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In questi anni abbiamo corso così velocemente che dobbiamo ora fermarci perché la nostra anima possa raggiungerci. (Michael Ende) ---- A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro. Sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi. (Carl Gustav Jung)

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO

LA FOTO DELLA SETTIMANA  a cura di NICOLA D'ALESSIO
LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO:QUANDO LA BANDA PASSAVA...
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579. LA PAURA DI EVA PICKOVA di Chiara Passarella

LA PAURA
Di nuovo l’orrore ha colpito il ghetto,
un male crudele che ne scaccia ogni altro.
La morte, demone folle, brandisce una gelida falce
che decapita intorno le sue vittime.
I cuori dei padri battono oggi di paura
e le madri nascondono il viso nel grembo.
La vipera del tifo strangola i bambini
e preleva le sue decime dal branco.
Oggi il mio sangue pulsa ancora,
ma i miei compagni mi muoiono accanto.
Piuttosto di vederli morire
vorrei io stesso trovare la morte.
Ma no, mio Dio, noi vogliamo vivere!
Non vogliamo vuoti nelle nostre file.
Il mondo è nostro e noi lo vogliamo migliore.
Vogliamo fare qualcosa. E’ vietato morire!
Eva Pickova
nata a Nymburk il 15 maggio 1929
deportata a Terezin il 16 aprile 1942
morta ad Auschwitz il 18 dicembre 1943



