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In questi anni abbiamo corso così velocemente che dobbiamo ora fermarci perché la nostra anima possa raggiungerci. (Michael Ende) ---- A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro. Sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi. (Carl Gustav Jung)

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO

LA FOTO DELLA SETTIMANA  a cura di NICOLA D'ALESSIO
LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO:QUANDO LA BANDA PASSAVA...
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585. LE RAGAZZE DI TUNISI: DALLE CURE ALL’ASCOLTO di Slvana Rosita Leali

Premessa:

Il desiderio di comunicare questa esperienza è di testimoniare, non come esperta, ma come ascoltatrice e “facilitatrice” (cit. Elena Croce) i discorsi dei ragazzi e delle studentesse dell’ISTITUTO BOURGUIBA des Langues Vivantes dell’università El Manar di Tunisi fondata nel 1965 allo scopo diffondere le lingue e la cultura arabo-islamica.

Il Contesto
L’esperienza è iniziata nel nono mese del calendario lunare musulmano (8 luglio 2013) nel Ramadan,mese in cui il Profeta Maometto ha ricevuto Il Corano. In questo periodo in conformità al testo scritto, dall’alba al tramonto si pratica:
-Il Digiuno
-La Preghiera
-L’astinenza sessuale.

L’Accaduto
L’esperienza è nata in seguito ad un fatto accaduto e ad un precipitarsi di eventi: un abbandono scolastico e la sospensione delle lezioni. Una ragazza araba-spagnola era stata molestata ( palpeggiata, disturbata, offesa) dal bibliotecario. Il comportamento era stato sottovalutato dal personale amministrativo soprattutto femminile che avevano dichiarato: “ma tanto lui è così ,lo sappiamo… scherzava”. Alcuni professori, avevano sospeso le lezioni e ritardato gli esami come protesta all’inerzia del Direttore. La ragazza, scossa emotivamente dopo aver pianto per due giorni, era ritornata in Spagna. Era nato un intenso “chiacchierio” tra i giovani fino ad arrivare a degli scontri verbali animati tra ragazze arabe di 2° generazione e altre convertite all’Islam che si presentavano a scuola con il velo totale ”NIGAB”.

Effetti di discorsi e voci di corridoio.
I discorsi sui corridoi hanno provocato effetti diversi:
1) Una posizione privata e introversa che comportava sentimenti malinconici e disinteresse allo studio e al piacere di apprendere di alcune ragazze.
2) Una rivendicazione pubblica dei diritti negati e “rimossi” a cui sono seguiti animati dibattiti ideologici e diatribe coraniche sull’interpretazione dei versetti
delle SUTRA.

Una richiesta di cura
Alcune ragazze, conoscendo il mio interesse per la psicanalisi (enunciare chi siamo e cosa facciamo è la prima regola di conversazione da imparare in un corso di lingua Araba di sopravvivenza) hanno richiesto una “cura o una medicina per studiare”. Era una domanda? Un bisogno? O una richiesta di garanzia e protezione? Cercavamo forse un diritto che avesse le sembianze di un farmaco? Quale offerta, non dal lato della risposta di cura, poteva essere migliore della “Talking Cure” la cura della parola? Non essendoci le condizioni favorevoli, ma solo il desiderio dell’operatore , la domanda è stata: “Perché aprire un gruppo di ascolto in un contesto istituzionale non analitico? Come utilizzarlo? Era possibile tracciare una traiettoria non rettilinea ,ma rettificabile, verso unpreliminare non all’analisi, ma allo psicodramma? Perché, come ha scritto, R. Gerbaudo: “Lo psicodramma ha come obbiettivo la soggettivazione della domanda e la soggettivazione si basa sulla funzione della parola”.

Una torre di Babele o una pluralità di parlanti?
I partecipanti erano giovani studentesse di seconda generazione ed un ragazzo,cit. “un collettivo sospeso di realtà diverse e conflittuali tra culture familiari e mondi adulti”,ognuno ascoltato individualmente prima di iniziare il percorso: Yu YU: ventenne cinese uscita da casa diciottenne, aveva studiato in Spagna dove ha lasciato un fidanzato con cui era in crisi per la lontananza. Amira : si definiva stilista, tunisina abitante nelle Marche con doppia cittadinanza. Fin dall’inizio ha descritto un rapporto difficile con il padre e la madre che preferiva i fratelli.
Yasmin: tunisina-napoletana,o meglio “la signorina cinicamente cattiva” come si definiva nel suo blog,soffriva di una grave forma di obesità e sentiva la perdita per morte di un fratellino autistico. Enzo: un futuro giornalista inquieto, viveva una storia d’amore con una egiziana senza futuro perché non è “religioso ne convertibile”.
Mirna: giovane araba- belga portava il velo moderato per obbligo familiare.
Fatima: studentessa Tunisina abitante a Parigi, attivista femminista islamica.
Anna: milanese madre di 2 bambini convertita all’Islam perché “aveva sentito la Chiamata”; nei colloqui aveva confidato antipatia verso la sinagoga adiacente al Bourguiba.
Naja:studentessa araba che indossava volontariamente l’“hijab”,velo moderato che copre solo i capelli.

