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In questi anni abbiamo corso così velocemente che dobbiamo ora fermarci perché la nostra anima possa raggiungerci. (Michael Ende) ---- A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro. Sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi. (Carl Gustav Jung)

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO:QUANDO LA BANDA PASSAVA...
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535. RECENSIONI 2016 di Sky Robertace Latini



“DYSTOPIA” (2016) album dei Megadeth(USA)
Etichetta: Tradecraft
Nessuna delusione. Stavolta, dopo due album non all’altezza, del 2011 e del 2013, esce un nuovo colpo di ottimo metal. “Dystopia” riporta Mustaine ai livelli del 2009, anzi con un album ancor più bello dell’ottimo “Endgame”, arrivando forse a raggiungere la bellezza degli album d’oro. Esso può essere posto a metà strada fra quelli poco commerciali di inizio carriera e quelli successivi più digeribili, ma sempre suggestivi come “Countdown to Extinction” e “Youthnasia”, in un gioco tra l’orecchiabile e il duro. Possiamo quindi dividere le tracce in due parti, come scrivendo i cattivi e i buoni sulla lavagna. Brani cattivoni: già la prima traccia “THE THREAT IS REAL” è un pesante colpo d’artiglieria, non veloce ma di calibro forte. Uno dei momenti più belli e massicci di tutto l’album. Ritmica e cantato scuri, cavalcata di puro thrash. L’iniziale pesantezza e lentezza di “FATAL ILLUSION” si stempera nella successiva velocizzazione che azzecca subito il giro di chitarra, permettendo di entrare con facilità nel pezzo. In realtà la song si divide in due parti, la seconda aumenta tono e cupezza, con un cantato più tagliente. “BULLET TO THE BRAIN” non deve trarre in inganno; anche se inizia con chitarra acustica ha un accento ombroso, è forse il pezzo più ibrido fra le due anime. “LYING IN STATE” è furente e scotta di metallo fuso; una bella tirata angosciata della voce che poi si abbassa addensandosi. A questo punto cambia l’accompagnamento ritmico e l’assolo diventa un fumante vapore sopra una batteria ossessiva.
Brani gentili:
“DYSTOPIA” (https://www.youtube.com/watch?v=bK95lWHl7js) suona subito molto accattivante con la chitarra liquida iniziale e un cantato ben determinato e netto. Si sente la frizzantezza Power dei brasiliani Angra da cui il chitarrista Loureiro proviene (cosa che si ripeterà nelle song successive). La parte finale in effetti è tutta lasciata ai due chitarristi per solismi classici ben tenuti. “DEATH FROM WITHIN” va posta tra i momenti meno duri nonostante la forza atmosferica, in quanto il ritornello è melodico alla maniera tipica del Mustaine più malizioso, e l’assolo di chitarra è piuttosto dolce e luminoso (ma magnifico) con un finale alla Ted Nugent. “POST AMERICAN WORLD” può essere considerato più orecchiabile nel senso di accessibile sebbene si esprime con verve minacciosa; infatti ricorda “Symphony of Destruction” del 1992 che aveva la sua fruibilità nel ritmo cadenzato e nella suadenza vocale, elementi riscontrabili anche qui. “LOOK WHO’S TALKING” è la song più funny del lotto, con un bel ritornello allegrotto. Un lungo (1 m e 14 sec) intro di chitarra acustica classicheggiante dà il via alla strumentale “CONQUER OR DIE”, tutta chitarra solista, per un assolo molto più bello di quello dell’altra strumentale. “THE EMPEROR”, con una sfumatura grunge, è invece un brano metal con fraseggi Hard e un ritornello che viene voglia di cantare. Dalle due categorizzazioni elimino solo due tracce in quanto le uniche minori. Si tratta della strumentale “Poisonous shadows”, divertente ma contemporaneamente scontata, e “Last Dying Wish” che funziona benissimo nella sua struttura e nel ritornello, ma che perde forza per via del cantato che può definirsi parlato. Episodi godibilissimi ma comunque meno funzionali. Quindicesimo album della lunga carriera della band attiva dal 1985, superando di ben 5 dischi i rivali ex compagni, Metallica. Mustaine testimonia come si può risultare cattivi e maligni vocalmente senza bisogna di growl o screaming. La sua ugola non sarà più frizzante come agli esordi, ma ha un fascino rovente che non manca mai di piacere. Le chitarre sono la vera essenza di tutti i pezzi: sferragliate elettriche piene di enfasi e senso melodico, con svisate roventi. E’ proprio il mondo a sei corde che ogni rocker vorrebbe sentire. Cenno meritevole per la ben confezionata cover degli statunitensi Fear che ricorda a tutti l’amore di Mustaine per il punk. Come al solito i testi di Mustaine sono critici, e qui si parla di un futuro negativo, un mondo descritto come pauroso e pericoloso, politicamente distruttivo. La musica è però tenace, stimola a resistere; ruvida ma compatta ed energica. Bellissimo album che lascia ai posteri i Megadeth tra le migliori espressioni del panorama Thrash di ogni tempo. Estrema scorrevolezza in un songwwriting che rispetta la vera anima della band. Solo Ekllefson al basso e il leader Mustaine sono i vecchi componenti, ma i nuovi non hanno stravolto nulla, anzi hanno potenziato lo stile.
Sky RobertAce Latini
01.  The threat is real / 02.  Dystopia / 03.  Fatal illusion / 04.  Death from within
05.  Bullet to the brain / 06.  Post american world / 07.  Poisonous shadows
08.  Look who’s talking / 09.  Conquer or die / 10.  Lying in state / 11.  The Emperor
12.  Last dying wish / 13.  Foreign policy (Fear cover)
 Dave Mustaine – guitars / vocals        //            Kiko Loureiro - guitars
Dave Ellefson – bass                               //             Chris Adler - drums

