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In questi anni abbiamo corso così velocemente che dobbiamo ora fermarci perché la nostra anima possa raggiungerci. (Michael Ende) ---- A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro. Sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi. (Carl Gustav Jung)

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO:QUANDO LA BANDA PASSAVA...
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529. ATELIER DELLA PAROLA, DALLA SOLITUDINE AL LEGAME SOCIALE di Silvana Leali




Premessa
Trentotto anni di lavoro, presso un Servizio pubblico infantile, mi hanno permesso di osservare come un intervento di diagnosi precoce modifichi la domanda di accesso degli utenti ai servizi. La risposta dei servizi è il risultato:
·         di un processo storico e culturale,
·         di una pluralità di soggetti,
·         di formazione di metodi,
·         di rete,
·         di  comunità che attualmente si rispecchia nel modello bio-psico-sociale.
I servizi offrono una molteplicità di tecniche riabilitative ma - tra le teorie e il fare - gli eventi, nel lavoro istituzionale, funzionano diversamente: tra l’asse centrale della cura, basata sul sapere scientifico, vi è la pratica del terapista che deve rispondere ai protocolli organizzativi, all’urgenza, all’emergenza, alla caduta di ideali e alla propria soggettività. Un mio desiderio: testimoniare una personale esperienza non come una esperta, ma come una
interrogante o meglio una cantastorie che ha raccolto - nella rete del linguaggio - i discorsi dei bambini. L’orientamento scelto non è quello immediato della risposta, ma è l’intento dell’operatrice di divenire una partner di ascolto: di un ascolto non qualunque, di un ascolto particolare secondo l’orientamento della psicanalisi di Freud e di Lacan. Un’esperienza nata per caso in un gruppo di bambini e preadolescenti;  luogo nel quale l’esperienza è maturata: il Centro Baobab, del quale riferirò, in seguito, alcune caratteristiche.

Breve parentesi sul linguaggio
Linguaggio è una funzione adattiva caratteristica e specifica dell’uomo che si sviluppa in un arco breve della vita,  richiede:
·         competenze comunicative
·         capacità funzionali (prassie e gnosie)
·         produzione linguistica (aspetti formali e funzionali )
·         comprensione linguistica.
Ma,  "…affinché un bambino entri in questo mondo linguistico, bisogna che sia esposto a una lingua che qualcuno parli con lui e acceda in lui il desiderio di comunicare …" (Sabbadini, De Cagno, Vaquer, Michelazzo - 2000). Vorrei riportare, a partire dal concetto di  desiderio,  due celebri aforismi di J. Lacan: "Il desiderio dell’uomo è il desiderio dell’Altro" - "L’inconscio è il discorso dell’Altro"
Che cosa significano i due aforismi?
·         I due aforismi indicano verità di cui servirsi, nei vari percorsi terapeutici, per la cura del linguaggio? 
·         Quale utilità operativa si può ricavare dalle lezioni freudiana e lacaniana sul linguaggio?  
Presenterò, come ho già accennato e  come risposta alle parole di Lacan, l’esperienza di un  atelier di parola
Apro alcune questioni sulle quali interrogarci:
·         Psicanalisi e neuroscienze alleate o antagoniste?  
·         Cosa accadrebbe se la psicanalisi trovasse conferma nelle neuroscienze?
·         Nel modello bio-psico-sociale: plasticità neuronale, traccia psichica e sinaptica, rete neuronale e inconscio possono diventare elementi  non antagonisti ma alleati?
Freud, come afasiologo e neurologo, ha sempre cercato di scoprire i fondamenti della Sua base teorica. Nel 1920 (in Al di là del principio di piacere, p. 243)  scriveva che, "...probabilmente, le carenze della nostra esposizione scomparirebbero se fossimo già nella condizione di sostituire i termini psicologici con quelli della fisiologia o della chimica. La biologia è davvero un campo dalle possibilità illimitate dal quale ci dobbiamo attendere le più sorprendenti delucidazioni, non possiamo quindi indovinare quali risposte essa potrà dare, tra qualche decennio, ai problemi che le abbiamo posto …". La scoperta dei neuroni a specchio (mirror-neurons - avvenuta agli inizi degli anni novanta all’Istituto di fisiologia di Parma - ha permesso di  comprendere i fenomeni: 
·         dell’ identificazione,
·         della teoria della mente,
·         dell’ empatia,
·         della comprensione di stati mentali altrui,
·         dell’ autismo.
Le basi neurofisiologiche dell’intersoggettività (Gallese, Paolo Migone e Morris Eagle) aprono connessioni possibili con la psicanalisi. Recenti autori come F. Ansermet (medico psichiatra infantile, psicanalista) e P. Magistretti (neuroscienziato) scrivono: "La plasticità partecipa all’emergere dalla individualità del soggetto …Ogni esperienza è unica, il fenomeno della plasticità non è un fenomeno esclusivamente psichico, esso coinvolge anche il corpo …". Tali autori propongono l’ipotesi di un modello d’inconscio che integri i dati della neurobiologia con i principi fondanti della psicanalisi  (A ciascuno il suo cervello, plasticità neuronale e inconscio, Bollati Boringhieri, 2008).
Come ultimo frammento, infine, si possono  ricordare i lavori :
·         sulla immagine speculare, nella ricerca storico-psicanalitica di J. Lacan, 
·         sullo stadio dello specchio,
·         sugli schemi ottici ed i fenomeni che si stratificano nell’inconscio (J. Lacan,  Fabrizio Palombi, Carrocci, 2008).