Svolgimento
L’esperienza si è svolta in una stanza vuota dell’ultimo piano della pensione-convitto El Zahara, iniziata con fatica e con difficoltà a comunicare in lingue diverse (Italiano,Arabo e Francese), ma i bisogni hanno prevalso sulle differenze. I primi temi sono stati i diritti alla persona, i diritti umani e da parte di Enzo su cosa avesse fatto la psicanalisi per i diritti delle minoranze , sembrava difficile rompere gli stereotipi e presentarsi: “chi sono? perché sono qui? Oltre il velo tra identità e sicurezza “Perché devo portare il velo?” “Perché mi devo nascondere dallo sguardo della mia famiglia se non lo porto?” Con queste due domande Mirna ha aperto il 3° incontro raccontando di essere obbligata a indossare il velo e frequentare ragazzi dell’Islam su volere della famiglia. Sentirsi obbligata a portare il velo è la stessa condizione di Amira la quale dichiara:“per questo voglio fare la stilista: per disegnare una moda diversa”, ma Amira è ostacolata dalla madre, donna dipendente che vuole tenere la figlia in casa impedendole di trovare lavoro. Mentre per la donna araba tradizionalista il velo è un’obbedienza al testo islamico per le nuove generazioni non è considerato sicuro nella società occidentale. Da questi frammenti si inizia a delineare una figura ideale e non ideale di donna con il velo , non unitaria ma con molteplici identità. Le partecipanti iniziano cosi a raccontarsi in prima persona :
Naja: “è mia madre che ha rifiutato il velo, per me non è chiusura ma emancipazione”. Il nuovo potere delle donne arabe, che però è ostacolato dalle famiglie che impongono ai figli di sposare solo credenti musulmani o convertiti all’Islam. Enzo raccontando la sua esperienza dichiara: “io non voglio convertirmi per sposare la mia ragazza”. Dopo diversi incontri in silenzio, chiusa nel suo spazio privato prende per la prima volta la parola  Anna. “Per me la ragazza ha sbagliato a vestirsi, andava in giro troppo scoperta” riferendosi alla molestia oggetto dell’accaduto. Cita il versetto 31 del Corano per cui la donna deve essere casta e coprirsi. A chi le si rivolge chiedendole:”perché porti il velo totale?” Anna si irrigidisce e inizia a raccontare che il chador conferisce rispetto e dignità alla donna e lei è così perché adesso è un’altra donna, non è più Anna , ha un nuovo nome che ha ricevuto dall’Imam. -E come era Anna prima? Anna si descrive prima della conversione “come tutte le altre, andava in discoteca e vestiva provocante e mio padre non voleva”. Viene proposto ad Anna il gioco di ruolo dello psicodramma.

Il Gioco
Anna descrive il Padre come un uomo più anziano della madre,religioso e devoto alla Madonna; E sceglie Enzo nella parte del padre. La scena si svolge nel momento in cui Anna esce di casa per andare in discoteca e il padre la rimprovera per come è vestita. Anna nella prima parte del gioco, interpretando se stessa, di fronte ai rimproveri paterni abbassa lo sguardo e non risponde. Mentre nel posto del padre Anna appare sicura e accanita contro Enzo che interpreta la parte di Anna,ma cambia il proprio nome con il nome della sorella preferita dal padre,perché accondiscendente. I diversi partecipanti in veste di osservatori notano i passaggi del cambio di ruolo,il sentimento di vergogna e paragonano il padre di Anna all’autorità “nominativa” dell’Imam. Il gioco sembra svelare il dispiacere di una figlia non riconosciuta nel proprio nome e che ora velata è in cerca di altre filiazioni e cittadinanze. Sembra che il gioco sia servito a fare emergere un’ altra verità. La parola verità in greco (aletheia) vuol dire svelamento e visione. In ebraico (emet) vuol dire fare,quindi azione. A questo riguardo Lacan attribuiva alla verità una dimensione fondamentale dell’esperienza analitica,in quanto non ha altro fondamento che la parola. Faceva osservare che la verità è spesso rappresentata come un corpo nudo e grazioso mentre esce in parte dal fango svelandosi e allo stesso tempo nascondonsi. La fine della cura dovrebbe giungere ad una verità incurabile,”una verità non senza sapere” Il Gioco non ristabilisce una verità storica, ma è interessato ai detriti e alle fratture della parola. Il gioco ha infranto lo specchio di Anna per portare alla luce quello che il velo nasconde,ovvero la questione di una figlia non nominata.

Riflessioni
Questa testimonianza rappresenta ciò che non è psicodramma, ma è all’ interno di una formazione analitica ed etica. Alla domanda esposta da Enzo sul contributo della psicanalisi alla causa dei diritti umani le risposte restano aperte. Ma è forse la roccia della castrazione freudiana che può offrire al soggetto l’occasione d essere libero? In Tunisia dopo la rinascita della Primavera Araba hanno seguito gli Inverni Arabi delle confusioni,delle mancanze di leggi e della paura. I libri di Sigmund Freud e di J. Lacan sono esposti nelle librerie ,ma mancano le pratiche di lavoro analitico. Il paese è povero di servizi sociali,sanitari,di comunità e luoghi di “cittadinanza di parola”. E’ un paese dove il processo di separazione tra la parola del profeta e la parola dell’uomo è stata minata da assalti estremisti. Per un proverbio arabo:”ogni parola è un’ uomo”. Per J. Lacan la parola è l’enigma di un soggetto nell’incontro con l’Altro e F. De Saussure ha paragonato il valore di una parola ad una moneta. Una moneta che circola può produrre uno scambio? Uno spazio limitato di ascolto,ma non di un ascolto qualunque,può sciogliere o aprire nuovi legami sociali?


Dott.ssa Silvana Rosita Leali

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IN QUESTI ANNI ABBIAMO CORSO COSÌ VELOCEMENTE CHE DOBBIAMO ORA FERMARCI PERCHÈ LA NOSTRA ANIMA POSSA RAGGIUNGERCI

(Michael Ende)

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A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro, sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi.

(Carl Gustav Jung)