“INTO THE LEGEND” (2016) – album dei Rhapsody Of Fire (Italia)
AFM Records / Audioglobe
La passione lirica e sinfonica infiamma ancora il panorama metal. I Rhapsody Of Fire, come l’anno scorso i Luca Turilli’s Rhapsody, dimostrano quanto metal e musica sinfonica siano fra loro imparentati. L’Italia della musica classica in qualche modo avrebbe finito per condizionare il metallo nostrano; e questo ormai succede in maniera esplicita da parecchi anni in questa band, nel modo migliore possibile (era il 1997 quando ci fu l’esordio). Chi pensa ancora che il metal sia rumore, deve ancora una volta ricredersi, perché oggi come oggi solo il metal forse sa spingersi verso caratteristiche emozionali simili alla grande musica del passato. La Power “Distant Sky” è un pezzo funzionalissimo ma è ciò che classicamente ci si aspetta dai Rhapsody, così da non regalare sorprese, e siccome poi in qualche modo ha delle reminescenze che ricordano il ritornello di Emerald sword (in verità in modo appena accennato), non risulta il momento più significativo dell’album. Tutta altra cosa per la title-track “INTO THE LEGEND”
 (https://www.youtube.com/watch?v=__6VtmQxsg0 ), la cui durezza atmosferica, incrementata dal tono vocale, rende fortemente emozionale  l’ascolto. Forse il pezzo più bello, con un Lione appunto molto ispirato che interpreta, con la sua ormai migliorata qualità espressiva, una song senza difetti. “WINTER’S RAIN”rallenta usando il middle-time ma non diminuisce la potenza sonora, con una compattezza che ricorda le atmosfere di Ronnie James Dio, carattersitica che si propone anche tramite il cantato, sebbene con la voce di Lione più chiara rispetto a quella di Ronnie; al centro una significativa e profonda parte sinfonica. Altro pezzo splendido è la tirata “REALMS OF LIGHT”, con una vocalità piuttosto Heavy quasi Iron Maiden, e un afflato lirico spinto, che si insinua nel songwriting tra cori e ritornello; e inoltre un assolo molto progressive diviso tra tastiere e chitarra. Il Power Metal è molto presente e “RAGE OF DARKNESS” fa percepire un po’ di stile Stratovarius; la parte solista è a dir poco entusiasmante, forse la più bella dell’album.  Il disco si chiude con una suite tra le migliori lunghe song della band mai realizzate, regalando grande pathos. Si tratta di “THE KISS OF LIFE”, la quale dura quasi diciassette minuti variando tra soft e durezza come un racconto da seguire passo passo, in una atmosfera parzialmente cinematografica.  L’incedere avventuroso di questa opera si lega a tutto il metal a cui si può imparentare: al folk metal con “A Voice in the cold Wind”; e appunto alla frizzantezza degli Stratovaius e all’Heavy Metal anni ’80, e anche al Prog, e sempre in una forte impronta personale tipicamente Rhapsody, anche se nell’ultima traccia si possono sentire i richiami dei Nightwish. Giusto la ballata “Shining Star” appare derivativa (assimilabile a “Master of the Wind” degli statunitensi Manowar). Lione ormai è il migliore singer italiano, a volte qui sembra un po’ faticare ma spinge lo stesso, e soprattutto ha grandi capacità interpretative ormai ben sviluppate. Dentro tre pezzi c’è poi una voce femminile lirica che sa regalare intensa emozione. Quello che possiamo dire con certezza è che si gioca sempre più al rialzo; album dopo album la magniloquenza e la spregiudicatezza fomentano il lato maggiormente epico della band: tra cantante, tastierista e chitarrista, si è quasi vicini all’eccesso stilistico. Cosa che fanno anche i “fratelli” Turilli’s Rhapsody (anche se la competizione, nel campo del Symphonic Metal, pare allargata anche agli olandesi Epica che negli ultimi due album hanno osato strafare con gran successo; vedremo il loro nuovo di quest’anno). Sembra una strada senza più ritorno, che però è appagante in termini di bellezza ed efficacia. Le schitarrate sono potenti e virtuosistiche, come virtuoso è anche il solismo delle tastiere. C’è molta anima metallicamente rock dentro questo classicismo sinfonico. I Rhapsody Of Fire non per niente sono uno dei gruppi metal italici più amati all’estero (battuti solo dai Lacuna Coil). Come si fa a rimanere così in alto artisticamente negli anni?
 01. In Principio - 02. Distant Sky - 03. Into The Legend - 04. Winter's Rain - 05. A Voice In The Cold Wind - 06. Valley Of Shadows - 07. Shining Star - 08. Realms Of Light - 09. Rage Of Darkness - 10. The Kiss Of Life
Fabio Lione – vocals / Roberto De Micheli –guitars / Alessandro Staropoli – keyboards / Alessandro Sala – bass / Alex Holzwarth - drums

SKY ROBERTACE LATINI











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IN QUESTI ANNI ABBIAMO CORSO COSÌ VELOCEMENTE CHE DOBBIAMO ORA FERMARCI PERCHÈ LA NOSTRA ANIMA POSSA RAGGIUNGERCI

(Michael Ende)

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A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro, sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi.

(Carl Gustav Jung)