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In questi anni abbiamo corso così velocemente che dobbiamo ora fermarci perché la nostra anima possa raggiungerci. (Michael Ende) ---- A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro. Sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi. (Carl Gustav Jung)

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO:QUANDO LA BANDA PASSAVA...
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606. Vladimir Majakovskij ‘Invece di una lettera’ di CHIARA PASSARELLA.

Invece di una lettera
 Il fumo del tabacco ha roso l'aria.
 La stanza
 è un capitolo dell'inferno di Kruchenych.
 Ricordi?
 Accanto a questa finestra
 per la prima volta
 accarezzai freneticamente le tue mani.
 Oggi, ecco, sei seduta,
 il cuore rivestito di ferro.
 Ancora un giorno,
 e mi scaccerai,
 forse maledicendomi.
 Nella buia anticamera, la mano, rotta dal tremito,
 a lungo non saprà infilarsi nella manica.
 Poi uscirò di corsa,
 e lancerò il mio corpo per la strada.
 Fuggito da tutti,
 folle diventerò,
 consunto dalla disperazione.
 Ma non è necessario tutto questo;
 cara,
 dolce,
 diciamoci adesso addio.
 Il mio amore,
 peso così schiacciante ancora,
 ti grava sopra
 lo stesso,
 dovunque tu fugga.
 Lasciami sfogare in un ultimo grido
 l'amarezza degli offesi lamenti.
 Se lo sfiancano di lavoro, un bue,
 se ne va
 ad adagiarsi sulle fredde acque.
 Ma, al di fuori del tuo amore,
 per me
 non c'è mare,
 e dal tuo amore neanche col pianto puoi impetrare tregua.
 Se l'elefante sfinito cerca pace,
 si stende regalmente sulla sabbia arroventata.
 Ma, al di fuori del tuo amore,
 per me
 non c'è sole,
 e io non so neppure dove sei e con chi.
 Se così tu avessi ridotto un poeta,
 lui
 avrebbe lasciato la sua amata per la gloria e il denaro
 ma per me
 non un solo
 suono è di festa
 oltre a quello del tuo amato nome.
 Non mi butterò nella tromba delle scale,
 non ingoierò veleno,
 non saprò premere il grilletto contro la tempia.
 Su di me,
 al di fuori del tuo sguardo,
 non ha potere la lama di nessun coltello.
 Domani dimenticherai
 che ti ho incoronato,
 che l'anima in fiore ho incenerito con l'amore,
 e lo scatenato carnevale dei giorni irrequieti
 scompiglierà le pagine dei miei libri
 Potranno mai le foglie secche delle mie parole
 trattenerti un momento
 per aspirare avidamente?
 Ma lascia almeno
 ch'io lastrichi con un'ultima tenerezza
 il tuo passo che s'allontana
Vladimir Majakovskij


