the damnation army
Questo gruppo statunitense insegue la visibilità che pareva aver perso, ma qualunque cosa faccia, una parte di stampa, che stravede per l’ex-loro cantante canadese Sebastian Bach,  non fa che criticare; e non riesce a vedere il grande valore dell’attuale band con un singer, tal Solinger, assolutamente sfavillante, con la voce bella e anche ormai più in vena di quella di Sebastian. La band tenta con tutto l’impegno possibile di rincorrere il proprio glorioso passato, e non si accorge di esserci riuscito in quanto l’ambiente mainstream ne sottovaluta la portata qualitativa. Si tratta di un mini-cd di cinque pezzi (più due bonus cover), formante il prosieguo di una storia iniziata col primo minicd del 2013. E come quello, il sound è pieno di energica potenza. “WE ARE THE DAMNED”, intensa, è per quanto canonica, comunque una bella ed efficace song. Come canonica ma intrigante è la più soft “CATCH YOUR FALL”, perfettamente dentro l’alveo Street Metal più americanizzato. E si tratta di due ottimi episodi; considerando che il resto naviga su più alti livelli, questo cd è un quasi capolavoro. “GIVE IT THE GUN”, che inizia con riff similare a quello dei Judas di “You got another Thing Comin’”, si rivela una miccia incendiaria e ancora più arrembante è la Motorhediana “DAMNATION ARMY” che parte con basso alla Lemmy; considerando le altre parti stilistiche, non può essere stato un effetto inconscio ma cercato, quello di farsi vicino ai Motorhead, sottolineando come il vero rock ha l’anima rock’n’roll di quel tipo di Heavy. E anche “ZERO DAY”, martellante e più scura, appare come una canzone intransigente. Le due cover non cambiano nulla della cifra stilistica originale, ma sono eseguite in modo più aggressivamente duro; succulente per questo. L’assalto del lavoro si riconduce all’anima verace del metal. E qui bisogna affermare la vittoria della grinta saltellante sulla complessità cerebrale. Per essere veri rocker si deve amare questo tipo di sound, allegro e dinamico, e poi si può amare anche il resto del rock. Ma se si ama solo il prog-rock o versioni più elaborate senza amarne quello semplice e diretto, non si è rockettari, né tantomeno metallari. Ecco, gli Skid qui affermano il primato del fottuto sporco metal, riproponendo in chiave più robusta la stessa ideologia musicale del passato anni ’80. Se l’ex-cantante della band, Sebastian Bach, oggi ottimo solista, cantasse queste stesse canzoni, si sarebbe dato un voto ben alto al cd, mentre oggi molte recensioni tendono a non esserne favorevoli al 100%; io dico che gli Skid Row senza Sebastian sono meglio del Sebastian solista che comunque sforna ancora bordate di gran pregio. Probabilmente gli Adrenaline Mob non esisterebbero senza la storia degli Skid. Il loro passato ha fatto scuola eppure, esecutivamente parlando, quelli odierni sembrano dei ragazzini ancora in piena foga. Si vede che amano le song che creano. Gli Skid attuali sono uguali e diversi da quelli degli anni ‘80/’90: uguali perché il genere Street Metal è trattato nello stesso modo tirato, ma diversi perché usano una attitudine moderna e uno spirito più famelico. Non avranno fatto molti album (compresi i due ultimi ep, possiamo dire che siamo al sesto in 25 anni), ma la loro personalità è diventata quella dei maestri. Long live Skid’n’Row.
1.     We are the damned
2.     Give it the gun
3.     Catch your Fall
4.     Damnation Army
5.     Zero Day
Bonus track:
1.     Sheer Heart Attack ( cover dei Queen)
2.     Rats in the Cellar (Cover degli Aerosmith)
Johnny Solinger – vocals
Dave “Snake” Sabo – guitars
Scotti Hill – guitars
Rachel Bolan – bass
Rob Hammersmith - drums

SKY ROBERTACE LATINI



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IN QUESTI ANNI ABBIAMO CORSO COSÌ VELOCEMENTE CHE DOBBIAMO ORA FERMARCI PERCHÈ LA NOSTRA ANIMA POSSA RAGGIUNGERCI

(Michael Ende)

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A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro, sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi.

(Carl Gustav Jung)