Diagnosi e riabilitazione: un compito impossibile ?
Diagnosi è un termine di origine greca, deriva da dia - per mezzo e gnosis - cognizione, conoscere; per il vocabolario di psicologia di Galimberti significa: riconoscimento. L’aspettativa - degli utenti e degli operatori - dei servizi, nei confronti della diagnosi, è quella che sia oggettiva, ma può accadere di dover maneggiare diagnosi con alcuni costrutti teorici  (diagnosi medica, psichiatrica, neuropsicologica, funzionale, sociale,…). Per questi motivi uno degli scopi del sistema ICF è quello di migliorare la comunicazione tra gli operatori in un linguaggio comune e condivisibile. La diagnosi, se non è solo un’applicazione di codici o etichette, può essere l’incontro di saperi professionali diversi? Riabilitazione - con le sue pratiche terapeutiche ben delimitate, con l’attenzione alla persona e al sistema familiare/sociale nell’incontro con il corpo reale - può essere:       riparabile  o  non riparabile.  L’irrompere della verità,  nella relazione di cura,   può essere una  risorsa possibile.

Atelier
E’ un termine francese che indica: opificio, laboratorio, studio di pittura, incisione.
·         Può diventare, in laboratorio, un’esperienza di tecniche preliminari alla parola del bambino?
·         Può diventare una raccolta di utili dati sul territorio, nella scuola, nei servizi ?
·         Può dar vita ad una pratica a piu voci (pratique à plusieurs definizione data da J.Miller in Italia)? Una pratica da anni già sperimentata con successo da una mia carissima amica.

Tecnica
E’ un termine che deriva dal greco (techné), indica: arte (collegato alla poiesis, ovvero produzione artistica). Significa anche: tessere, stendere la tela, fare testo. Nell’ideogramma della  lingua cinese tek significa: processo; origina dagli ideogrammi: crocevia, cammino, strada, comunicazione.
Che cosa si incide in un atelier ?
Che cosa - tra bambini disturbati,chiusi in se stessi in una solitudine onnipotente - lascia traccia nell’incontro con un Altro?
Il movimento può incidere una traccia grafica e lasciare, nel bambino, un segno che preceda la parola?
L’atelier è, contemporaneamente, un dispositivo:
·         di gioco,
·         di narrazione,
·         di possibili terapie utilizzando anche lo psicodramma,
·         può rappresentare un ritaglio istituzionale che comprende una pluralità di pratiche che, in questi anni, si sono svolte sotto diverse forme nel territorio ternano: sportelli di ascolto per adolescenti nelle scuole medie; atelier 'Panna e Cioccolato' per disabili cognitivi del Centro 'Il Faro'; gruppi di formazione per genitori, insegnanti e operatori nell’ambito dello psicodramma analitico anche per bambini. L’atelier può rappresentare anche un children-triaing,  termine coniato per indicare un gruppo di lavoro con adolescenti (il nostro gruppo è condotto dalla dott. Allegretti).