Vladimir Majakovskij è una delle voci poetiche più belle della Russia dei primi del Novecento: considerato il poeta della Rivoluzione, fu interprete della cultura russa post rivoluzionaria. Il poeta si suicidò sparandosi al cuore il 14 aprile 1930. I motivi del gesto sono stati ricondotti alla delusione politica che il poeta provò per gli esiti della rivoluzione e al suo amore per l’attrice di 22 anni Veronica Polonskaj, che non accettò di divorziare dal marito per stare con lui. Molti, però, sostengono che ci fosse ben più di questo nella morte suicida del poeta, tanto che circolano diverse teorie che mettono in dubbio il fatto che Majakovskij abbia effettivamente compiuto l’insano gesto. Nonostante, infatti, sia stata rinvenuta la sua lettera d’addio, molti studi hanno messo in evidenza delle contraddizioni relative alla dinamica del suicidio, ipotizzando che la lettera potesse essere un falso (a sostegno di tale tesi, il fatto che riportasse la data del 12 aprile e fosse scritta a matita, quando il poeta era solito scrivere a penna) e che servisse a coprire l’omicidio di Majakovskij. Figlio di un guardaboschi, ebbe un'infanzia difficile e aderì subito alle idee rivoluzionarie, tanto da essere iscritto al Partito bolscevico dall'età di 14 anni. Studiò alla scuola di pittura, scultura e architettura di Mosca, dove la famiglia si era trasferita e dove fu costretto a interrompere gli studi a causa dell'attività politica che gli procurò due arresti. Formatosi in Russia il movimento cubo-futurista, Majakovskij ne fu un immediato sostenitore a fianco di V. V. Chlebnikow, D. Burijuk e A. Kručënych e nel 1912 pubblicò, sull'esempio di Marinetti, il manifesto Schiaffo al gusto del pubblico. Del 1913 è la sua prima raccolta di liriche, Io, cui fece seguire due anni dopo il poemetto La nuvola in calzoni. Nel 1914 si fece notare per il dramma Vladimir Majakovskij, testimonianza prerivoluzionaria di un autore che col poemetto futurista Uomo (1917) e soprattutto col dramma Mistero buffo (1918) vide l'identificazione della Rivoluzione nella nuova struttura dei propri versi e della propria creazione teatrale. Il linguaggio dei comizi, dei giornali, della folla esasperata è il tessuto del Mistero che è “l'urto delle classi, la lotta delle idee”. I suoi poemi 150.000 (1921), Per questo (1922), Vladimir Ilič Lenin (1925) e Bene! (1927) divennero canti di propaganda proletaria; le sue opere teatrali La cimice (1929) e Il bagno (1930) sono un'acre e scoppiettante satira del mondo piccolo-borghese. Lavoratore instancabile, nel 1923 diresse la rivista Lef, dal 1926 collaborò alle Izvestija e alla Komsomol'skaja, dal 1930 fu l'anima dell'Associazione russa dei poeti proletari. Conscio di essere considerato il poeta del regime, si dedicò nell'ultimo anno della sua vita al poema A piena voce, rimasto incompiuto, l'opera sua più alta, canto epico di un'anima anticonformista e della sua frenesia di vita che lo aveva portato a operare ovunque la sua parola (in poesia, in teatro, in prosa, in giornalismo, in pubblicità) potesse far esplodere nell'animo del compagno di strada il desiderio di plasmare un mondo nuovo; quel mondo che forse, razionalizzandosi in un enorme apparato organizzativo, soffocò l'impulso rinnovatore della rivoluzione e tolse al “suo” poeta l'afflato di vita. Majakovskij si uccise lasciando scritto “Scusate, non è il modo, ma non ho via d'uscita”. Relativamente all’amore Majakovskij scrive: “L’amore è la vita, la cosa principale: da esso si dispiegano i versi e le azioni, e tutto il resto. L’amore è il cuore di tutte le cose. Se cessa di funzionare tutto si atrofizza, diventa superfluo, inutile”. “Ma se il cuore funziona non può non manifestarsi in ogni cosa, in tutte le cose”. D’accordo, niente di particolarmente nuovo, solo che per me non era un modo di dire, perché infatti l’amore si spande dappertutto e non è strano né casuale ritrovarlo anche nei miei poemi politici: In Guerra e universo, 1916, un poema sulla guerra appunto, a un certo punto: “Buongiorno , amore”/ Ogni capello colmerò di carezze/ ricciuto/ dorato … Fioriscono i tuoi occhi, due prati!/ Ci ruzzolo dentro, /allegro fanciullo.    E in Bene, 1927, in cui si celebra il decimo anniversario dell’ottobre, tra Kerenskij, Kornilov, lo zar Nicola, Lenin e compagni, spuntano i suoi occhi:   “Se mai ho scritto qualcosa,/ se mai qualcosa ho detto,/ è colpa degli occhi di cielo,/ degli occhi della mia ragazza,/ dolci e bruni.”      E l’amore si dilata, fino a diventare forza universale, cosmico, un amore-salvatore che redime tutti:      (Di questo) Lascia./ Non occorrono/ né parole/ né preghiere. Che senso ha, / se tu solo ti salvi?!/ Voglio/ la salvezza per tutta la terra priva di amore/ per tutta/ la folla umana/ del mondo./       E però anche l’amore, che non è solo un fatto privato, subisce la stessa sorte della rivoluzione, che non è solo un evento collettivo: L’amore fiorisce un po’, /fiorisce un po’ e s’aggrinza. (Amo, 1915) E alla fine, ahimè, mi rendo conto che:    (Conversazione con l’ispettore delle imposte intorno alla poesia, 1926). Sempre meno si ama/ sempre meno si ardisce,/ e la mia fronte il tempo/ devasta di gran corsa./ Sopravviene/ il più tremendo degli ammortamenti,/ l’ammortamento/ del cuore e dell’anima. Comunque tutto nella mia poesia, – rivoluzione, amore, e tutto il resto- tutti i temi convergono su, anzi contro uno solo: la vita quotidiana. In russo ci sono due parole per dire vita: жизнь, vita in generale e быт, modo di vivere, forma di vita, che voi in italiano traducete con “vita quotidiana”. E’ il nemico che mi ha sempre ossessionato, perché, nonostante la rivoluzione: Tutto è ancora com’era,/ da secoli./ Senza frustate,/ sta salda la giumenta della vita .… Che la vita sia macinata dal delirio/ ma non la sua, non la sua/intollerabile voce!/ Un mese ho tributato,/un anno alla vita di ogni giorno,/soffocando io stesso per questo delirio./ Che m’ha corroso/ la vita col fumo casalingo/ …“Sotto la bandiera rossa!/ Al passo!/ Contro la vita filistea!”/ … ,/in autunno,/d’estate,/in primavera,/d’inverno,/di giorno,/ nel sonno,/ io odio,/ e rifiuto tutto questo, tutto./ Tutto/ che in noi/ ha inculcato l’antica schiavitù,/ tutto/ che, sciame di meschinità,/ s’è posato/ e si posa sulla vita,/ persino nel nostro ordine/ imbandierato di rosso.  (All’ordine del giorno, 1926). CHIARA PASSERELLA

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IN QUESTI ANNI ABBIAMO CORSO COSÌ VELOCEMENTE CHE DOBBIAMO ORA FERMARCI PERCHÈ LA NOSTRA ANIMA POSSA RAGGIUNGERCI

(Michael Ende)

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A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro, sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi.

(Carl Gustav Jung)