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In questi anni abbiamo corso così velocemente che dobbiamo ora fermarci perché la nostra anima possa raggiungerci. (Michael Ende) ---- A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro. Sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi. (Carl Gustav Jung)

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO:QUANDO LA BANDA PASSAVA...
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317. BREVI RIFLESSIONI SUL NICHILISMO DI FRANCIS BACON E LA SPIRITUALITA’ DI WILLIAM CONGDON di Roberto Rapaccini




Ho una particolare predilezione per il pittore Francis Bacon, che ho sempre considerato il più grande maestro del Novecento. Mi sembra che Bacon ben rappresenti la crisi dell’uomo moderno che, orfano di certezze, vive una condizione nella quale anche la tessera più preziosa si perde in un mosaico di una fatuità multicolore, a tratti bestiale (Two figures with a monkey, 1973). I suoi soggetti, ridotti a brandelli (Studies from the Human Body, 1975) o ad un involucro che delimita esclusivamente la  vacuità (Seated Figure, 1974), sono collocati in uno spazio instabile, marcato quasi sempre da linee curve,  segnato dall’assenza di tratti rettilinei e dalla mancanza di  riferimenti  ad un lucido ordine euclideo o ad una solida collocazione cartesiana (Triptych, 1970). Le comparse umane sono simulacri informi di informi presenze (Three Studies of Herietta Moraes, 1966), sedute su improbabili sgabelli sorretti da una sola gamba (Three Studies of the Male Back, 1970). Si è smarrita la cognizione della superiorità ontologica del bene sul male; il bene e il male infatti sfumano i loro contorni all’interno di un embrione che li contiene entrambi (Two Studies of a Portrait of George Dyer, 1968). In questo status, che è archetipo di contingenze continuamente in bilico, è sempre più lontano il ripudio del male radicale kantiano. L’insoddisfazione, che tracima non di rado in un silenzioso urlo disperato (Study for a Portrait, 1949), esprime un drastico desiderio di infinito,  che è anche prova del fallimento di una materialità  che non è in grado di coronare la ricerca di una dimensione compiuta (Lying Figure No. 1, 1959). Le opere di William Congdon mi sembrano invece simmetricamente agli antipodi di quelle di Bacon, soprattutto dal punto di vista formale. Nell’un caso (Bacon) e nell’altro  (Congdon) la forma è protagonista: integra significativamente dei contenuti (Congdon) o ne decreta la loro assenza (Bacon). William Congdon, da un punto di vista sistematico (per quanto possano valere queste collocazioni) è considerato un importante ed originale artista appartenente al movimento dell’action painting, ovvero è plenipotenziario di una corrente particolarmente ampia e multiforme. Personalmente preferisco considerarlo un esponente dell’espressionismo astratto, anche se molti convenzionalmente ritengono che questa tendenza coincida esattamente con l’action painting, la pittura gestuale. Paradossalmente l’astrattismo di Congdon è molto più concreto, e, nella sua consistenza, più oggettivo dell’eloquente impalpabilità del figurativismo di Bacon. I cromatismi delle superfici dei quadri di Congdon sono ordinati e uniformi senza soluzione di continuità, e sembrano arginare serenamente misteriosi e complessi contenuti (Africa 5, 1970); è lontana la vacuità inquietante di Bacon. L’umanità del pittore inglese (Bacon) è ripiegata su se stessa; al contrario, i soggetti dell’artista americano (Congdon), soprattutto quelli di natura religiosa, diffondono un positivo messaggio di luce (Ego sum 4, 1960), mentre altre volte dominano lo spazio, tagliandolo con una irriducibile spinta verso l’alto (Ecce homo 1, 1960). I temi della pittura di Congdon si riassumono nel Crocefisso 2 (1960): nella figura del Cristo in croce coesiste la leggerezza della sua ascensionalità con la compatezza delle superfici cromatiche che delimitano i suoi tratti somatici. Le curvature del segno gestuale pittorico che definiscono  in termini tridimensionali il corpo del Redentore, inducono un senso di pienezza. Ascensionalità e  pienezza sono il correlato formale della compiuta perfezione spirituale del Cristo, nel quale la dimensione di perfetto uomo si integra con quella di perfetto Dio. Le linee, nei quadri di Congdon sempre rettilinee e pertanto metafore di certezza, sono spesso nei quadri di Bacon ridondanti e interrotte: l’incertezza formale ben sottolinea l’assenza di riferimenti che possano indicare all’uomo  sicuri approdi esistenziali. Con uno sforzo figurativo William Congdon in Getsemani (1960)  rappresenta, nel mezzo di una nuvola argentea, il Cristo prostrato in dolorosa preghiera. La figura è dignitosamente composta, anche se la postura sottolinea la drammaticità del momento. Questo Cristo è agli antipodi delle figure bestiali e criptomorfe che popolano i quadri di Bacon. In conclusione, anche se ho sempre ritenuto che un’opera d’arte viva di una vita autonoma e distinta rispetto a quella del suo artista creatore (con la conseguenza che il pensiero di quest’ultimo assume una scarsa valenza esegetica), mi sembrano significative queste frasi  pronunciate dai due artisti. William Congdon, profondo cattolico, affermò: ‘…dipingo sempre quello che sono, non quel che vedo’, mentre Francis Bacon ebbe a precisare: "..cosa pretendevate? Che dipingessi rose rosse nel secolo degli orrori?". ROBERTO RAPACCINI

2 commenti:

Edoardo Berardi ha detto...

Bel post, l'ho mandato su facebook al gruppo di appassionati e collezionisti del pittore William Congdon.

A presto,
Edoardo

Andrea Ferrari ha detto...

Una bella riflessione che condivido in pieno

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IN QUESTI ANNI ABBIAMO CORSO COSÌ VELOCEMENTE CHE DOBBIAMO ORA FERMARCI PERCHÈ LA NOSTRA ANIMA POSSA RAGGIUNGERCI

(Michael Ende)

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A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro, sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi.

(Carl Gustav Jung)