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In questi anni abbiamo corso così velocemente che dobbiamo ora fermarci perché la nostra anima possa raggiungerci. (Michael Ende) ---- A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro. Sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi. (Carl Gustav Jung)

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO:QUANDO LA BANDA PASSAVA...
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407. RECENSIONI 2014 di Sky Robertace Laini



“ARCANUM GLORIAE”  Astral Domine (2014)

Primo album di un a nuova band metal italiana che esprime un  Power-metal  tra il sinfonico e il folk, con cori epici. Il cantante Marco Scorletti ricorda moltissimo ll nostro beniamino tricolore Fabio Lione dei Rhapsody Of Fire senza mai però arrivare alle capacità tecniche ed interpretative di quest’ultimo; ma ricordiamo che Lione è uno dei migliori singer nel mondo. Anche la tipologia dei brani, per struttura ed anima, è similare a quelli della band di Fabio, ma prediligendo il lato Power rispetto al sinfonico che è appena rimarcato.m Dare però all’album solo voto 6, come hanno fatto altri recensori , mi pare ingeneroso essendo i pezzi in grado di dare emozioni senza essere una mera copia, poiché è lo stile ad essere copiato, non le singole tracce.  Buone infatti le song e sviluppate bene. Il sound appare piuttosto diluito, meno corposo rispetto alle produzioni dei clonati Rhapsody Of Fire, ma trasmette comunque l’idea di musicisti che sanno dove mettere le mani e con un gusto di minima, quali probabili appassionati del genere.  L’album inizia con la title-track che è un intro parlato ma che in realtà sotto ha un brano vero e proprio musicalmente parlando. “HOLY KNIGHTS” è la seconda traccia e parte bene perché è uno dei brani migliori. Inizia con la chitarra dolcemente, ma poi epicamente e con l’acuto del singer prende velocità per assestarsi col cantato in un middle-time. In realtà il tempo medio si alterna al 4/4 veloce riuscendo a dare apertura sonora. La chitarra solista prende vita in una maniera molto tagliente mentre la sootostante tastiera dà ritmo. Il ritornello è corale e maestoso. Il brano termina con frasi parlate in  italiano. Nel complesso una performance sinfonica. “MOONLIGHT” presenta un cantato suadente che ricorda vagamente i Manowar. L’ascolto trasporta con efficacia in uno stato di avvolgenza; ci si sente cullati dalla trama sonora. Il brano, nella parte dell’assolo cambia ritmo ed è meno soave, affermando una certa verve rock, ma ne aumenta comunque il pathos, cosa che fa anche il pianoforte alla fine della traccia. “WHERE HEROES DIE” è un lirico attacco potente che parte dopo un momento soffice accompagnato dal pianoforte. Usa parecchia enfasi e non lesina passaggi maestosi, variando molto sul tema, tra durezza e morbidezza. Qui è dove maggiormente si assapora la somiglianza della voce con quella di Fabio Lione, soprattutto nel ritornello (anche Fabio termina spesso col tremolio). La chitarra fa anche qui una bella presenza solista. “FALSI DEI” è cantata in lingua italiana ed ormai è linea comune a molte band folk-symphonic-power dato che non esiste più un tabù in tal senso nel metal europeo, ora che Germania e paesi scandinavi sono l’apice produttiva al posto della Gran Bretagna. Interessante considerare che il brano in italiano è la traccia finale del disco cioè quella che deve chiudere in bellezza, ed è quindi importante. Musicalmente è uno dei pezzi più duri. Sempre coralità ed enfasi, inserita all’interno di una cavalcata arrembante. Fortemente corale.  Gli Astral Domine sarebbero i naturali eredi dei Rhapsody se non fosse che ora questi ultimi sono raddoppiati  ed esistono ancora, producendo album alla grande. Ricordo che il chitarrista Turilli e il tastierista Staropoli (i due leader) si sono separati nel 2011, e già il primo ha realizzato col nome di Luca Turilli’s Rhapsody un album nel 2012 e il secondo, con il moniker intatto, ha realizzato “Dark wings of steel” (dove canta Lione) nel 2013. Non si tratta di un lavoro superlativo ma può piacere agli appassionati del genere. Pare che la band non si vergogni a usare tutte le possibilità che il genere permette, cercando di volare alto, senza alcun senso di inferiorità. Nonostante ciò con questo disco credo che rimarrà comunque una band minore nel panorama metal europeo, considerando anche l’affollamento di produzioni di un mercato ormai saturo. Forse l’operazione di assomigliare ai Rhapsody è l’unica vera cosa che li fa emergere, ma è un po’ poco, peccato perché i quattro pezzi descritti sono di notevole livello.