Origine (nascita) dell’ Atelier della Parola
L’ Atelier nasce dal desiderio di un incontro possibile tra psicanalisi e riabilitazione. I discorsi dei bambini, con i loro disordini comunicativi e fonologici, indicano delle tracce minori (diciamo minori, ma non lo sono) di riabilitazione che trovano conferma nel modello bio-psico-sociale. La posizione dell’operatore non è quella di esperto ma ha, principalmente, il compito di privilegiare l’ascolto, non un ascolto qualunque: un ascolto orientato alla raccolta di significanti (secondo la semantica lacaniana); un ascolto orientato all’attenzione; orientato alla ricerca non dell’errore ma delle dissonanze; un ascolto orientato alle fratture e discrepanze del discorso del Soggetto.  Soggetto che non è la persona (intesa come maschera, o ruolo …) ma è un soggetto che emerge dal discorso ed emerge attraverso il sintomo, esprimendo una domanda.

Centro Baobab
ll Centro Baobab, è un contesto semiresidenziale collocato all’interno della S.C. di Neuropsichiatria Infantile della Asl n.4 di Terni; è uno spazio operativo di accoglienza di bambini e preadolescenti con problemi psicopatologici, disturbi dello sviluppo, problemi comportamentali, gravi disturbi dell’attenzione, della comunicazione e dell’apprendimento; è una casa pomeridiana dove il bambino compie insieme ad altri attività quotidiane: artistiche, ricreative, di studio, uscite esterne,
preparazione dei pasti e delle merende (anche il cibo può diventare una condivisione e un legame con gli altri). Bambini e preadolescenti, in tali varie attività della vita quotidiana, possono incontrare dei momenti di difficoltà in cui esprimono la loro solitudine, la rabbia, la fatica ad aprirsi a varie forme di legami sociali. La  partenza è avvenuta per caso (diciamo per 'irruzione'), non è stata programmata a tavolino: è arrivata di corsa e dai bambini stessi, è stato un inizio breve e fugace. La partenza è accaduta (penso all’accaduto psichico di cui parla Freud) nella palestra adiacente al Baobab: il Baobab è un luogo che - per motivi organizzativi - è proibito e, perciò, fortemente desiderato. Nonostante ci fossero altre stanze, per la legge dell’attrazione, bambini e preadolescenti erano incuriositi dalla palestra e, un giorno, hanno fatto irruzione.

La palestra
Una stanza ampia, luminosa, ricca di specchi, tappeti, un pianoforte bianco e numerosi attrezzi ginnici colorati: ogni mercoledì seguivo due gruppi con un intervallo di quaranta minuti tra un gruppo e l’altro. Nell’intervallo, nel parco, avevo già corso con gli ospiti del Centro la cui età variava dai cinque anni ai sedici anni. Dal  diario della cartella clinica colgo i seguenti elementi: "…bambini e preadolescenti arrivano uno alla volta timidamente, oppure tutti insieme irrompono di scatto e iniziano a toccare tutto, passano da un gioco all’altro, non sanno usare gli strumenti, aprono le scatole, perdono i campanelli degli strumenti musicali, disfanno  l'ordine  della  stanza. Sono contenti, ma possono fermarsi? Possono sostare?…"

Il posto
La questione di trovare un posto, anche se limitato, sembra essere importante. Il posto scelto è una palestra, un luogo regolato da una Legge. La palestra non è una risposta immediata, ma dovrà essere contrattata (quanto, come, quando?) …I bambini potranno venire e giocare, ma avranno soltanto un tempo di quaranta minuti. Avere un luogo e un posto - scelti dai bambini - è un passaggio centrale,  ma tra luogo e posto " vi è una profonda differenza …", come ci ha fatto notare Miller.
I bambini, nelle trame riabilitative-educative, si muovono in vari luoghi: scuola, servizi, ecc. I luoghi che incontrano sono molteplici e legati alla cultura, al linguaggio, all’ordine simbolico…Il posto, invece, è quello scelto dal soggetto e legato a  una classificazione dove l’Altro non parla al posto del bambino. Il posto limita l’eccesso di godimento ed è un limite all'angoscia persecutoria. Il godimento, per Lacan, non è il piacere ma è una istanza negativa: è una nozione complessa che rimanda al linguaggio. Lacan afferma che solo se si perde un po’ di godimento si entra nel linguaggio. Il desiderio viene dall’Altro, mentre il godimento viene dalla Cosa (Das Ding). (N.B - Lacan afferma che il desiderio inconscio ruota attorno ad un vuoto di senso: Freud lo chiama Das Ding - Lacan lo chiama la Cosa). Freud ('Progetto di una psicologia') designa la Cosa come un apparato psichico, una configurazione di neuroni investita dal ricordo dell’oggetto: l’oggetto di soddisfacimento. Il rapporto tra percezione e oggetto è rilevante nell’osservazione dei comportamenti infantili. "La questione del posto è fondamentale, solo se un bambino trova un posto in un Altro-regolato, che non gli si impone  e  non sa per lui, ma lo sostiene in modo rigoroso nella sua posizione soggettiva, è possibile un ancoraggio" (Martine Egge).

