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In questi anni abbiamo corso così velocemente che dobbiamo ora fermarci perché la nostra anima possa raggiungerci. (Michael Ende) ---- A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro. Sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi. (Carl Gustav Jung)

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO:QUANDO LA BANDA PASSAVA...
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475. VIAGGIO NELLA MIA VITA - PRESENTAZIONE: INTERVENTO DI PAOLO RAFFAELLI




Roberto Rapaccini, scrittore, lavora da anni su una serie di temi scottanti e inquietanti, attualissimi, la cui attualità diventa ogni giorno più bruciante: i suoi libri precedenti scavano sulle guerre di religione e la rivoluzione tecnologica, i pregiudizi trasformati in arma offensiva e i rischi e le potenzialità della Rete, l'Islam e l'Ebraismo, la sicurezza e l'accoglienza, con un'idea forte e pacifica di dialogo e comprensione, di cultura come bene comune. I suoi due libri precedenti per le edizioni della Cittadella di Assisi sono belli e utili, leggeteli. Questo però, il terzo in tre anni,  è un libro del tutto diverso. Si intitola "Viaggio nella mia vita - Appunti disordinati per un De Profundis" e contiene esattamente quello che il titolo promette, anzi il titolo vero è il sottotitolo e il De Profundis è intessuto di appunti che disordinati non lo sono affatto, anzi. Ed è il De Profundis in vita di un uomo che ha come attraversato la morte ma che, insieme alla sua famiglia, ai suoi cari, che di questo libro sono discreti co-protagonisti, è riuscito, privato di quasi tutto quello che era la sua vita, ad eccezione degli affetti, a restare in vita, per merito di quegli affetti e della propria ferrea tenacia, più ancora che per merito delle tecnologie biomedicali. Puoi essere inchiodato a una sedia rotelle e a un respiratore e rimanere un uomo verticale, con la schiena dritta e la testa alta: Roberto non le dice mai queste parole ma ognuno che voglia, che accetti di entrare nel libro con la stessa assenza di ipocrisia con cui Roberto lo ha scritto, le coglie ad ogni pagina. Non è solo un libro bello, molto bello: è soprattutto un libro duro, carico della durezza di una condizione ma anche di quell'amore che non si piega ai compromessi. E' una lettura che non si può fare alla leggera, per passatempo, è una lettura che impone una assunzione di responsabilità: se non quella di entrare dentro una condizione materiale da cui non si è afflitti, almeno quella di liberarsi di tutti i pietismi e le superficialità di valutazione. Se non accetti di essere compiutamente coinvolto in questo lavoro, questo è uno dei punti di durezza, puoi anche leggerlo il libro, ma non ti serve, ed è difficile che tu lo capisca. E' un piccolo libro che parla di un grande tema, di un tema immenso: fino a dove arriva la vita nell'esistenza. La durezza di una scrittura che è comunque una scrittura amorosa, carica di amore, sta proprio nel fare i conti senza fronzoli, senza compromessi con la durezza di una condizione. E' un "io" quello che scrive, in apertura, a mò di premessa, che scrive di sè: "Oggi sopravvivo grazie a dei dispositivi che, in maniera rassicurante, sono definiti presidi; altri non sono che un respiratore, una carrozzella, una tracheostomia, un sistema di nutrizione artificiale. La mia vita è innaturale in quanto, secondo le leggi economiche dalla natura, e cioè senza i sussidi creati dal progresso, avrei dovuto soccombere. In altri termini se questa deriva del destino fosse capitata prima dell'invenzione del respiratore, sarei morto, in quanto in nessun modo sarebbe stato possibile garantirmi la sopravvivenza nella condizione di paralisi polmonare. Per questo affermo tuttora che la mia condizione è incompatibile con la vita". Appunto: fin dove arriva la vita nell'esistenza? Chi scrive queste parole, chi certifica questa condizione di non vita, è lo stesso "io" che attraverso tutto il libro ripensa a se stesso