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In questi anni abbiamo corso così velocemente che dobbiamo ora fermarci perché la nostra anima possa raggiungerci. (Michael Ende) ---- A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro. Sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi. (Carl Gustav Jung)

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO

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539. NOI DI ANNE SEXTON di Chiara Passarella


Noi di  Anne Sexton
Noi

Ero avvolta nella pelliccia
nera, nella pelliccia bianca
e tu mi svolgevi
e in una luce d’oro
poi m’incoronasti,
mentre fuori dardi di neve
diagonali battevano alla porta.
Mentre venti centimetri di neve
cadevano come stelle
in frammenti di calcio,
noi stavamo nel nostro corpo
(stanza che ci seppellirà)
e tu stavi nel mio corpo
(stanza che ci sopravviverà)
e all’inizio ti asciugai
i piedi con una pezza
perché ero la tua schiava
e tu mi chiamavi principessa.
Principessa!

Oh, allora
mi alzai con la pelle d’oro,
e mi disfeci dei salmi
mi disfeci dei vestiti
e tu sciogliesti le briglie
sciogliesti le redini,
ed io i bottoni,
e disfeci le ossa, le confusioni,
le cartoline del New England,
le notti di Gennaio finite alle dieci,
e come spighe ci sollevammo,
per acri ed acri d’oro,
e poi mietemmo, mietemmo,
mietemmo.

                                      Anne Sexton  (traduzione di Rosaria Lo Russo)

                                      da “Poesie d’amore”

Us

I was wrapped in black
fur and white fur and
you undid me and then
you placed me in gold light
and then you crowned me,
while snow fell outside
the door in diagonal darts.
While a ten-inch snow
came down like stars
in small calcium fragments,
we were in our own bodies
(that room that will bury us)
and you were in my body
(that room that will outlive us)
and at first I rubbed your
feet dry with a towel
becuase I was your slave
and then you called me princess.
Princess!

Oh then
I stood up in my gold skin
and I beat down the psalms
and I beat down the clothes
and you undid the bridle
and you undid the reins
and I undid the buttons,
the bones, the confusions,
the New England postcards,
the January ten o’clock night,
and we rose up like wheat,
acre after acre of gold,
and we harvested,
we harvested.