Il tempo
Un posto preliminare alla parola ed un tempo : un tempo per guardare, capire, concludere. “Il tempo della cura non è un tempo lineare e cronologico, ma è un tempo intersoggettivo” (Lacan). Il posto occupato dai bambini del Baobab è stata la palestra: un posto in cui buttarsi a capofitto sugli oggetti, sui tappetini, sulle palle grandi e rotonde, affamati di stimoli e desiderosi di produrre caos, rumori  e suoni. Muoversi e produrre suoni è importante, perché la voce si genera dal corpo in movimento e, inoltre, non è una voce “educata”: è una voce rumorosa, esplosiva o soltanto sussurrata, impercettibile. Una voce che nasce, come indicano le esperienze teatrali e vocali di Anna Maria Civico, da un  corpo reso strumento, se attivato da opportune e adeguate pratiche. Ma prima di essere un corpo strumento, per quei bambini, il corpo era una macchina da  riparare:
·         un corpo attraversato dal linguaggio degli altri e fragile (morbido, rilassato) o rigido, assente,  piegato  nel proprio isolamento;
·         oppure  era un corpo pulsionale,  agitato, iperattivo  e  senza  limite. 
Bambini e preadolescenti, per diversi incontri-scontri, hanno riempito l’ordine della palestra con schemi di rottura: un farsi  e disfarsi  di un linguaggio non ancorato a un discorso, fatto di agiti, passaggi all’atto…Ma chi sono i  protagonisti di questa storia?

I  protagonisti
Presenterò alcuni protagonisti attraverso le parole ascoltate lungo i corridoi dei servizi, ascoltate in fretta e orientate sul mito di un romanzo-familiare, non misurabile e confermato dai dati delle cartelle cliniche…Perché, come ha sottolineato Miriam De Bernart (stupenda piscodrammatista): "Il bambino, come  effetto significante del discorso, non è il bambino reale e, perciò, può assumere una funzione metaforica o metonimica  ed occupare la posizione di oggetto nei fantasmi dell’altro familiare …".
·         Nofè,  un bambino africano di anni 8, con diagnosi di disturbo autistico, dimostra fisicamente dodici anni per peso e altezza; figlio di genitori separati, padre musicista e una madre che lo lava, lo profuma e lo accudisce come un bebè.
·         Prato fiorito, un bambino di 5 anni, assolutista e dispotico che presenta estrema povertà linguistica.       
·         Andrej,  un bambino di 12 anni, diagnosticato dislessico; vive con il padre e la nonna materna con problemi psichiatrici (disturbi dell’umore) sembra che possieda (la nonna) grandi capacità d’osservatrice e analitiche.
·         Titti-calze-lunghe, una bambina di 9 anni, iperattiva, dislessica, ritenuta da più persone “carismatica”, piena d’iniziative che - nei suoi tratti - ricorda il personaggio di Viola  (Calvino, Il Barone Rampante).
·         Lolli, un bambino di 10 anni, è un bravissimo attore, riesce anche a cambiare la sua voce (potrebbe fare il doppiatore).
·         Emma, una ragazza straniera di 17 anni, presenta  un ritardo lieve, già convivente con un coetaneo.