“INTO THE STORM”   Axel Rudi Pell  (2014)

Inizio l’ascolto e per I primi pezzi fino alla quinta traccia compresa non so se mi sono sbagliato e ho messo su un album del passato, uno già sentito. Perché va bene lo stile, ma anche i riff e le linee vocali mi appaiono fortemente già sentite. Invece è proprio un lavoro dell’anno in corso. Non che i brani successivi siano tanto meno impersonali, però guadagnano in tono e carattere. Quando si vuole seguire pedissequamente lo stile delle proprie ispirazioni bisogna costruire brani di qualità, poiché dove si perde in personalità bisogna recuperare in compositività. Il tedesco Rudi Pell non pare mettercela tutta. I pezzi migliori sono quelli più corposi e seriosi. Mentre quelli che dovrebbero essere i maggiormente d’impatto non hanno il feeling giusto, tra l’orecchiabile e la povertà espressiva. Una prova minore rispetto a quelle a cui ci aveva abituato. Ma veniamo alle composizioni. L’intro mi sembra quello di un disco sinfonico, invece è un hard rock classico. Ma una volta non esisteva il metal sinfonico e molte band (compresi i Rainbow) usavano questi inserti sonori. Poi il suono riffico ferroso della prima traccia non è male, ma pur essendo il brano di apertura, dà quel senso di deja vù che dicevo, testimoniando un bassissimo livello di novità. “CHANGIN TIMES” è suonata nello stile della cavalcata con una chitarra che non fa riff secchi, ma accompagna morbidamente il cantato. E’ la batteria invece ad essere il vero e proprio sostegno. Brano bello tirato che fa muovere il capo e ricorda un po’ gli Ufo. L’assolo dovrebbe essere più pregnante vista la song, invece Axel si accontenta. “TOUCHING HEAVEN” sa di gusto antico, con le sue tastiere e la verve che esprime nella sua iniziale sofficità; ma la song è piuttosto dura col suo middle-time alla Rainbow/Dio. In effetti tutto ricorda quel binomio. Lo spirito è quello giusto e anche il risultato è da promuovere. Siamo posizionati nel ‘77/78 e solo la produzione non è vintage. Ottimi riff e qui l’assolo è più Blackmore che mai. Commuove chi ha vissuto l’imprinting di quegli anni. “HIGH ABOVE” è la cadenzata velocità compatta di un brano segnato da un riff secco. Una linea melodica semplice ma ben efficace. Poi l’assolo fa il suo bel dovere qualitativo anche se troppo corto. Il carattere di questa song fa venire in mente paesaggi che scorrono fuori dai finestrini dell’automobile. “INTO THE STORM” fa emergere il lato orientaleggiante che in questo tipo di Hard Rock è sempre stato presente. In realtà ciò è appena accennato. Prevalentemente c’è una certa oscurità atmosferica. Il tempo ritmico medio e la chitarra che ripete lo stesso giro, aumentano il senso di ossessività. Le tastiere incrementano l’enfasi globale della song al momento del ritornello. Dato il contesto ci si aspetterebbe un assolo di grande statura, invece Pell predilige l’inserimento di un cambio di linea melodica vocale, tra un pezzo di assolo e un altro. Di seguito fa poi ripetere un po’ troppo a lungo il ritornello per il finale. Un ottimo brano non perfettamente sfruttato. Bella davvero la cover di “Hey Hey my my” di Neil Young (1979), scelta nella versione acustica; ricordo che nell’album di Neil (“Rust never sleeps”) c’erano sia quella dura che quella morbida. Il violino è ben contestualizzato e l’interpretazione vocale riesce a commuovere.; così come riesce a fare anche la chitarra fluida. Un album che rischiava la bocciatura e che si salva grazie agli episodi descritti. Mi dolgo di una chitarra così poco caratterizzata, dato che è una band guitar-oriented. La chitarra solista infatti si inserisce in vari momenti, non solo nel momento topico centrale, ma sembra spesso limitarsi al buon compitino. Hai fatto di meglio Axel! Ma forse 16 album sono troppi in una carriera votata ad un unico modello stilistico.

Sky Robertace Latini


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IN QUESTI ANNI ABBIAMO CORSO COSÌ VELOCEMENTE CHE DOBBIAMO ORA FERMARCI PERCHÈ LA NOSTRA ANIMA POSSA RAGGIUNGERCI

(Michael Ende)

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A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro, sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi.

(Carl Gustav Jung)