                                               Anne Sexton  da “Love Poems”,

                                                Boston: Houghton Mifflin, 1969


Anne Sexton  è sata una poetessa statunitense. Approdata alla scrittura come forma di psicoterapia dopo lunghi periodi di degenza (in concomitanza con la maternità era rimasta vittima di gravi squilibri), entrò in contatto con W. D. Snodgrass e R. Lowell. Da queste esperienze nacque la raccolta di versi To Bedlam and part way back (1960), cui seguì All my pretty ones (1962). La sua poesia, di tipo “confessionale” come quella dei suoi maestri e dell’amica S. Plath, è attraversata dal motivo dell’assenza e da immagini ricorrenti di morte, non di rado filtrate da un’ironia che ne stempera l’aggressività. Confermate le sue doti con Live or die (1966), Love poems (1969) e Transformation (1971), negli anni che precedono la morte per suicidio pubblicò altre raccolte di versi (The book of folly, 1972; The death notebooks, 1974) che tuttavia tradiscono un’involuzione del linguaggio. Al postumo, disperato The awful rowing toward God (1975), si aggiunsero 45 Mercy Street (1976) e Anne Sexton. A self portrait in letters (1977), entrambi a cura della figlia Linda. In Italia una scelta delle sue poesie è apparsa in La doppia immagine e altre poesie (1989). La poetessa e scrittrice Anne Sexton è morta suicida il 4 ottobre del 1974. La Sexton si sposò giovanissima, probabilmente per fuggire da un contesto familiare violento e da un percorso di studi ostico, a causa delle difficoltà di concentrazione e dei suoi primi disturbi non diagnosticati. La poesia e la scrittura furono il suo rifugio dalla malattia e la sua fama sconfinò presto oltreoceano. Forse alcune malattie sono particolarmente rappresentative della condizione femminile, dell’impossibilità di poter essere intera, una sola, senza per questo essere crocifissa dal presunto amore delle famiglie, dalla moralità del contesto sociale in cui si vive, dagli schemi ricorrenti in cui l’essere umano si muove per poter mantenere l’illusoria certezza di un senso.Anne Sexton nei suoi versi parlò delle donne in modo esplicito, trattando temi considerati imbarazzanti e moralmente inaccettabili come l’aborto, le relazioni extra coniugali, l’autoerotismo. Oggi storciamo il naso sentendo parlare di poesia confessionale eppure lei, come la Plath, ne furono un emblema. Non erano però i loro versi dei diari in frasi spezzate, ma la possibilità di eleggere il singolo essere umano narrante a soggetto/oggetto poetico e di esplorazione. La vita di una donna, le sue passioni, le sue paure, la malattia, gli istinti suicidi, avevano la stessa nobiltà di temi considerati universali. Nel dolore di Anne Sexton come nel suo desiderio, nella sua impossibilità di definire la morte che desiderava, ritroviamo anche il nostro dolore e i nostri desideri. I grandi poeti sono uno specchio per ogni lettore, ma le poetesse e le scrittrici hanno un bonus in più perché la loro voce diventa quella di tutte le donne inascoltate e messe a tacere. Dei dolori che non hanno patria e riconoscimento. Esistono scrittori senza biografia o con biografia leggendaria e scrittori, come la Sexton, la cui vita diventa parte integrante della loro opera letteraria. Tutti gli scrittori in quanto tali hanno una figura pubblica che non coincide con la loro identità privata, ma la Sexton fu più di altri un personaggio. La sua estrazione era quella di una famiglia altoborghese del puritano New England, anche se di puritano il padre e la madre ebbero poi molto poco: in realtà, l’una con la sua freddezza, l’altro con la sua assenza e la sua violenza non seppero ricoprire in modo adeguato i rispettivi ruoli nei confronti della figlia, la quale ne pagò a caro prezzo le conseguenze. Studentessa mediocre, Anne fuggì dal college con Alfred Sexton, che poi sposò e dal quale ebbe due figlie. Il punto di svolta nella vita della Sexton fu il 1956, anno in cui, qualche mese dopo il secondo parto, i suoi problemi psichici esplosero in un primo tentativo di suicidio. La poetessa nacque per una geniale intuizione dello psicanalista alle cui cure fu affidata, il dottor Martin Orne, il quale le suggerì la scrittura in versi come terapia. Il successo, già notevole dopo la pubblicazione delle prime due raccolte, raggiunse il vertice nel 1967 con l’assegnazione ad Anne Sexton del Premio Pulitzer per Live or Die e da allora fu un crescendo di riconoscimenti pubblici. Purtroppo il successo aveva solo messo tra parentesi i gravi problemi psichici della poetessa, che continuarono a manifestarsi, pur se in modo discontinuo, fino a prendere il sopravvento negli ultimi due anni della sua vita, stroncata dal suicidio nel 1974. Sostanzialmente, il personaggio Sexton rifraseggia la figura del poeta romantico “maledetto” in termini femminili e americani in stile secondo-dopoguerra: così la sua biografia trasmette da un lato il fascino dovuto all’estrosità del personaggio e alla bellezza estetica dei suoi testi, dall’altro un certo sconforto prodotto dalla catena di ricoveri in clinica psichiatrica, dalle sue isterie e dai suoi comportamenti irresponsabili in famiglia e con gli amici, il tutto alla squallida onnipresenza di alcolici, pillole e sigarette.  