Quello della Shoah è un crimine immane fatto di infinite incredibili vicende, tessere di un disordinato ma organizzato mosaico messo in atto lucidamente da buona parte del genere umano in modo più o meno attivo. La tragedia del campo di concentramento di Terezin, in cui la crudeltà era la stessa dei molti altri campi nazisti, ci ha lasciato testimonianze tangibili di quell’enorme sofferenza, qualcosa di cui la memoria possa appropriarsi per ricordare ciò che il dolore insopportabile vorrebbe rimuovere:poesie e disegni di alcuni dei 15.000 bambini che vi furono internati e vi morirono di stenti o, se sopravvissuti a quell’orrore, sterminati ad Auschwitz. Di quei bambini solo un centinaio furono trovati vivi e liberati dalle truppe sovietiche l’8 maggio 1945. Terezin, fortezza settecentesca al centro della Boemia voluta dall’Imperatore d’Austria Giuseppe II per 7.000 persone, fu modificata dai nazisti facendovi lavorare giorno e notte oltre 3000 deportati affinchè con baracche di legno e sul terreno melmoso la capienza aumentasse. In essa furono stipate fino a 54.000 persone contemporaneamente; delle 140.000 circa che vi furono internate ne sopravvisse soltanto una ogni dieci.  Quello che vi accadeva dentro non è né descrivibile né immaginabile; raccontare che bambini di 12 anni dovevano lavorare 14 ore al giorno al freddo, scalzi e malvestiti, mangiando segatura e trasportando casse di cartone con le ceneri dei loro compagni bruciati nei forni crematori ad un ritmo di 200 il giorno può essere solo un pallido accenno all’atmosfera che erano costretti a vivere, cui erano costretti a dare vita. Nei campi nazisti, a Terezin, la vita non era bella, non poteva esserlo mai in nessun modo ed in nessun caso; tutti, adulti e bambini, vedevano e vivevano gli orrori; tutti sapevano perfettamente cosa li aspettava se non fossero morti sul posto di stenti, delle violenze, per le malattie o impiccati per i capricci di qualche gerarca: il trasferimento nei carri bestiame all’ultima destinazione, il trasferimento al campo di sterminio. Gli ebrei non dovevano solo essere cancellati dal mondo e dalla storia, ma dovevano essere umiliati, spersonalizzati, torturati ed annullati in ogni loro aspetto. Nonostante questo all’interno di Terezin, di nascosto dai loro aguzzini e col terrore di essere scoperti, gli adulti si organizzarono in modo che fosse possibile dare ai bambini il calore umano ed il senso della vita che in ogni istante gli veniva letteralmente e ferocemente strappato. Quelle persone, quelle donne e quegli uomini, fecero da insegnanti ai bambini che così ci hanno lasciato testimonianze tangibili della loro esistenza e della loro tragedia; testimonianze e vite che la storia, troppo spesso, non ha il coraggio di guardare:sono 66 poesie ed oltre 4000 disegni che di loro sono rimasti, custoditi oggi nel Museo Ebraico a Praga; quasi tutti i disegni sono firmati dai bambini che ne furono autori, in alcuni vi è anche la data di nascita e quella di deportazione a Terezin e quella di partenza dal campo. I bambini furono ovviamente tra i più esposti alle violenze dell'Olocausto. I Nazisti sostenevano che l'uccisione dei figli di persone ritenute "indesiderabili" o "pericolose" fosse giustificata dalla loro ideologia, sia quella basata sulla "lotta di razza", sia quella che considerava l'eliminazione dei nemici una misura preventiva necessaria alla sicurezza. Da un lato, quindi, i Tedeschi e i loro collaboratori uccisero i più giovani con queste motivazioni ideologiche; dall'altro ne eliminarono molti come forma di rappresaglia agli attacchi partigiani veri o presunti. In tutto, si calcola che almeno un milione e mezzo di bambini e ragazzi sia stato ucciso dai Nazisti e dai loro fiancheggiatori; di queste giovani vittime, più di un milione erano Ebrei, mentre le altre decine di migliaia erano Rom (Zingari), Polacchi e Sovietici che vivevano nelle zone occupate dalla Germania, nonché bambini tedeschi con handicap fisici e/o mentali provenienti dagli Istituti di cura. Le possibilità di sopravvivenza degli adolescenti compresi tra i13 e i 18 anni, sia Ebrei che non-Ebrei, erano invece maggiori, in quanto potevano essere utilizzati nel lavoro forzato. Il destino dei bambini, Ebrei e non-Ebrei, poteva seguire diverse vie: 1) i bambini venivano uccisi immediatamente, al loro arrivo nei campi di sterminio; 2) potevano venir uccisi subito dopo la nascita, o mentre si trovavano ancora negli Istituti che li ospitavano; 3) i bambini nati nei ghetti e nei campi potevano sopravvivere quando gli altri prigionieri li nascondevano; 4) i bambini maggiori di 12 anni venivano destinati al lavoro forzato o erano usati per esperimenti medici; 5) infine, vi furono i bambini uccisi durante le operazioni di rappresaglia o quelle contro i gruppi partigiani. Nei ghetti, i bambini ebrei morivano a causa della denutrizione e dell'esposizione alle intemperie, in quanto mancavano sia il vestiario che abitazioni adeguate. Le autorità tedesche rimanevano indifferenti di fronte a queste morti in massa perché consideravano la maggior parte dei ragazzini che viveva nei ghetti come elementi improduttivi e quindi come "inutili bocche da sfamare". Siccome i bambini erano troppo piccoli per potere essere utilizzati nel lavoro forzato, le autorità tedesche in genere li selezionavano per primi - insieme agli anziani, ai malati e ai disabili - per essere deportati nei centri di sterminio, o per le fucilazioni di massa che riempivano poi le fosse comuni. Allo stesso modo, al loro arrivo ad Auschwitz-Birkenau e agli altri centri di sterminio, le autorità dei campi destinavano la maggior parte dei più piccoli direttamente alle camere a gas. Le SS e le forze di polizia in Polonia e nell'Unione