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In questi anni abbiamo corso così velocemente che dobbiamo ora fermarci perché la nostra anima possa raggiungerci. (Michael Ende) ---- A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro. Sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi. (Carl Gustav Jung)

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO:QUANDO LA BANDA PASSAVA...
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627. “UNSUNG PROPHETS & DEAD MESSIAHS” (2018), album degli Orphaned Land (Israele) Century Media di Roberto Latini

Non ci sarebbero parole per la magia sprigionata da questo lavoro, ma per la mia recensione dovrò spenderle. Pur di
derivazione metal, gli O.Land, con questo disco, hanno alleggerito la loro vena dura pur mantenendola in varie situazioni. Più che in passato, è aumentato il tasso folk orientaleggiante, essendosi sempre più immedesimati con la loro cultura di origine mediorientale. Quindi è diminuita la verve progressive in favore di quella etnica, però rimanendo sostanzialmente Prog. Ciò che più conta è l’incrementato livello di ispirazione artistica che reputo al top. Dal 1994 si contano sei full-lenght in crescendo che oggi raccontano di un gruppo in perfetta forma nonostante il cambio di chitarrista. In effetti gli assoli di Yossi Sassi erano un po’ più belli e ficcanti, ma questo nuovo è
comunque ispirato. Le suite, cioè i brani più lunghi, sono i momenti migliori e fanno pensare che le storie raccontate in questo modo siano a loro più confacenti. Delle due la prima traccia “THE CAVE” è sicuramente la più affascinante (e abbastanza metal), con percorsi differenti ben collegati fra loro. Più occidentale l’altra “CHAINS FALL TO GRAVITY”, che procede con una struttura più tradizionalmente prog di stampo europeo; complice forse l’ospitata di Steve Hackett, mitico ex-Genesis, che suona un assolo nel suo stile. Queste due canzoni rappresentano bene l’ariosità insita in tutto l’album. Ancora più occidentale “ALL KNOWING EYE” che è qui l’apice prog staccato da quello folk. Per il resto si preferisce tuffarsi nell’oriente sonoro, sempre con l’attenzione di rimanere in una essenza internazionale. “IN PROPAGANDA” si ha la creazione di un pathos altalenante tra malinconia e lucentezza. “LIKE ORPHEUS” invece cerca una perfetta alchimia tra occidente e oriente; diventa un ibrido perfetto che, anche per questo, si dimostra adatto alla scelta di essere stato utilizzato per il video (uscito nel 2017 come anticipazione). Si segnala in tal brano la presenza di Hansi Kursch, il cantante-chitarrista dei teutonici  epici Blind Guardian, il quale però non appare essenziale all’economia del brano. Maggiormente incisiva la partecipazione dello svedese Tomas Lindberg della band At The Gates che in “ONLY THE DEAD HAVE SEEN THE END OF WAR" infila un growl rude che ricorda un pò quelli Death Metal presenti in vecchi lavori degli O.Land. Tracce davvero minori non esistono essendo tutte funzionanti e funzionali. Possiamo forse indicare “Take my Hand” come difettosa sulla voce narrante, ma riuscita per la ritmica interessante e per la  linea riffica pesante. Se davvero vogliamo indicare la traccia meno esaltante lo potremmo fare con  “We do not resist”, che è comunque la più pesante del disco; ma questa considerazione è relativa e imputabile solo al mio gusto personale. Pochissimo Growling, posto dove ha più senso porlo. Il cantato è basato quasi tutto sulla voce pulita, la quale è spesso similare a quella di Anderson dei Jethro Tull e ciò aumenta il senso poetico da menestrello della musica di questi Israeliani ormai maturi nella tecnica e nella sostanza. C’è anche molta coralità a cui non manca un senso di maestosità che si integra con attimi sinfonici che non stravolgono mai l’impianto, essendo inseriti con cura e abilità estetica. In effetti il loro sinfonismo permette di ampliare la percezione emotiva di composizioni che risultano sempre ben delimitate da confini sensati; cioè non c’è niente di più e niente di meno di ciò che serve. Tutto, dall’inizio alla fine, dà la sensazione che i musicisti partecipino col cuore al dipanarsi delle passioni contenute in questa opera, emettendo una apparente intensa sincerità. L’essenza etnica che emerge non limita le potenzialità formali e liriche in una visione di fruibilità internazionale, e riesce a entrare nella pelle dell’ascoltatore che ama frutti dai sapori diversi. Pregnante è la musica e pregnanti sono i testi che vogliono mantenersi lontani dalla superficialità. Incapacità di amare; chiusura culturale; divisione tra gli esseri umani; gli Orphaned Land hanno sposato una causa indirizzata all’integrazione sociale e cantano sempre di propensione all’unità nella differenza, spingendo l’ascoltatore a pensarsi non chiuso nella propria realtà dato che spesso non è quella vera. Rispetto al passato la band ha preferito trattare di problematiche più ampie, dal respiro globale, e non rimanere ristretti al campo mediorientale, e infatti i profeti e i messia del titolo, sono considerati personaggi al di fuori del mondo bibilico. Riflessioni filosofiche quindi, ma, come dice lo stesso singer Farhi, accompagnate da bellezza ed intrattenimento. Gli Orphaned Land sono una realtà particolare nel panorama mondiale del rock, per la loro collocazione geografico-nazionale, ma anche per come hanno deciso di porsi in tale panorama. A volte la loro posizione pare prendere le distanze dalla cultura di origine col rischio di rendersi qualunquista; evitano questa trappola usando con sapienza agganci flosofico-storici anche ostici. Ad ogni modo tutto ciò li caratterizza come combo originale e forte dal punto di vista della personalità. Al di là dei testi, il tessuto musicale è un volo alto, oggi dal valore indiscutibile.

Sky RobertAce Latini
1.     The Cave
2.     We do not resist
3.     In Propaganda
4.     All knowing Eye
5.     Yedidi
6.     Chains fall to Gravity
7.     Like Orpheus
8.     Poets of prophetic Messianism
9.     Left behind
10.                       My Brother’s Keeper
11.                       Take my Hand
12.                       Only the Dead have seen the End of War
13.                       The Manifest – Epilogue
Kobi Farhi – vocals / Chen Balbus – guitars   / Uri Zelcha – bass  / Matan Shmuely – drums
SKY ROBERTACE LATINI


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IN QUESTI ANNI ABBIAMO CORSO COSÌ VELOCEMENTE CHE DOBBIAMO ORA FERMARCI PERCHÈ LA NOSTRA ANIMA POSSA RAGGIUNGERCI

(Michael Ende)

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A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro, sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi.

(Carl Gustav Jung)