La follia, nei suoi aspetti anche ospedalieri, non è il solo argomento ampiamente presente nella poetessa americana che fece scandalo all’epoca della sua uscita in volume. Alla Sexton spetta infatti il merito storicamente dimostrabile di aver parlato per prima in poesia di una serie di tematiche, legate in particolar modo alla corporeità, che sono oggi materia corrente, se non spesso luoghi comuni, della poesia che vuole caratterizzarsi come femminile, mentre negli anni Sessanta suscitarono un certo clamore da parte di pubblico e critica benpensante. Questo aspetto della ricezione della poesia sextoniana non va però estremizzato, poiché la Sexton divenne rapidamente una figura popolare, per quanto può esserlo una poetessa, e fu certamente più celebrata che osteggiata dalla metà degli anni Sessanta in poi (l’esordio ricordiamolo avvenne nel 1960).  Essenzialmente la sua poesia si concentra da un lato sull’esistenziale, raffigurando i rapporti interpersonali dentro e fuori la famiglia, dall’altro sul metafisico, esaminando il rapporto con il divino in un’epoca di crisi della religiosità tradizionale. Il punto di vista è sempre, con coerenza, individuale, sia che la poetessa dica “io”, sia che si avvalga di una maschera tramite qualche personaggio. La Sexton e altri poeti dell’epoca sono di solito chiamati confessional, un termine usato da M.L. Rosenthal nel 1959 in una recensione su Lowell proprio per la presenza di un “io” chiaramente riconducibile all’autore come persona reale. Il termine si estese in seguito a indicare un modo poetico che illustra con franchezza il vissuto anche negli aspetti più personali e intimi. Non si deve però credere ingenuamente che la trattazione in prima persona di tali argomenti implichi una verità biografica. La Sexton affermò in diverse interviste di aver modificato nei suoi testi i fatti realmente accaduti per renderli poeticamente più efficaci. L’ambito della sua scrittura è sempre, e consapevolmente, il verosimile, non il vero come corrispondenza esatta con l’accaduto, poiché, come lei stessa affermò, la verità poetica non è necessariamente autobiografica.  Nucleo della vicenda umana e artistica della poetessa fu il rapporto con una madre che a suo parere non le diede l’affetto necessario e le fu anzi “rivale” nell’adolescenza, e con un padre sul quale si riversarono tutte le sue aspettative benché lui si dimostrasse insofferente, sprezzante e violento nei suoi confronti. Un punto cruciale ma irrisolvibile della questione è che non si sa se il suo attaccamento morboso per il padre avesse un fondamento in fatti realmente accaduti; l’unico elemento sicuro è che la Sexton, clinicamente isterica, esagerava volentieri, anche (e forse specialmente) su argomenti così delicati, tanto che la sua amica più stretta notò come Anne tendesse ad ingigantire sia le sue carenze affettive sia quelle sessuali. La Sexton era una personalità, come si suol dire, non risolta, infantilmente bisognosa di qualcuno a cui appoggiarsi incapace di sviluppare un comportamento adulto e narcisisticamente desiderosa di rimanere adolescente.  Problematica e angosciosa appare nell’insieme anche la vita matrimoniale. La Sexton, del resto, si descrisse come una vittima del sogno americano, secondo il quale sposarsi, avere dei figli e fare la brava madre di famiglia era la strada sicura per la felicità, mentre, come lei stessa scoprì, quello fu l’inizio dei suoi problemi. La vita da donna di casa, quale la poetessa americana fu, le era in ogni senso inadatta, e la raffigurò in toni polemici in Casalinga, testo – uno dei pochi di impostazione espressamente sociale - che per l’epoca conteneva una protesta innovativa, mentre oggi il suo messaggio appare addirittura scontato; va inoltre aggiunto che, se la Sexton fu da un lato vittima di una società che le impose un ruolo tradizionale a lei non consono, dall’altro vittime sue furono il marito e le figlie.  Pur vantandosi di non aver incluso neanche una lirica d’amore nella sua prima raccolta, Anne Sexton produsse il suo libro di maggior successo, Love Poems (1969), sull’onda della relazione vietatissima con il suo analista di quel periodo. Esaminando, infine, le raccolte poetiche in ordine cronologico, si nota una crescita di interesse verso i temi della religione e della metafisica; lo stimolo alla riflessione, come raccontò la stessa poetessa, fu dovuto alla sua incertezza di fondo in questo campo, incertezza che le si ripresentò con forza quando nell’educare le figlie si rese conto di poter rispondere facilmente alle domande riguardo la sessualità, mentre temi come la morte e Dio la misero in difficoltà. Il legame che indicò tra la sua poesia confessional e quella religiosa è la sofferenza e la vicenda di Cristo costituiva per lei il più grande atto di confessione mai compiuto, anche se risulta difficile condensare in poche righe l’idea sextoniana del divino e della fede, poiché tale idea non giunse mai a una formulazione definitiva, ma fu in costante evoluzione.  Per onestà intellettuale concludo dicendo che quanto scritto finora su Anne Sexton è stato da me estratto e riadattato da “Scavandosi l’anima con il martello pneumatico”: sulla poesia di Anne Sexton di Edoardo Zuccato in A. Sexton, L’estrosa abbondanza, Crocetti Editore, Milano, 1997.] 


Chiara Passarella

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