Dal caos al Tribunale della Libertà
L’impressione era  di assistere a una scarica motoria collettiva, fatta di slanci, urla incontrollate, energiche battaglie difficilmente riconducibili alla regola del far finta: porte che si aprivano e si chiudevano all’entrata di altri ospiti del Baobab, non invitati agli incontri. Tu sì e tu no era la parola d’ordine, ma l’entrata di un nuovo arrivato generava un altro crollo (il caos!). Il nuovo arrivato era una minaccia: ritornavano i terremoti, le sabbie mobili, le onde pericolose. Per difendersi da questi attacchi violenti i cuscini diventavano barche…Ma entrava l’acqua e le scialuppe erano fragili, non tutti si salvavano. Nofè restava fuori dai cuscini ad ondeggiare con il grosso corpo sulla palla e si rifletteva nello specchio; Prato Fiorito si chiudeva le orecchie mentre si accendevano e si spegnevano le luci e le tapparelle si alzavano e si abbassavano; Emma si metteva nel posto dell’autorità mancante: sgridava, urlava silenzio e cercava di rincorrere i disubbidienti. Sembrava una scena magica: gli oggetti animati da forze sopranaturali cadevano e si rompevano, palline che rotolavano, una ricerca continua di nuovi oggetti, una scena senza parola e senza senso. Una strana violenza poteva esplodere, nessun personaggio, nessun pensiero ma solo oggetti malefici…del resto … il gioco, secondo M. Klein, è come il sogno: E’  la via regia dell’ inconscio.  Di fronte ad un adulto impotente a fermare il caos ma potente nell’uso della parola sono iniziati altri movimenti dove l’oggetto, non distrutto, ha la funzione di  paletto, di ponte, di torre da difesa. I protagonisti, spinti da Titti-calze-lunghe, iniziano delle costruzioni: i tappeti diventavano letti e lettini o culle in cui dormire tutti insieme, ma di fronte a quella calma pacificante … (o eccesso di godimento?). Arriva un contro-ordine: “Devo uscire, devo stare zitta e non guardare”. Il Tribunale della Libertà, al quale i bambini sono ricorsi per regolare le azioni (e regolamentarle nell’ambito della Legge), aveva deciso che l’adulto - incapace a contenere il caos, ma potente e sapiente nell’uso delle parole - doveva essere messo alla porta.

Una scena rovesciata
La parola dei bambini presa sul serio apre a un nuovo teatro della mente: apre un Tribunale della Libertà. Un Tribunale che cosa tutela?
·         E’ un Tribunale-giustiziere di un danno fisico e psichico?
·         E’  una buona legge che sostiene  il desiderio?
Se l’adulto sa giocare, come ricorda Winnicott, si apre uno spazio creativo, uno spazio transazionale; per Lacan è importante che l’operatore agisca nella direzione della cura e, principalmente, sappia mantenere il suo posto.  Fuori dalla porta: inizia  un  tempo-lungo-d’attesa; in palestra che  cosa  accade ?.. Andrej lancia l’invito: “Puoi entrare … entra … entra … entra …” La scena è cambiata: il teatro dei sogni si è materializzato attorno all’assenza-presenza … nessuna traccia di battaglia … nessun protagonista  … nessun mostro  né acqua minacciosa … nessun lettino-tappetino. Il lavoro, ormai, è partito attorno a  un  vuoto  nel quale si nascondono i soggetti del gioco? “Dove sei ?” … “Eccomi Nofè” … “Eccomi Prato Fiorito” … “Andrej, Titti … dove siete ?”…E’ soltanto un’altra scena, ora si può formulare una nuova diagnosi: i  Soggetti sono stati, finalmente, riconosciuti e nominati…I  Soggetti si sono appellati all’Altro e  proseguono il loro cammino tra un significante e l’altro. La diagnosi è un lavoro che coinvolge: l’operatore, nell’approccio bio-psico-sociale, incontra competenze e professionalità diverse; ora egli è in grado di utilizzare la diagnosi intesa come traccia di una trama di rete costituita da familiari, operatori, attori protagonisti principali e minori. Tutto questo accade perché il concetto di cura, scienza, di riabilitazione e d’arte passa attraverso livelli diversi (sociali, biologici, intrapschici e interpsichici). Ogni professionalità - se correttamente pensata e riconosciuta - ha un senso nel progetto riabilitativo. La presa in carico del singolo non è un atto individuale, ma deve essere un atto realizzato da un gruppo di lavoro che opera in piena armonia e collaborazione.  F. Stoppa sostiene che lo psicanalista ed il docente di Clinica Istituzionale conducono una equipe curante: non rappresentano soltanto la risposta tecnica ai problemi, ogni operatore esprime  la sua vocazione e realizza la costruzione e la manutenzione all’interno delle quali il paziente dà forma al suo lavoro di cura.  La diagnosi deve evidenziare la posizione di un soggetto al lavoro: la diagnosi delinea e mette in luce la posizione esistenziale del Soggetto che si apre al legame sociale.

Silvana LEALI

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IN QUESTI ANNI ABBIAMO CORSO COSÌ VELOCEMENTE CHE DOBBIAMO ORA FERMARCI PERCHÈ LA NOSTRA ANIMA POSSA RAGGIUNGERCI

(Michael Ende)

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A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro, sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi.

(Carl Gustav Jung)