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In questi anni abbiamo corso così velocemente che dobbiamo ora fermarci perché la nostra anima possa raggiungerci. (Michael Ende) ---- A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro. Sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi. (Carl Gustav Jung)

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO:QUANDO LA BANDA PASSAVA...
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536. VIDYA E AVIDYA: LA CONOSCENZA CHE LIBERA da un'Americana a Venezia




Con questo post proverò a parlare di un concetto fondamentale dell'antichissima filosofia Vedanta.  Tratta di due vocaboli nella lingua sanscrita: vidya e avidya.  Nel Periodo Vedico dell'India (Età del Bronzo e del Ferro) esistevano diversi tipi di vidya, sapienza:  per esempio, quelli della scienza, del know-how, dell'apprendimento, della medicina e della filosofia.  Possedere vidya, dal verbo vid, sapere, in quell'epoca era più importante di possedere terra.  Oggi l'aspetto più importante di vidya viene confermato dalla fisica quantum, mentre la più antica scuola indù di Vedanta, la Advaita ("non-duale"), lo approfondisce.  Vidya in lingua sanscrita significa "conoscenza," mentre avidya è l'opposto, "senza conoscenza."  L'avidya, termine spesso tradotto come "ignoranza," è la causa principale della nostra infelicità.  Senza vidya, viviamo un vuoto di significato con riguardo a chi siamo veramente.  Ma parlare della vidya nel suo senso metafisico è un pò come provare a vedere il retro della propria testa.  Si arriva alla vidya attraverso la contemplazione.  Comunque, ci provo, convinta che conoscere un pò di vidya e avidya, concetti noti agli indù e ai buddhisti, è informazione vitale per l'uomo contemporaneo.  Vidya appartiene soprattutto alla sfera spirituale.  La formula vedica di questa "pura conoscenza" è semplice: Atman, la scintilla eterna dentro di te, è uguale a Brahman, l'Unità Suprema.  Nell'immensa molteplicità di forme troviamo Brahman, grande oltre l'immaginazione.  Per l'antica scuola Advaita, siamo tutti diversi eppure siamo tutti un'emanazione di Dio.  L'avidya, descritta fra gli Advaitisti anche come "non quello," perché le apparenze facilmente ingannano, rimane lo stato mentale che ostacola la nostra comprensione di vidya.  Chi non cerca vidya vive esclusivamente nella maya, cioè, nell'illusione, convinto che il mondo materiale ed i suoi oggetti sono l'unica realtà, tutto e tutti staccati e senza legame profondo.  Vivere nella maya significa vivere nella dualità: io e tu, noi e loro, esseri umani contro la natura, ecc.  E' vero che ai nostri occhi le cose e le persone appaiono ben divise e distinte.  Poi, abbiamo imparato a mettere tutto in una categoria con le parole.  La nostra coscienza non è in grado di percepire la realtà sul livello delle particelle di energia dove tutto è davvero unito.  Inoltre, le nostre menti mondane sono troppo distratte per avventurarsi oltre questioni di sopravvivenza e piacere.  Quindi, l'avidya, l'ignoranza della verità, rimane il principale ostacolo alla visione della vidya.  Qualcuno dice che l'illusione della maya è la polvere sullo specchio che oscura la realtà.  Come capita questo offuscamento?  L'ego dell'individuo viene rafforzato dalla prima infanzia: siamo velocemente ipnotizzati a credere che siamo i nostri nomi, che siamo isolati dentro il corpo, o peggio, che siamo solo il nostro corpo.  Poi arrivano più strati di polvere: i nostri attaccamenti, avversioni, gusti, preferenze, opinioni e credenze.  Insomma, prima o poi c'è un grande "IO" da difendere.  Siamo tanti "IO" che provano a farsi vedere, quasi tutti cercando la propria riflessione.  Abbiamo creato un gran bel groviglio di dualità dentro la testa, ben rafforzata dalla nostra società consumistica, e quando guardiamo noi stessi e gli altri, vediamo solo lo specchio sporco della propria mente.  Alla fine, la paura dell'altro diventa la nostra compagna più costante.  Finché non cominciamo a rimuovere tutta questa polvere, non arriveremo mai alla liberazione dalla maya.  E' questa ricerca ciò che intendevano gli antichi greci con il consiglio Gnothi sauton, "Conosci te stesso"?  E' questa la verità di cui Sant'Agostino scriveva, spiegando che la libertà è la stessa "Sapienza" attraverso la quale si può conoscere il Sommo Bene?  Per noi occidentali la spiegazione della realtà offerta dalla scuola Advaita Vedanta è allucinante, apprezzabile soprattutto dagli studiosi della nuova fisica.  Ma la verità non è più teoria nè mera credenza: tutto e tutti sono inestricabilmente uniti in un campo di energia unificato.  Siamo, in effetti, onde di energie collegate fra di noi, interdipendenti, composti della stessa polvere di stelle, respirando qui sulla Terra in un universo infinito.  Che cosa vuole dire?  Ha dell'incredibile.  E' difficile accettare che il tuo vicino di casa, sì, quello lì, è un'altra forma di te!  Che quando mangi la carne, mangi anche una parte di te stesso!  Che quando tagli un albero, fai fuori anche te stesso!  Cosa facciamo con quest'informazione?  Che senso può avere se non siamo tutti d'accordo?  Appunto.  Cosa ne facciamo?  Bloccati come siamo sempre stati in uno stato collettivo di avidya, separati dentro e fuori di noi, acceccati dalle apparenze, non possiamo far a meno di continuare ad agire, momento dopo momento, nel buio, commettendo atti oltraggiosi nei confronti di noi stessi e del pianeta, facendo sbagli che nel cristianesimo chiamiamo peccati.  Vidya/avidya è un concetto spirituale così grande e così estraneo al nostro modo di pensare che la maggior parte di noi lo rifiuta come scienza astratta oppure come propaganda psichedelica.  Ma forse è ora di svegliarci dall'incubo dell'ego solitario che cerca invano di soddisfarsi.  Abbiamo sete di verità, per una visione compassionevole della vita che ci può liberare dai nostri piccoli egoismi.  La prossima volta che vediamo giovani alle manifestazioni con cartelli che leggono SIAMO TUTTI UNO, possiamo sperare che il profondo significato di questo antico concetto sta finalmente arrivando da noi.  E quando Gesù ci dice nel Vangelo di Matteo, "Tutto quello che avete fatto a uno di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me," forse capiremo col cuore più aperto.  Almeno, il vecchio comandamento che parla di amare il prossimo come amiamo noi stessi ci sembrerà più coerente.  Termino questo post con la speranza che sempre più esseri umani, stufi di guardarsi nello specchio opaco (oppure nell'obiettivo del telefonino), apriranno gli occhi alle immense possibilità della nostra specie per trovarsi, qui e ora, parte integrante del capolavoro ancora in corso dal Divino.   UN'AMERICANA A VENEZIA


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IN QUESTI ANNI ABBIAMO CORSO COSÌ VELOCEMENTE CHE DOBBIAMO ORA FERMARCI PERCHÈ LA NOSTRA ANIMA POSSA RAGGIUNGERCI

(Michael Ende)

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A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro, sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi.

(Carl Gustav Jung)