Sovietica occupata fucilarono migliaia di bambini, dopo averli allineati lungo il bordo delle fosse comuni scavate appositamente. A volte, la selezione dei più giovani per riempire i trasporti verso i centri di sterminio, o per fornire le prime vittime alle operazioni di assassinio di massa, furono il risultato di penose e controverse decisioni prese dai presidenti dei Consigli Ebraici (Judenrat). Tra queste, la decisione del Consiglio Ebraico di Lodz, nel settembre del 1942, di deportare i bambini al centro di sterminio di Chelmo rappresenta un esempio delle scelte tragiche operate dagli adulti quando costretti ad accontentare le richieste dei Tedeschi. Invece, JanuszKorczak, direttore di un orfanotrofio nel ghetto di Varsavia, si rifiutò di abbandonare i piccoli a lui affidati, quando questi vennero selezionati per la deportazione, e li accompagnò sul convoglio che li condusse a Treblinka, e poi fin dentro la camera a gas, condividendo così il loro destino. Anche i bambini non-Ebrei dei gruppi presi di mira dai Nazisti non vennero risparmiati, come ad esempio i bambini Rom (Zingari) uccisi nel campo di concentramento di Auschwitz; o i bambini - tra i 5.000 e i 7.000 - eliminati nell'ambito del programma "Eutanasia"; o, ancora, quelli assassinati durante le operazioni di rappresaglia, come per esempio la maggior parte dei bambini di Lidice; e, infine, i bambini che vivevano nella zona occupata dell'Unione Sovietica e che vennero uccisi insieme ai loro genitori. Le autorità tedesche incarcerarono anche un certo numero di bambini nei campi di concentramento e nei campi di transito. Medici delle SS e ricercatori usarono i più giovani, in particolare i gemelli, per esperimenti medici nei campi di concentramento, esperimenti che spesso ne causarono la morte. Le autorità dei campi, poi, usarono gli adolescenti, in particolare gli adolescenti Ebrei, per il lavoro forzato; molti di loro morirono a causa delle condizioni in cui tali lavori venivano svolti. Le autorità tedesche confinarono anche altri bambini nei campi di transito, costringendoli a vivere in condizioni spaventose: fu quello che accadde ad Anna Frank e a sua sorella nel campo di Bergen-Belsen, e a molti altri orfani non-Ebrei i cui genitori erano stati uccisi dai soldati tedeschi e dalla polizia nelle operazioni contro i partigiani. Alcuni di questi orfani vennero detenuti per un certo periodo nel campo di concentramento di Lublino/Majdanek e in altri campi. .Nella loro folle ricerca di "sangue puro ariano", gli esperti della razza delle SS ordinarono che centinaia di bambini, nella Polonia e nell'Unione Sovietica occupate, venissero rapiti e trasferiti in Germania per essere adottati da famiglie considerate 'adeguate' dal punto di
vista razziale. Nonostante queste decisioni fossero basate su princìpi ritenuti 'scientifici', spesso, invece, capelli biondi, occhi azzurri e pelle chiara bastarono a "guadagnarsi" l'opportunità di venire "germanificati". Inoltre, molte tra le donne polacche e sovietiche che erano state deportate in Germania per lavorare ebbero relazioni sessuali con uomini tedeschi, spesso costrette con la forza. Inevitabilmente, molte di loro rimasero incinte e, nel caso gli "esperti' determinassero che il nascituro non avesse abbastanza sangue tedesco, venivano costrette ad abortire, oppure a partorire in condizioni tali da garantire la morte del neonato.  Nonostante la loro estrema vulnerabilità, molti bambini trovarono il modo di sopravvivere all'Olocausto: ad esempio, alcuni di loro contrabbandarono il cibo all'interno dei ghetti, dopo aver portato fuori di nascosto beni personali da poter scambiare. Altri, appartenenti ai movimenti giovanili, parteciparono alle attività della Resistenza clandestina. Molti altri ancora riuscirono a fuggire con i propri genitori, o con dei parenti - e alcune volte anche da soli - e a rifugiarsi nei campi per famiglie creati dai partigiani ebrei. Tra il 1938 e il 1940, ebbe luogo una grande operazione di salvataggio chiamata ufficiosamente "Trasferimento dei Bambini" (Kindertransport); un’operazione che - dalla Germania e dai territori occupati dai tedeschi - portò in Gran Bretagna migliaia di bambini ebrei profughi e senza genitori. In tutta Europa, inoltre, persone non-Ebree nascosero giovani Ebrei e a volte, come nel caso di Anna Frank, anche altri membri delle loro famiglie. In altre occasioni, persone non-Ebree nascosero giovani Ebrei e a volte, come nel caso di Anna Frank, anche altri membri delle loro famiglie. In Francia, quasi l'intera popolazione di Le-Chambon-sur-Lignon, insieme a molti preti cattolici, a suore e a laici cattolici, nascosero i bambini ebrei della città dal 1942 al 1944. In Italia e in Belgio, infine, molti sopravvissero nascondendosi in luoghi diversi. Dopo la resa della Germania nazista, che pose fine alla Seconda Guerra Mondiale, i profughi e i rifugiati cominciarono a cercare in tutta Europa i bambini dispersi. Migliaia di orfani si trovavano a quel punto nei campi profughi, mentre molti bambini ebrei sopravvissuti erano fuggiti dall'Europa dell'Est, unendosi all'esodo di massa (Brihah) verso le zone occidentali della Germania occupata, e dirigendosi poi verso Yishuv (la zona d'insediamento ebraico in Palestina). Grazie alla Youth Aliyah (Immigrazione Giovanile), a migliaia emigrarono nello Yishuv e poi nello Stato di Israele, dopo la sua costituzione nel 1948. La fonte da cui molte di queste notizie sono state riprese è l’ Enciclopedia dell’Olocausto on line. CHIARA PASSARELLA

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IN QUESTI ANNI ABBIAMO CORSO COSÌ VELOCEMENTE CHE DOBBIAMO ORA FERMARCI PERCHÈ LA NOSTRA ANIMA POSSA RAGGIUNGERCI

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