capace di sentire la terra sotto i piedi nudi, lo stesso uomo attivo che è stato chitarrista e pittore abituato a manipolare la materia dura, uomo di cavalli ed elettricista, diplomatico e poliziotto, giurista sportivo e appassionato praticante di arti marziali, naturalista e collezionista, velista e viaggiatore instancabile, intellettuale cosmopolita e rigoroso perfezionista. Dopo una vita così piena, quando uno stupido accidente ne stronca la pienezza e la riduce ai minimi termini, cosa resta della vita nell'esistenza? E' questa la domanda dura che resta sul tavolo di lettura e per una risposta non ipocrita non basta un pò di introspezione, bisogna seguire Roberto fino dentro la parte più cruda del suo interrogarsi e interrogare sulla libertà e i suoi limiti, nella sua ricerca, religiosa, etica, filosofica, sulla libertà e i suoi limiti tanto che cedendo a una deriva psicanalitica in più di una pagina torna alla memoria l'alternativa (angosciosa, fatalistica) di Georg Groddeck: in che misura agiamo? In che misura siamo agiti?  Per Roberto, tuttavia la dialettica tra l'agire o l'essere agiti, che attraversa non solo la psicanalisi ma tutta la cultura novecentesca, fino alla post modernità, non si riduce, anche nel caso di una risposta negativa, radicalmente negativa, ad angoscia o a fatalismo. La parte del libro che Rapaccini intesse dei suoi temi esistenziali chiave, la religione, la musica, la filosofia, l'arte è quella apparentemente meno scabrosa, meno radicale, meno dura e tuttavia qui si trovano alcuni dei nessi fondamentali di questi appunti, spesso a partire da spunti apparentemente eccentrici, o addirittura svagati, come quello a cui l'autore presta il volto arcitaliano dell'Alberto Sordi di Quelle strane occasioni, il Monsignore opportunista chiuso in ascensore con una bella donna che cerca nella situazione di costrizione provvisoria l'alibi impossibile per il suo cedimento morale e comportamentale. La risposta al dilemma di fondo del libero arbitrio che Roberto si da in queste poche pagine, che partono dall'esame di una macchietta cinematografica, è straordinariamente pregnante: "Per l'uso di questo margine sarò giudicato. (...) La predestinazione è un tracciato dal quale ci possiamo discostare esercitando con forza la potenzialità di una scelta". C'è un modo di credere, forte, profondo e, ancora una volta, duro in questa visione cristiana, ed era essenziale, nella situzione di costrizione data, che le parole responsabili di questo piccolo libro fossero scritte da Roberto. Per me è stato essenziale leggerle. Nessuna di esse, malgrado le mille digressioni che si dipanano e si richiamano pressochè ad ogni pagina, è parola inutile perchè ognuna di esse conserva lo sforzo di connettere il vissuto che sarebbe stato possibile a quello che è concretamente possibile, attraverso il legame fortissimo degli affetti: la presenza della famiglia, degli amici - sia quelli che sono restati nella condizione avversa, sia quelli che non ce l'hanno fatta - è uno dei temi di fondo, vero filo conduttore, del libro ed è ben comprensibile che questo si chiuda con una garbata invettiva contro la dittatura della mediocrità, se si pensa a come queste parole pesanti scritte con levità si intreccino con un presente in cui l'assunzione di responsabilità (dell'atto ma anche della parola e della creazione artistica, in definitiva dell'esistenza) è diventata moneta svalutata. Queste pagine dure, dolorose e piene di vita le scrive un uomo a cui la sorte ha tolto tutto tranne gli affetti, la dignità, l'intelligenza, la volontà, la capacità di dialogo, la scrittura.  PAOLO RAFFAELLI

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IN QUESTI ANNI ABBIAMO CORSO COSÌ VELOCEMENTE CHE DOBBIAMO ORA FERMARCI PERCHÈ LA NOSTRA ANIMA POSSA RAGGIUNGERCI

(Michael Ende)

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A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro, sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi.

(Carl Gustav Jung)