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In questi anni abbiamo corso così velocemente che dobbiamo ora fermarci perché la nostra anima possa raggiungerci. (Michael Ende) ---- A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro. Sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi. (Carl Gustav Jung)

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO

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497. TRECENTO SECONDI di Patrizia Fortunati, recensione di Roberto Rapaccini



 Ho letto 'Trecento secondi' di Patrizia Fortunati. Il senso della vicenda oggetto del libro è efficacemente riassunto  da questo titolo. Solo trecento secondi è stato il tempo necessario a Paolo, il protagonista, per leggere gli addebiti giudiziari, che risulteranno infondati purtroppo solo dopo alcuni anni. Paolo e Francesca, con i loro tre figli in tenera età, erano una famiglia serena, o, almeno nulla lasciava presagire il dramma che si sarebbe consumato. Una sera inaspettatamente Francesca abbandona Paolo portando via con sé i figli. Più precisamente Paolo al suo ritorno serale dopo una giornata di lavoro trova la sua casa deserta, senza nessuno che lo aspetti. Dopo aver prospettato nella sua mente i tanti possibili scenari che potessero giustificare quelle assenze, per comprendere tutto gli basteranno trecento secondi, ovvero il tempo che impiegherà per leggere la notifica delle denuncie sporte dalla moglie nei suoi confronti: violenze morali, fisiche, psicologiche e poi l'addebito più grave, abusi sessuali nei confronti dei figli. Paolo si ritrova ad essere un mostro. Alla fine, gli accertamenti dimostreranno la totale infondatezza degli addebiti, ma la giustizia impiegherà alcuni anni, troppo tempo. Nel frattempo viene privato della patria potestà, mentre è sempre seguito dall'alone infamante delle gravi accuse; la sua vita progressivamente si frantuma. Il tardivo proscioglimento non potrà riparare i danni che irreversibilmente si sono prodotti. Patrizia Fortunati racconta i fatti in maniera perfetta, non c'è una parola di troppo, né una che manca. Con un'espressione apparentemente contraddittoria direi che riesce a descrivere tutto con una 'soggettività oggettiva', cioè narra la vicenda trasmettendo l'angoscia del protagonista in maniera asciutta e dignitosa, senza pietismo o commiserazione; l'oggettività dei fatti è sempre indissolubilmente complementare alla sensazione della tragica impotenza che schiaccia il protagonista. La vicenda è narrata da Paolo e non in terza persona; tuttavia Patrizia evita che sia coinvolta la sua sensibilità,  non cede ad una facile e banale emotività; non mancano slanci di intensa liricità. Il mio parere naturalmente non è quello di un critico, ma quello di un normale lettore, che tuttavia non si accontenta facilmente. La vicenda offre lo spunto per declinare molti temi: dalla percezione dell'impotenza di fronte ad eventi che si producono in maniera tragicamente indipendente da noi, alla problematicità di un rapporto con la Fede che sembra lasciarci nelle difficoltà quando attraversiamo da soli  la notte oscura del senso di abbandono, dalla denuncia pacata ma ferma, mai aggressiva o polemica, dei limiti della società civile che agisce attraverso poteri spesso troppo umani, ovvero che si lasciano guidare da intuizioni affrettate che si radicano facilmente con effetti drammatici, senza che venga fornita una reale spiegazione, nella convinzione tuttavia che basterà poco per chiarire l'equivoco. Patrizia Fortunati aveva già ottenuto molto successo con il libro 'Marmellata di prugne', che ha come oggetto una storia autobiografica, corollario della tragedia di Chernobyl. Un contributo di grande spessore umano e civile alle problematiche dell'integrazione. Mi era piaciuto molto, ma questo libro è superiore. Roberto Rapaccini

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IN QUESTI ANNI ABBIAMO CORSO COSÌ VELOCEMENTE CHE DOBBIAMO ORA FERMARCI PERCHÈ LA NOSTRA ANIMA POSSA RAGGIUNGERCI

(Michael Ende)

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A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro, sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi.

(Carl Gustav Jung)